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I Brics hanno lanciato la sfida, l’Occidente che fa? Scrive l’amb. Castellaneta

Il cambiamento va accettato per poterlo influenzare e incanalare verso direzioni per noi sicure, sfruttando opportunità e progetti di cooperazione internazionale. In questo senso l’Italia si sta muovendo bene con il Piano Mattei. Il commento dell’ambasciatore Giovanni Castellaneta

Sono passati più di vent’anni da quando Jim O’Neill di Goldman Sachs coniò il fortunato acronimo Brics, con il quale intendeva semplicemente designare quali sarebbero state le maggiori economie emergenti del futuro. O’Neill certo non poteva prevedere che da quella definizione potesse nascere un forum multilaterale di Paesi, che oggi non ambisce solamente ad avere un peso economico sempre maggiore a livello globale, ma punta anche a riscrivere le regole dell’ordine internazionale. In realtà, il gruppo che fa capo ai Brics (non più i soli cinque Stati di origine – Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica – ma anche Iran, Egitto, Etiopia ed Emirati Arabi Uniti) è probabilmente meno compatto di quanto non voglia dare a vedere. Ma il messaggio che è uscito dal recentissimo summit di Kazan, in Russia, è stato chiaro: la sfida all’Occidente è aperta.

I numeri, del resto, parlano chiaro: i Brics oggi raggruppano circa la metà della popolazione del pianete (solo India e Cina pesano per circa 3 miliardi di persone) e il 35% del prodotto interno lordo mondiale, mentre la quota del G7 continua ad assottigliarsi ed è oggi di poco superiore al 40%. Il peso che questi Paesi, quantomeno in aggregato, hanno è dunque un fattore che non si può trascurare: per questo motivo il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, non ha potuto fare altro che prenderne atto e recarsi al summit di Kazan in una sorta di riconoscimento implicito del ruolo rilevante che questo gruppo ha ormai sulla scena internazionale. A ottant’anni di distanza dalla redazione della Carta delle Nazioni Unite e dalla conferenza di Bretton Woods, che gettarono le basi per le regole giuridiche e finanziarie con cui regolare il mondo dopo la fine della Seconda guerra mondiale, è giunto forse il momento di accettare che queste regole andrebbero cambiate, o quantomeno adeguate per rispondere alla nuova geografia dei rapporti globali.

Con ciò non si intende che il mondo che si sta profilando debba essere per forza conflittuale e caratterizzato da uno scontro sempre più aspro tra Occidente (rappresentato dal G7) e il cosiddetto “Sud del mondo”. Nei Brics ci sono effettivamente Paesi che hanno dichiarato in un certo senso “guerra” a Europa e Stati Uniti (la Russia in tema di sicurezza e difesa attraverso l’Ucraina, la Cina in senso economico), ma partecipano anche Stati con cui i rapporti sono decisamente migliori, dal Brasile all’India (che si trova, per esempio, nell’Indo-Pacific Framework a guida americana) fino alla Turchia, invitata al forum di Kazan ma membro fondamentale della Nato. Il successo mediatico che ha avuto il presidente russo Vladimir Putin, in quanto organizzatore di turno del forum, è innegabile e desta anche preoccupazione dimostrando che la Russia non è isolata nonostante i tentativi dell’Occidente. Ma non va nemmeno esagerato, poiché gli interessi che guidano i vari membri dei Brics sono ancora troppo eterogenei tra loro e non vanno certo nella direzione di creare una frattura insanabile con le economie avanzate.

Che fare, dunque? Europa e Stati Uniti dovrebbero riflettere con pragmatismo e lucidità su quanto sta accadendo, prendendo atto che il mondo di oggi non è più quello degli anni Novanta in cui le democrazie liberali sembravano avere preso il sopravvento ovunque. Il cambiamento va accettato per poterlo influenzare e incanalare verso direzioni per noi sicure, sfruttando opportunità e progetti di cooperazione internazionale che favoriscano lo sviluppo economico delle economie emergenti senza che queste cerchino forzatamente la sponda di Pechino o Mosca. In questo senso, l’Italia si sta muovendo in maniera lungimirante attraverso il Piano Mattei che guarda all’Africa come un continente fondamentale per il nostro futuro. Da soli, però, non si va da nessuna parte: ben vengano dunque maggiori tentativi da parte dei Paesi del G7 per creare ponti con quelli dei Brics che guardano a noi in maniera più aperta e disponibile.


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