Mentre l’umanità guarda allo spazio come al futuro della cooperazione internazionale, i timori di una militarizzazione dell’orbita terrestre non sono ancora veramente sopiti. Che succederebbe se un ordigno nucleare esplodesse nello spazio? E perché Russia e Cina ne sarebbero particolarmente avvantaggiate?
Era l’ottobre del 1967 quando l’Outer space treaty (Ots), il trattato internazionale sui princìpi che governano le attività degli Stati in materia di esplorazione ed utilizzazione dello spazio extra-atmosferico, entrò in vigore. Il trattato, redatto all’inizio della space era e in piena Guerra fredda, proibiva (e proibisce ancora oggi) l’invio e l’utilizzo di armi nucleari nello spazio. Eppure oggi, dinanzi a un progressivo ritorno della competizione tra grandi potenze e al mancato rinnovo di diversi trattati sul disarmo, i dubbi sull’effettivo rispetto di tale divieto sono sempre di più e il rischio di un’involuzione della situazione non può essere escluso. Stando a quanto riportato dai dipartimenti di Stato e della Difesa Usa, Cina e Russia potrebbero star attivamente pianificando di installare armamenti nucleari nell’orbita terrestre, seppure con modalità e obiettivi operativi diversi.
L’utilizzo di armi nucleari nello spazio
Prima di procedere oltre, è necessario fare una premessa. L’utilizzo di armi nucleari nello spazio è ben diverso dall’utilizzo di tali armi dallo spazio. Al momento, non sembra né probabile né realistico che una qualsiasi potenza intenda dotarsi di sistemi atti a lanciare ordigni nucleari sulla superficie terrestre dallo spazio. Ciò altererebbe eccessivamente i delicati equilibri della deterrenza strategica, senza contare che la realizzazione di un simile sistema d’arma non passerebbe facilmente inosservata. Se invece si parla di far detonare un ordigno nucleare nello spazio per sfruttarne l’impulso elettromagnetico e l’onda radioattiva, allora il discorso cambia. Benché a occhio nudo l’orbita terrestre ci appaia sgombra, lo spazio extra-atmosferico è abitato da migliaia di satelliti di ogni tipo, con altri centinaia che ogni anno vanno ad aggiungersi alle costellazioni già esistenti. I loro scopi sono estremamente vari, dall’osservazione metereologica ai sistemi di geo-posizionamento e navigazione satellitare, ma quelli che attirano maggiormente l’attenzione di Cina e Russia sono i satelliti militari statunitensi della Space force. Le capacità Isr (Intelligence, surveillance and reconnaissance) e di early-warning fornite da questi sistemi rappresentano uno dei maggiori asset militari e strategici degli Stati Uniti, e permettono alle Forze armate Usa di contare su un sistema di comunicazioni estremamente efficiente e di migliaia di “occhi” puntati sui propri avversari. Non è un mistero che le Forze armate ucraine siano state grandemente avvantaggiate dal supporto offerto da queste costellazioni, le quali permettono di osservare i movimenti russi sul terreno e di coordinare contromisure rapide. L’eventuale utilizzo di armi nucleari nello spazio punterebbe pertanto a distruggere, disturbare o disabilitare tali sistemi, configurandole come armi anti-satellitari (Asat).
Perché Russia e Cina potrebbero usare armi nucleari nello spazio?
Nel 2022 la Russia ha lanciato in orbita, a circa 2mila chilometri dalla superficie terrestre, il satellite Kosmos-2553. L’altitudine di 2mila chilometri, appena al di sopra del limite dell’Orbita terrestre bassa (Leo), non è utilizzata da alcun tipo di assetto spaziale e presenta un livello di radiazioni maggiore rispetto a quello che si trova in Leo. L’eventuale detonazione di un ordigno nucleare trasportato da Kosmos-2553 avrebbe due effetti principali: innanzitutto, diversi satelliti orbitanti verrebbero colpiti dall’esplosione iniziale, dopodiché molti altri potrebbero andare incontro e malfunzionamenti e deperimento strutturale a causa dell’ondata radioattiva. Benché i satelliti moderni siano progettati per resistere al livello di radiazioni naturalmente presente in Leo a causa delle cinture di Van Allen (zone di spazio extra-atmosferico caratterizzate da radiazioni provocate dai venti solari), un’esplosione nucleare potrebbe innalzare tali radiazioni a livelli insostenibili fino a un lasso di tempo di un anno. Tale esplosione non avrebbe pertanto alcun effetto sulla Terra o sull’ambiente endo-atmosferico, ma potrebbe creare una zona di esclusione in Orbita media capace di debilitare sensibilmente i satelliti ivi presenti.
Dal suo canto, la Cina potrebbe avere idee simili, ma con l’obiettivo di colpire i satelliti più prossimi alla Terra e alcuni sistemi sulla superficie. Questo nell’ottica di privare le Forze armate Usa di uno dei loro più grandi vantaggi, le capacità di osservazione del nemico e coordinamento delle proprie truppe dallo spazio. L’attacco potrebbe essere condotto con un vettore balistico ipersonico lanciato da terra e trasportante un Sistema di bombardamento orbitale frazionario (Fobs), in grado di raggiungere obiettivi in Leo. Un’esplosione (anche ridotta) all’interno dell’Orbita bassa colpirebbe indiscriminatamente tutti i satelliti presenti nel suo raggio d’azione e darebbe luogo a una cintura stazionaria di detriti letale anche per i satelliti più distanti. Inoltre, l’impulso elettromagnetico prodotto da un’esplosione nucleare così vicina al pianeta friggerebbe ogni sistema elettronico a terra sprovvisto di apposita protezione, debilitando ulteriormente comunicazioni e coordinamento. Per una potenza del rango degli Stati Uniti, che proietta le proprie forze sull’intero globo e che conta sulle comunicazioni satellitari per tenerne ordinate le fila, la minaccia è concreta.
Benché non sia ancora possibile determinare se Russia e Cina stiano effettivamente valutando di impiegare simili strategie, i vantaggi che potrebbero trarne sono indubbi. In una space competition che vede gli Stati Uniti surclassare nettamente gli altri due competitor per numero di satelliti in orbita e per livello di sviluppo della propria dottrina spaziale di difesa, una simile esplosione in orbita, che colpirebbe indiscriminatamente i satelliti di tutti, creerebbe più problemi a Washington che a Mosca e Pechino. I futuri sviluppi di queste eventualità sono ancora nebulosi ma, a distanza di quasi sessant’anni dall’Ots, lo spazio rischia nuovamente di diventare un campo di battaglia ben oltre il senso figurato.