I prezzi delle case continuano a crollare nel Dragone, sancendo il fallimento di una politica industriale intera. E così anni di stimoli, gigantesche emissioni di debito e colossali iniezioni di liquidità non sono riusciti, fino ad oggi, a rianimare un comparto che Pechino continua a considerare strategico
Il film è di quelli già visti. Ed è proprio questo il problema. Se c’è un simbolo, in Cina, di tutti i mali e i guai che attanagliano la seconda economia mondiale da anni, quello è il mattone. Per decenni pilastro e porto sicuro del Dragone, l’immobiliare ha da sempre rappresentato su per giù un terzo del Pil cinese.
Poi, in coincidenza della pandemia, tutto ha cominciato a precipitare: le case realizzate dalle grandi società del mattone non sono state vendute, per mancanza di cassa da parte delle famiglie o, più semplicemente, di domanda in quanto il mercato era già saturo. Terreni e plessi hanno perso il valore originario, provocando enormi perdite nelle aziende. E sono arrivati i primi, colossali, fallimenti, a cominciare da quello che è il padre di tutti i crack cinesi, Evergrande.
Il partito, da quel momento, ha intrapreso la strada degli stimoli fiscali, con una corsa forsennata fatta di maxi-iniezioni di liquidità nel sistema, gigantesche emissioni di debito e una lenta riduzione dei tassi sui prestiti. Tutto con un unico obiettivo, ridare smalto a un mercato che Pechino considera ancora strategico. Eppure, nonostante le buone intenzioni, i risultati non sono arrivati, non ancora almeno. I dati pervenuti in queste ore confermano la crisi senza fine del comparto immobiliare, con i prezzi delle case che continuano ad accelerare la discesa, segnando un -5,9% ad ottobre dopo il -5,8% di settembre.
Si tratta, e anche questo è il punto, del calo più marcato dal 2015, cioè anni prima che scoppiasse la grave crisi cinese. Come se non bastasse, anche gli investimenti immobiliari sono diminuiti del 10,3% nei primi 10 mesi del 2024 il che suggerisce che le misure di sostegno del governo hanno avuto finora scarso impatto. Ma, soprattutto, che la fiducia latita sia dal lato dei consumatori, sia sul versante di chi dovrebbe vendere. E che il problema sia strutturale, lo dimostra anche un altro elemento.
Secondo i dati pubblicati dall’Ufficio statistico cinese, sulle 70 città più importanti del Paese asiatico, nelle scorse settimane i prezzi sono scesi dello 0,65% rispetto al mese di giugno, quando erano scesi dello 0,67%. Tra le principali città, 66 hanno registrato riduzioni dei prezzi delle case lo scorso mese, rispetto alle 64 di giugno, e solo due hanno registrato aumenti in questi mesi, Shanghai e Xi’an. Troppo poco.