L’India accelera sulla costruzione di una nuova base che potrà ospitare fino a dodici sottomarini nucleari mentre mette nuovi vascelli in cantiere. Oltre a elevare la posizione indiana nel novero delle potenze nucleari, queste mosse puntano a mandare un messaggio chiaro alla Cina e a contestare l’egemonia di Pechino nella regione
L’India vuole entrare a far parte del club delle grandi potenze e per farlo punta sulle capacità militari strategiche. Nuova Delhi sta ultimando la costruzione di una nuova base navale nel golfo del Bengala, la quale avrà il compito di ospitare la futura flotta di sottomarini missilistici nucleari (Ssbn) dell’India. Si stima che la base di Varsha, dal nome dell’omonimo programma militare, potrà accogliere fino a 12 Ssbn e servirà anche per alleggerire lo stress sugli altri due porti di Visakhapatnam e Mumbai. Con la sua posizione strategica, prospiciente al golfo bengalese e alle rotte marittime indo-pacifiche, la base rafforzerà le prerogative militari indiane nella regione e permetterà a Nuova Delhi di consolidare la sua presenza nell’oceano Indiano. Il golfo del Bengala risulta fondamentale per controllare i traffici commerciali che passano dallo stretto di Malacca e che costituiscono il 30% del volume globale dei beni che transitano via mare. Con questa mossa, l’India punta a rendersi tappa privilegiata dei flussi economici mondiali e a contrastare la crescente influenza cinese nell’area.
Le capacità nucleari indiane
La nuova base ha un valore prevalentemente strategico. Potendo accogliere, rifornire e supportare gli Ssbn, la base di Varsha fungerà da moltiplicatore della potenza militare strategica di Nuova Delhi. Sebbene sprovvista di bombardieri strategici, e dunque non in grado di schierare una triade nucleare completa, l’India dispone di missili balistici lanciabili dai silos a terra e di due sottomarini nucleari di classe Arihant. Benché le stime ufficiali parlino di meno di un centinaio di testate disponibili, il loro numero basta a includere l’India nel club ristretto delle potenze nucleari (nove in totale). Attualmente, i due sottomarini di classe Arihant, entrati in servizio rispettivamente nel 2016 e nel 2024, costituiscono l’intera flotta di Ssbn indiani, ma il loro numero è destinato ad aumentare. Progettato tra la fine degli anni 90 e l’inizio degli anni 2000, gli Arihant sono dei sottomarini dal peso di 6mila tonnellate e in grado di trasportare Slbm (Submarine-launched ballistic missile) sia a corto sia a lungo raggio. I piani della Marina indiana prevedono l’entrata in servizio di un terzo vascello di classe Arihant nel 2025 e di altri due intorno al 2030. A questi cinque sottomarini andranno poi ad aggiungersene altri tre della futura classe in sviluppo, attualmente nota con il nome in codice S5. Complessivamente, l’India sarà in grado di schierare in tempi relativamente brevi una flotta di 5-8 Ssbn tra 2030 e 2040. Non parliamo di numeri trascurabili, considerando i metri di paragone. Gli Stati Uniti, che sono la prima potenza militare al mondo, dispongono di una flotta di 14 Ssbn di classe Ohio, mentre la Cina (seconda in classifica) conta 6 sottomarini Type 094 in servizio attivo. Se i piani indiani dovessero andare in porto (la metafora in questo caso risulta calzante), anche al netto di un incremento degli Ssbn cinesi, Nuova Delhi si posizionerebbe come terzo Paese al mondo per disponibilità di simili assetti. A neanche ottant’anni dalla sua indipendenza, questo è un risultato non da poco conto per l’India.
Quali implicazioni a livello regionale?
L’accelerazione dell’India sulle capacità nucleari strategiche non è dettata dalla sola volontà di elevarsi nel novero delle potenze nucleari mondiali. Il motivo per cui Nuova Delhi sta accelerando così rapidamente lo sviluppo del proprio arsenale nucleare ha un nome e due aggettivi: Repubblica popolare cinese. Se per l’India il golfo del Bengala è strategico, per la Cina l’importanza di questa area rasenta l’esistenziale. Negli anni Pechino si è prodigata molto per estendere la sua influenza politica e commerciale sugli Stati rivieraschi dell’oceano Indiano, alle volte tramite l’acquisizione di infrastrutture di collegamento, come il porto di Hambantota in Sri Lanka, e altre mediante il supporto a leadership allineate alla Cina, come nel caso del Myanmar. Le ragioni di questo interesse affondano le loro radici nel cosiddetto “Dilemma di Malacca”, che vede le rotte commerciali cinesi obbligate a passare dall’omonimo stretto e attraverso l’oceano Indiano per raggiungere l’Europa. Più di una volta gli assetti della Marina dell’Esercito popolare di liberazione (Plan) si sono avventurati nel golfo del Bengala, addestrandosi nella protezione delle rotte commerciali e nel rafforzamento della proiezione strategica di Pechino. Rilanciando le sue capacità nella medesima area, l’India lancia la sua sfida alla Cina e contesta i sogni di egemonia asiatica del fu Impero Celeste. A dispetto di quanto allineamenti occasionali come il Brics possano far credere, India e Cina sono nemici secolari. Non a caso, la decisione di potenziare le capacità navali indiane rappresenta una pistola puntata agli interessi commerciali di Pechino, senza dimenticare che i sottomarini che usciranno dalla futura base di Varsha saranno equipaggiati con missili nucleari in grado raggiungere facilmente l’entroterra cinese. La rivalità tra i due giganti demografici ha rappresentato una costante della storia asiatica e, indipendentemente da qualche summit, questa contrapposizione è destinata a durare.