L’espansione dei Brics rappresenta una svolta significativa nelle dinamiche globali, offrendo opportunità economiche e politiche per i Paesi del Medio Oriente. Ma sollevando al contempo interrogativi sulla sostenibilità e sulle sfide di questa nuova alleanza
L’espansione dei Brics, che ora include Paesi come Arabia Saudita, Egitto, Etiopia, Emirati Arabi Uniti e Argentina, rappresenta un’evoluzione significativa nel sistema internazionale, con implicazioni di vasta portata per i paesi del Medio Oriente e del Nord Africa. La questione è stata discussa durante un panel apposito, intitolato “Pivot to the Mena: Brics’bold expansion strategy”, svoltosi all’interno dell’edizione 2024 dei Mediterranean Dialogues organizzati con cadenza annuale dall’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale.
Come sottolineato da Amidreza Azizi, visiting fellow presso lo Stiftung Wissenschaft und Politik, l’interesse delle nazioni del Medio Oriente nasce dalla percezione di un cambiamento nel sistema globale e dall’idea di un ordine regionale “post-americano”. Ogni Paese della regione adotta un approccio diverso verso i Brics, ma il comune denominatore è la volontà di ridefinire il proprio ruolo sulla scena globale, cercando nuove alleanze per aumentare il peso politico ed economico.
L’Iran vede i Brics come un’occasione per rafforzare il proprio allineamento con un blocco non occidentale in un momento di tensioni crescenti con l’Occidente. Azizi ha citato la dichiarazione del ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi, che dopo l’incontro dei Brics ha postato su X: “Il sole sorge a est e tramonta a ovest”, evidenziando il chiaro intento di Teheran di consolidare legami con potenze emergenti site non ad Occidente ma ad Oriente, come Cina e Russia. Questa visione si sposa con la necessità iraniana di superare le sanzioni economiche e attrarre investimenti, elementi che i Brics possono potenzialmente offrire attraverso iniziative come un fondo comune di investimenti, o l’ambizione di una valuta alternativa al dollaro.
Diverso è l’approccio di Paesi come Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, che, come ha spiegato Aziz Alghashan, senior fellow dell’Observer Research Foundation, puntano a una strategia di diversificazione. L’Arabia Saudita, pur non essendo ancora formalmente membro dei Brics, utilizza il blocco come leva per rafforzare la propria posizione strategica globale. Alghashan ha sottolineato come Riyad veda la multipolarità in modo “asimmetrico”, considerando gli Stati Uniti un partner preferenziale ma non più un’alleanza necessaria. Questa percezione consente al regno di negoziare con maggiore sicurezza, posizionandosi come un vero e proprio hub diplomatico universale aperto a tutti. Al contempo, l’adesione ai Brics non è vista come un’alternativa diretta alle relazioni con l’Occidente, ma piuttosto come un mezzo per aumentare la propria influenza globale, senza però compromettere interessi fondamentali come il commercio petrolifero in dollari.
La Russia, dal canto suo, gioca un ruolo cruciale nell’espansione dei Brics utilizzandoli come piattaforma per sfidare l’isolamento imposto dalle sanzioni occidentali. Nikolai Kozhanov, professore associato presso il Gulf Studies Center dell’Università del Qatar, ha descritto il summit di Kazan come una dimostrazione di forza geopolitica, con la partecipazione di trentacinque paesi che evidenziano il rifiuto del concetto di isolamento globale di Mosca. Kozhanov ha inoltre sottolineato come la Russia stia lavorando per creare sistemi alternativi che riducano la dipendenza dal dollaro, come un centro di compensazione per il commercio e nuove istituzioni finanziarie per sostenere gli investimenti. Tuttavia, Kozhanov ha avvertito che questa “de-dollarizzazione” non significherà la fine del dollaro, ma piuttosto una crescente diversificazione dei sistemi economici globali, spinta anche da paesi tradizionalmente vicini all’Occidente come gli Emirati Arabi Uniti.
Anche il ruolo della Cina, sia nei Brics e che in Medio Oriente, sta diventando sempre più rilevante, non solo sul piano economico ma anche politico. Di Dong Sheng, preside della School of Global and Area Studies della Renmin University, ha ricordato come Pechino abbia mediato con successo il riavvicinamento tra Iran e Arabia Saudita, un risultato che riflette la volontà della Cina di assumere un ruolo di leadership nella stabilità regionale. Dong Sheng ha sottolineato che, a differenza delle potenze occidentali che hanno spesso adottato strategie divisive nella regione, la Cina persegue un approccio di “unificazione e abilitazione”. Sul piano economico, Dong Sheng ha evidenziato un esempio significativo: negli anni 2000, per acquistare un telefono cellulare erano necessari fino a quaranta barili di petrolio, mentre oggi ne bastano tre o quattro, un cambiamento reso possibile dall’aumento della cooperazione economica tra la Cina e i paesi della regione.
Dal parterre emerge nettamente come l’espansione dei Brics rappresenti un’opportunità concreta per i Paesi della regione mediorientale di affermare la propria autonomia in un contesto globale multipolare. Tuttavia, le sfide non mancano. Come hanno evidenziato i relatori, le divergenze tra i membri dei Brics e le pressioni delle potenze occidentali potrebbero limitare il potenziale dell’alleanza. Per i Paesi dell’area, questa è un’occasione per ridefinire il proprio ruolo globale, ma il successo dipenderà dalla capacità dei Brics di tradurre le ambizioni in risultati concreti e sostenibili.