La mossa della Corte Penale Internazionale genererà intense critiche, avvisa Dworkin (Ecfr), e l’Europa dovrà prepararsi. Non è chiaro quale sarà invece l’effetto sulla guerra in corso
La Corte Penale Internazionale (ICC) ha emesso oggi mandati di arresto per il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, e l’ex ministro della difesa, Yoav Gallant, accusandoli di crimini contro l’umanità e crimini di guerra. È la prima volta che la Corte emette un mandato di arresto nei confronti del capo di governo di un importante alleato occidentale, segnando un passo drammatico nell’impegno dell’organismo internazionale nel conflitto tra Israele e Hamas.
Secondo la Camera Preliminare dell’ICC, ci sono ragionevoli motivi per ritenere che Netanyahu e Gallant siano responsabili di crimini di guerra e crimini contro l’umanità attraverso il blocco degli aiuti umanitari a Gaza. Tra i crimini contestati, figurano l’uso della fame come metodo di guerra e i crimini per omicidio, persecuzione e altri atti disumani. Inoltre, la Corte ha trovato ragionevoli motivi per credere che Netanyahu e Gallant siano responsabili, in qualità di superiori, del crimine di guerra legato agli attacchi deliberati contro la popolazione civile in almeno due occasioni.
Anthony Dworkin, Senior Policy Fellow presso l’European Council on Foreign Relations (Ecfr), spiega che “questa i mandati di arresto significano che tutti gli Stati membri dell’ICC (inclusi tutti gli Stati membri dell’Ue) sono obbligati ad arrestare le persone interessate se queste entrano nel loro territorio.”
Oltre ai mandati per Netanyahu e Gallant, la Corte ne ha emesso uno anche per il leader di Hamas, Mohammed Deif. Israele sostiene di aver ucciso Deif a luglio 2024, ma la sua morte non è stata confermata. Deif è un leader popolare che ha scalato i vertici di una organizzazione terroristica; Netanyahu e Gallant sono due leader politici eletti e rappresentanti di uno Stato.
In commenti inviati a Formiche.net, Dworkin sottolinea l’importanza del sostegno europeo alla Corte: “Il mandato di arresto contro Netanyahu porterà un’attenzione politica intensa sulla Corte. In quanto sostenitori storici della Corte e dello stato di diritto internazionale, i Paesi europei dovrebbero chiarire che sostengono pienamente la Corte come organo giudiziario indipendente. Devono confermare che eseguiranno i mandati di arresto se uno qualsiasi degli individui interessati entrerà nel loro territorio. E devono evitare qualsiasi dichiarazione che metta in discussione la Corte o la sua legittimità, in particolare dopo il forte sostegno europeo al mandato di arresto della Corte contro il presidente russo Vladimir Putin a marzo 2023”.
Il mandato solleva infatti interrogativi su come gli ufficiali europei dovrebbero gestire i rapporti con Netanyahu, sia in Israele che fuori dal proprio territorio. In casi precedenti, come quello dell’ex presidente keniota, Uhuru Kenyatta, i funzionari europei hanno adottato una politica di contatti limitati ai casi strettamente necessari — che pone l’Ue in una condizione di gestire con ragionevole ambiguità le connessioni con chi è stato incriminato o soggetto a mandato di arresto per crimini internazionali. Dworkin suggerisce di adottare un approccio simile in questo caso.
C’è poi un elemento in più, a Washington. “La mossa della Corte probabilmente genererà intense critiche e misure contro di essa da parte del nuovo presidente statunitense Donald Trump”, anticipa Dworkin. Durante il suo primo mandato, Trump ha imposto sanzioni contro i funzionari dell’ICC dopo che la Corte aveva annunciato che stava indagando su azioni statunitensi in Afghanistan, e la sua amministrazione ha anche dichiarato che “ci sarebbero state conseguenze” se l’ICC avesse indagato su crimini di guerra in Palestina. “L’Ue dovrebbe prepararsi a un attacco degli Stati Uniti contro la Corte e resistere a qualsiasi pressione americana per tagliare i propri legami e il sostegno alla Corte”, spiega l’esperto del think tanker paneuropeo, annunciando che con questa nuova svolta, la Corte Penale Internazionale si trova al centro di un delicato equilibrio tra giustizia internazionale, relazioni geopolitiche e conflitti di lungo corso.
Non è chiaro quale sarà invece l’effetto sulla guerra in corso, perché tutto avviene mentre pare possibile il raggiungimento di un qualche genere di accordo per un cessate il fuoco. Il rischio è che la mossa della Corte — per quanto legittima — scomponga i delicati equilibri che sembravano potersi costruire.