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L’Ue segua gli Usa sulle auto smart cinesi. Report Cfr

Liza Tobin (ex Cia) spiega in un’analisi pubblicata dal Council on Foreign Relations come le auto smart cinesi rappresentino un rischio per la sicurezza informatica e le infrastrutture critiche dell’Ue. Che dovrebbe seguire l’esempio degli Usa, che stanno già limitando l’importazione di componenti cinesi

L’Unione europea è pronta a imporre dazi sui veicoli elettrici provenienti dalla Cina, con l’obiettivo di contrastare il massiccio afflusso di auto sovvenzionate che minacciano la sopravvivenza dei produttori europei. Tuttavia, come spiega Liza Tobin, esperta dello Special Competitive Studies Project con un passato al Consiglio per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti e alla Cia, in un’analisi pubblicata dal Council on Foreign Relations, queste misure rischiano di essere insufficienti e di non affrontare la minaccia più grande che le auto smart cinesi rappresentano: la sicurezza informatica e la possibile trasformazione di questi veicoli in armi di guerra cibernetica.

Le tariffe proposte dall’Unione europea, che potrebbero arrivare fino al 45%, sono molto più basse rispetto ai dazi del 100% imposti dagli Stati Uniti. Secondo Tobin, non sono abbastanza alte da essere efficaci, poiché i produttori cinesi di veicoli elettrici potrebbero semplicemente ridurre i loro ampi margini di profitto per assorbire l’impatto. Ma il vero pericolo risiede altrove: le auto intelligenti cinesi potrebbero compromettere la sicurezza delle infrastrutture critiche europee. Questo è un rischio che richiede misure ben più incisive rispetto ai dazi commerciali. Negli Stati Uniti, il dipartimento del Commercio ha già agito con una proposta, mirata a limitare l’importazione di componenti di origine cinese e russa all’interno dei veicoli connessi a internet, un ambito che include praticamente tutte le auto moderne. Come spiega Tobin nella sua analisi, la nuova norma americana non nasce da allarmismi o da protezionismo, ma dalla necessità di creare un firewall contro l’infiltrazione di veicoli smart cinesi, che rappresentano rischi significativi per la sicurezza delle infrastrutture e dei dati sensibili. L’esperta sottolinea che le nuove norme americane si concentrano su due tecnologie critiche: i sistemi di connettività dei veicoli e i sistemi di guida automatizzata, tecnologie chiave che consentiranno la diffusione dei veicoli autonomi del futuro. I veicoli moderni stanno diventando dei centri dati mobili abilitati all’intelligenza artificiale, con migliaia di sensori che monitorano tutto, dalle telecamere ai microfoni, fino ai sistemi di navigazione. Tuttavia, queste innovazioni, se lasciate in mano a una potenza come la Cina, possono essere utilizzate per accedere da remoto ai veicoli, estrarre dati sensibili o sabotare le loro operazioni, fino a compromettere le infrastrutture connesse tramite 5G, Wi-Fi, satelliti e Bluetooth.

Queste minacce non sono teoriche. Tobin ricorda un episodio del 2022 in cui soldati russi rubarono trattori John Deere in Ucraina, che furono però disabilitati da remoto dall’azienda produttrice. Un simile scenario, considerate le capacità della Cina di scatenare il caos digitale, potrebbe avere conseguenze disastrose, specialmente in tempi di conflitto. Agenzie governative negli Stati Uniti e nei Paesi alleati hanno già avvertito che hacker sponsorizzati dallo Stato cinese hanno infiltrato infrastrutture critiche americane, mantenendo un accesso costante a sistemi energetici, idrici e di trasporto, pronti a causare danni in caso di guerra.

Consentire a milioni di veicoli cinesi connessi di circolare liberamente negli Stati Uniti e in Europa sarebbe un errore colossale da parte dei decisori politici, avverte Tobin. Negli Stati Uniti, il settore automobilistico sta iniziando a comprendere la gravità della sfida, ma serve un impulso da parte del governo per agire in modo adeguato. Molte aziende, consultate dal dipartimento del Commercio, hanno riconosciuto la necessità di rafforzare le misure di sicurezza della catena di fornitura e accolgono le nuove norme in arrivo. Sebbene le case automobilistiche con interessi in Cina siano riluttanti a esprimere pubblicamente il loro sostegno alla nuova politica statunitense, per paura di rappresaglie da parte di Pechino, Tobin fa notare che il regolamento non è affatto una provocazione. Le aziende straniere che operano in Cina sono già soggette a rigorose normative sulla localizzazione dei dati, a controlli arbitrari e a manipolazioni fisiche dei loro sistemi aziendali, tutti elementi di una strategia di Pechino volta a dominare i mercati globali delle industrie avanzate.

Guardando oltre il settore automobilistico, gli Stati Uniti stanno considerando regolamenti simili per una vasta gamma di tecnologie connesse, dai droni ai robot, dalle stazioni di terra satellitari al cloud computing. Questi sforzi, secondo Tobin, devono essere perseguiti con vigore, per evitare che il “problema Huawei” si ripeta nel settore automobilistico. Negli Stati Uniti il divieto di utilizzare le tecnologie di Huawei è arrivato troppo tardi, costringendo il governo a costosi programmi di sostituzione delle apparecchiature. Annunciare restrizioni ora, prima che i veicoli cinesi abbiano una quota di mercato significativa, ridurrà al minimo l’impatto sul settore industriale e sui consumatori. Inoltre, la normativa prevede lunghi periodi di adeguamento, con l’entrata in vigore prevista nel 2027 per il software e nel 2030 per l’hardware.

Questo è un problema che Stati Uniti ed Europa devono affrontare insieme. Tobin conclude la sua analisi sottolineando che l’Unione europea, lavorando in collaborazione con altre nazioni democratiche come Giappone e Corea del Sud, dovrebbe sviluppare regole simili. Agire rapidamente, prima che i veicoli elettrici cinesi occupino una fetta troppo grande del mercato, consentirebbe all’Europa di limitare i danni. Solo così sarà possibile garantire infrastrutture critiche più sicure e resilienti, libere dal controllo di potenze autocratiche.



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