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A Ecomondo la fotografia dell’Italia delle economie verdi. Numeri e prospettive

Ogni anno il più importante appuntamento annuale con la green economy è l’occasione per fare il punto sui traguardi raggiunti ma anche su quelli mancati. Il racconto di Saturno Illomei

Si è aperta oggi a Rimini, come ogni anno a novembre, la più importante fiera nei settori della green e circular economy, punto di incontro e di confronto tra aziende, istituzioni, stakeholder, operatori, mondo della ricerca. Un evento internazionale diventato negli anni riferimento imprescindibile per le strategie di politica ambientale in Europa e in tutto il bacino del Mediterraneo. Ed è stato il Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica Gilberto Pichetto Fratin, assieme al presidente di Italian Exibition Group, Maurizio Ermeti, a tagliare il nastro di una manifestazione che quest’anno sarà “a tutto quartiere”, avendo aggiunto altri due padiglioni alla struttura fieristica che arriva così a 166 mila metri quadrati.

“Questi due padiglioni aggiuntivi  offriranno una risposta immediata alle esigenze di spazio delle nostre manifestazioni in rapida crescita. Dopo Ecomondo, infatti, i nuovi padiglioni saranno utilizzati già nel gennaio del prossimo anno con SIGEP (la manifestazione del foodservice, n.d.r.). Saranno le due più grandi manifestazioni fieristiche che Rimini abbia mai ospitato, creando nuova ricchezza per l’intero territorio”, ha detto Ermeti.

“Il nostro è un Paese che dipende ancora molto dai combustibili fossili –anche se stiamo cominciando a chiudere con il carbone e questo deve essere un esempio per l’Europa e per quei paesi che ancora investono sul carbone. Dobbiamo correre con l’adattamento ai cambiamenti climatici. Il nostro Piano di Adattamento ai Cambiamenti Climatici prevede 361 interventi, alcuni in campo energetico e ambientale e sono in attuazione; altri sono di indirizzo, altri ancora riguardano grandi opere che investono lavori per i prossimi decenni”, ha invece ricordato il ministro Pichetto.

“Tutto ci dice che tra vent’anni avremo una domanda di energia tripla rispetto a oggi. Per questo abbiamo previsto il nucleare. Sono convinto che se c’è una competitività economica non sarà solo una scelta dello Stato, ma di consorzi di imprese”. Sei le aree tematiche che animeranno le quattro giornate riminesi, con un programma di conferenze, seminari ed eventi sulle principali novità tecnologiche e normative sulla valorizzazione dei rifiuti, la rigenerazione dei suoli e degli ecosistemi agro-forestali e alimentari, l’energia da biomasse e l’uso dei rifiuti come materie prime seconde, il ciclo integrato delle acque, la tutela dei mari e degli ambienti marini, la bioeconomia e le smart city. Se ne parlerà negli oltre 200 eventi tra convegni e workshop, coordinati dal Comitato Tecnico Scientifico, con esperti nazionali e internazionali, aziende, tecnici, ricercatori e professionisti dell’economia verde.

L’apertura dei lavori, come avviene ormai da qualche anno, è stata fatta dagli Stati generali della green economy, con un rapporto su L’economia di domani: il Green Deal all’avvio della nuova legislatura europea, che ha visto la partecipazione di rappresentanti del Parlamento e delle istituzioni europee e internazionali, ed esponenti delle imprese, per un confronto sul pacchetto di iniziative strategiche che l’Unione ha messo sulla strada della transizione ecologica, “nella convinzione che la transizione verso la neutralità climatica possa offrire opportunità significative di crescita economica, di nuovi modelli imprenditoriali, mercati e nuovi posti di lavoro e di sviluppo tecnologico”.

In Italia la green economy ha raggiunto risultati importanti in settori come l’economia circolare e il biologico e, nel 2023, ha diminuito le emissioni di CO2 di oltre il 6%, “tanto che se mantenesse questo trend potrebbe raggiungere il calo del 55% al 2030”, come previsto dal pacchetto “Fit for 55%”. Ma accanto a questi primati permangono non poche criticità in alcuni settori: “non si arresta il consumo di suolo che interessa il 7,14% del territorio nazionale e si estende anche in aree di fragilità idraulica e sono aumentate nel 2023 le immatricolazioni delle auto, ma sono ancora poche le elettriche”.

Secondo Edo Ronchi, presidente della Fondazione Sviluppo Sostenibile, che ha coordinato il gruppo di esperti che curano il rapporto annuale “la relazione sullo stato della green economy del 2024 registra un aggravamento della crisi climatica, molto rapido in Italia. Alcune cose si stanno facendo e alcuni risultati ci sono: le emissioni di gas serra sono diminuite, le rinnovabili elettriche hanno ripreso a crescere e facciamo passi avanti nella circolarità della nostra economia. Ma ancora troppo poco, non solo perché la sfida è globale e di vasta portata, ma perché non remiamo tutti insieme nella stessa direzione”.

Vediamola più da vicino questa fotografia dell’Italia delle economie verdi. Per quanto riguarda le emissioni, lo scorso anno sono diminuite di oltre 26 milioni di tonnellate, scendendo sotto la soglia dei 390 milioni di tonnellate. Il trend fa ben sperare nel raggiungere l’obiettivo di ridurle del 55% entro il 2030. Purtroppo i 3 mila 400 eventi meteoclimatici estremi che hanno colpito il nostro Paese hanno provocato enormi disastri e hanno trovato impreparati i territori e la politica nazionale.

In ripresa le rinnovabili elettriche. Nel 2023 l’elettricità prodotta da fonte rinnovabili ha superato il 44% della produzione totale. Trend positivo per il fotovoltaico, ancora insufficiente per l’eolico: per la prima volta sole e vento hanno generato oltre 50 TWh di energia elettrica, un quinto della produzione nazionale di elettricità. Gli edifici sono il settore più energivoro con oltre il 40% della domanda nazionale, anche se hanno ridotto i loro consumi del 5 per cento e mezzo. Secondi i trasporti con il 35% del totale nazionale. L’industria, con il 21% dei consumi nazionali, nel 2023 ha fatto registrare un taglio del 6%.

L’Italia si conferma al primo posto per produttività delle risorse. Per ogni chilogrammo di risorsa consumata, sono stati generati 3,6 euro di Pil (il 62% in più rispetto alla media Ue); al secondo posto Spagna e Francia (3,1 euro). Siamo primi anche per il tasso di riciclo dei rifiuti con il 72%: nel 2022 il riciclo dei soli rifiuti urbani si è attestato poco sopra il 49%. Buono il livello del riutilizzo circolare dei materiali che è stato del 18,7%, di gran lunga migliore di quello medio europeo dell’11,7%.

Deboli le misure per la tutela e il ripristino del capitale naturale, mentre continua il consumo di suolo al ritmo di quasi 19 ettari e mezzo al giorno, il valore più elevato dal 2012. I principali interventi di artificializzazione si sono verificati soprattutto nella Pianura Padana e lungo la fascia costiera adriatica. L’incidenza della superficie verde direttamente fruibile dai cittadini, nei capoluoghi, nel 2021, era di circa 8 metri quadrati e mezzo ogni cento metri di superficie urbanizzata. Alte le perdite di acqua nella rete idrica che nel Mezzogiorno superano il 50% (42% a livello nazionale).

La crisi climatica, anche nel 2023, ha inciso sulla produzione e sulle performance economiche dell’agricoltura che ha registrato una flessione del due e mezzo per cento. Tra i segnali positivi si registra il continuo aumento delle superfici coltivate con il metodo biologico che sono aumentate del 4 e mezzo per cento: la Sicilia è la regione con la maggiore estensione in valore assoluto (413 mila ettari), seguita dalla Puglia e dalla Toscana. Queste coltivazioni hanno quasi raggiunto il 20% del totale, con oltre 94 mila occupati. L’Italia si conferma, inoltre, leader in Europa per numero di prodotti Dop, Igp e Stg, con oltre il 27% del totale europeo.

Per quanto riguarda la mobilità, nel 2023 sono state raggiunte 41 milioni di auto circolanti, cresciute del 19% nel 2023: con 694 auto ogni mille abitanti, siamo il Paese europeo con più auto (media europea 560 auto). Le immatricolazioni delle auto a benzina sono aumentate del 22 e mezzo per cento, quelle diesel del 6%. Ancora bassa la quota delle auto elettriche: nel 2023 ne circolavano soltanto 66 mila a batteria (il 4,2% del totale) e 69 mila pug-in.

La chiusura degli Stati generali di domani propone una panoramica dello stato dell’arte in rapporto ai cambiamenti climatici e alle emissioni di gas serra di tre tra i più popolosi Paesi del mondo, Cina, Stati Uniti e India , responsabili di oltre la metà delle emissioni di anidrite carbonica a livello globale; anche in prospettiva della Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Cop29) che si terrà a Baku, in Azerbaigian, dall’11 al 22 novembre prossimi.

In Cina le emissioni di CO2 stanno diminuendo in maniera strutturale, grazie anche all’aumento record delle energie pulite, trainate dal fotovoltaico e dall’eolico: punta alla neutralità da emissioni di carbonio entro il 2060. Gli Stati Uniti, con il 13 e mezzo per cento della produzione totale di anidrite carbonica, hanno preso l’impegno di azzerarla al 2050, come l’Unione europea mentre l’India, terzo produttore mondiale con il 7,3% , prevede di raggiungere le zero emissioni entro il 2070.


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