Skip to main content

Obiettivo Europa. Lo sprint diplomatico di Zelensky visto da Nelli Feroci (Iai)

“Per Zelensky si presenta il problema di consolidare il sostegno da parte dei suoi alleati occidentali, di cui ha disperatamente bisogno, ma che forse non riesce ad arrivare in Ucraina nella misura da lui desiderata. Soprattutto in un momento come questo”. Conversazione con il presidente dell’Istituto per gli affari internazionali, Ferdinando Nelli Feroci

La decisione di annullare il vertice di Rammstein non blocca i lavori diplomatici inerenti il conflitto in Ucraina. Anzi, lo stesso presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha deciso di impegnarsi in una serie di incontri, concentrati in pochissimi giorni, con i vertici di molti Paesi europei. Con l’obiettivo di cercare nuovo sostegno per il suo Paese, in un momento in cui la situazione sul campo di battaglia non è ottimale. E con le elezioni americane che si fanno sempre più vicine. Formiche.net ha chiesto una lettura della situazione all’ambasciatore Ferdinando Nelli Feroci, presidente dell’Istituto per gli affari internazionali (Iai).

Iniziamo da quello che succede sul campo?

Iniziamo dal contesto, che oggi è caratterizzato da una situazione di sostanziale stallo sul terreno. Ci sono qua e là delle piccole avanzate delle truppe russe nel Donetsk, non particolarmente significative ma comunque avanzate, caratterizzate anche da danni alle infrastrutture e da vittime civili. E c’è un’operazione che gli ucraini hanno condotto in territorio russo, che li ha portati ad occupare una porzione dell’oblast di Kursk, ma di cui non si è ben compreso l’obiettivo, e che per ora sembra in fase di stallo. C’è anche un problema di stanchezza nell’opinione pubblica interna ucraina, impegnata in un conflitto che dura ormai da quasi tre anni. Per Zelensky si presenta il problema di consolidare il sostegno da parte dei suoi alleati occidentali, di cui ha disperatamente bisogno, ma che forse non riesce ad arrivare in Ucraina nella misura da lui desiderata. Soprattutto in un momento in cui si fa promotore di un piano che lui stesso non definisce di pace ma “per la vittoria”, che tuttavia non sembra prospettare elementi nuovi in grado di prefigurare una possibile risoluzione politico-diplomatica del conflitto.

E questo spiega come mai, mentre il vertice di Rammstein veniva annullato, il presidente ucraino portava avanti la sua campagna diplomatica in Europa.

Esattamente. Gli obiettivi del presidente ucraino sono molto chiari. A partire dall’ottenere conferme di solidarietà politica e richiedere ulteriori aiuti militari, in particolare strumenti che consentano di resistere agli attacchi dal cielo, quindi sistemi di difesa anti-aerea e anti-missile. In alcuni Paesi, Zelensky ha anche chiesto l’autorizzazione (o la conferma della stessa) all’utilizzo di certi sistemi sul territorio russo per colpire obiettivi militari. Inoltre, Zelensky sta richiedendo di accelerare il processo di adesione all’Unione Europea e possibilmente ottenere garanzie di sicurezza, che potrebbero concretizzarsi o in una piena adesione dell’Ucraina alla Nato dopo la fine del conflitto, oppure in una serie di garanzie di sicurezza equivalenti. Questi sono i punti cardine del tour diplomatico del leader ucraino.

In questi giorni si parla di “modello tedesco” per confrontare quello che sembra essere il “piano di pace” ucraino con quanto avvenuto con la Germania Ovest negli anni ’50. Le sembra una soluzione praticabile?

Sul piano ucraino non mi sento di fare commenti specifici perché non conosco i dettagli. Si leggono tante indiscrezioni, ma per esprimere un’opinione vorrei prima comprendere meglio cosa include esattamente la proposta. Potrebbe darsi che ci sia l’idea di una cessazione delle ostilità, magari temporanea, in cambio delle garanzie di sicurezza di cui parlavamo prima. Tuttavia, queste ipotesi si scontrano con una realtà molto poco favorevole, poiché dubito che una proposta simile possa essere vista di buon occhio da Putin. Per Putin, infatti, il disegno a lungo termine è quello di un cambio di regime in Ucraina, e a questo disegno è legato uno status di neutralità per l’Ucraina. Quindi, siamo ancora molto lontani dall’individuare un terreno comune tra le due parti. Anche la questione dell’adesione alla Nato resta molto controversa, poiché la Nato finora è sempre stata molto prudente nell’ipotizzare l’obiettivo, seppur a lungo termine, di integrare Kyiv nell’Alleanza.

Qual è la posizione di Roma in tutto questo?

Sulla fornitura di armi, non so quanto ancora possa fare l’Italia, oltre al sistema anti-missile Samp-T promesso dalla presidente del Consiglio. Credo che siamo arrivati a raschiare il fondo del barile. Inoltre, c’è una posizione molto chiara del governo, condivisa in larga misura anche dalle opposizioni, sul rifiuto di concedere l’autorizzazione all’uso di armi italiane in territorio russo. Dubito che la situazione potrebbe cambiare nel breve periodo. Anche perché, da quanto mi risulta, nessuno dei sistemi forniti dall’Italia potrebbe colpire il territorio russo.

Si potrebbe dire che i ritmi si siano rallentati in vista delle consultazioni elettorali negli States?

È ovvio che non succederà nulla di particolarmente rilevante fino alla data delle elezioni presidenziali americane. Così come è ovvio che Putin stia aspettando di vedere l’esito di quelle elezioni. Per Zelensky, invece, è estremamente importante consolidare il sostegno dei partner occidentali non americani proprio in vista di un possibile cambio alla Casa Bianca. Immagino che Zelensky sia consapevole dei rischi di un secondo mandato di Trump e di un Congresso a maggioranza repubblicana, poiché queste condizioni potrebbero complicare la prosecuzione delle forniture militari americane all’Ucraina. A quel punto, per l’Europa si porrebbe un dilemma esistenziale, poiché sarebbe chiamata a sostenere da sola Kyiv. Le elezioni americane sono quindi un “game changer” su tutti gli scenari internazionali, ma assumono un valore ancora più significativo per l’Ucraina.

Quanto pensa che il conflitto in Ucraina sia influenzato, e influenzi, quello che sta accadendo in Medio Oriente?

Relativamente. Sono due conflitti che seguono logiche e dinamiche diverse. Hanno avuto un impatto simile per quanto riguarda il posizionamento sulla scena internazionale, contribuendo entrambi ad aumentare la distanza tra l’Occidente e il resto del mondo. Hanno rafforzato certe alleanze e solidarietà, come per esempio il rapporto tra Russia e Iran. Tuttavia, in generale, rimangono conflitti con logiche e dinamiche separate.


×

Iscriviti alla newsletter