Uno sguardo al passato per immaginare un futuro diverso, per le donne e per la società. “Credo nella specificità del femminile e nel suo valore. Anche se riscontro che nella nostra società questo potenziale non è ancora del tutto valorizzato”, racconta a Formiche.net Lorenza Fruci autrice di “Donne in onda” (Rai Libri)
Un viaggio nella storia delle donne, a settant’anni dalla prima trasmissione televisiva, raccontando la condizione femminile e i cambiamenti della società e del costume che la Rai ha saputo cogliere nella loro continua evoluzione. Attraverso inchieste, documentari, satire, programmi, testimonianze.
Ed è la puntuale ricostruzione, dal 1954 ai nostri giorni, del libro Donne in onda di Lorenza Fruci (ed. Rai Libri), giornalista, già assessora alla cultura di Roma Capitale e autrice, con Anna Bisogno – regista Luca Rea – e il supporto di Rai Teche, del programma 30×70 – Se dico donna per descrivere il valore di trenta figure femminili della tv pubblica.
Una prospettiva in cui l’azienda televisiva è specchio ma anche generatrice di identità dell’immaginario femminile nel mutare dei contesti socio-culturali.
Decenni di storia visti dalla parte delle donne. Per scoprire che “in ogni ‘marea’ di emancipazione delle donne c’è stata una conquista di libertà per l’intero genere umano e che, quindi, tra le ‘onde’ della storia delle donne c’è anche quella dell’intera umanità”, scrive l’autrice. E quale ruolo ha avuto la televisione nella rappresentazione del variegato mondo femminile?
Negli anni Cinquanta del boom economico, la donna nella società è “angelo del focolare” costretta nel ruolo di moglie e madre, discriminata nel lavoro e nella retribuzione. Nella Rai nata come servizio pubblico, due giovani giornalisti, Giovanni Salvi e Ugo Zatterin realizzano un’inchiesta sul lavoro femminile. Il programma La donna che lavora, in onda nel 1959, mette a nudo la realtà della condizione femminile nel lavoro, di pari passo con il dibattito parlamentare in corso. Il guaio di non essere uomini è il titolo della prima puntata. Ma l’ultima, intitolata Il passato e il futuro, tra buoni propositi e prospettive, si chiude, tuttavia, con una voce fuori campo che ricorda come la “vocazione più dolce e più vera” della donna sia “il ritorno a casa”, in famiglia.
Negli anni Sessanta, in un periodo di costante tensione tra immagine femminile tradizionale e moderna, sono protagoniste donne di spettacolo e di grande talento. Lo sguardo femminile della giovane regista Rai Liliana Cavani, in occasione del 20° anno della liberazione, guardando alle donne della Resistenza, ne evidenzia il coraggio di varcare limiti e sovvertire equilibri di genere. Un atto rivoluzionario per uscire da ruoli tradizionali e costruire un mondo diverso. La stagione dei grandi cambiamenti, divorzio, aborto e diritto di famiglia, e dei movimenti femministi degli anni Settanta, vede l’ingresso della pubblicità e la definizione di nuovi stereotipi. La donna “dopo essere stata ingabbiata nel ruolo di angelo del focolare, viene imprigionata in un racconto in cui il suo corpo è sessualizzato e oggettivizzato”.
Ed è il tempo della minigonna come conquista di libertà femminile ma le donne in piazza urlano: “Non siamo le donne di Carosello, vestiti, profumi e niente nel cervello”. Il viaggio nella condizione femminile di Lorenza Fruci continua tra programmi Rai, quali la rubrica scientifica Sapere di Virgilio Sabel e Si dice donna, condotto da Tilde Capomazza, con sei milioni di telespettatori nella prima puntata. Le telecamere Rai ritraggono sempre più quei volti femminili che dimostrano di poter superare steccati e ruoli tradizionali.
E poi c’è l’edonismo degli anni Ottanta e l’impegno politico femminile degli anni Novanta. Alla fine del 1995, Basta lolite in tv è l’iniziativa di alcune parlamentari che porta ad un codice di autoregolamentazione per le reti pubbliche e private a tutela dell’immagine femminile nei programmi, soprattutto delle minorenni. Protagoniste dello schermo televisivo sono le prime inviate di guerra mentre le professioniste dello spettacolo “forti e autoironiche si prendono gioco non solo degli stereotipi ma anche della società patriarcale”, definendo un immaginario femminile in continua trasformazione.
Il libro di Fruci intreccia storia della Rai, costume e diritti delle donne, conquistati o negati.
Pari opportunità, violenza sono i temi del nuovo millennio, in una comunicazione profondamente mutata con il moltiplicarsi di canali e la nascita di nuove piattaforme. Il dibattito è sulla violenza di genere, sempre più feroce, nelle sue varie forme, pur tra “codice rosso” e altre misure per contenere la drammatica situazione. Mentre serie televisive e fiction portano sullo schermo “nuovi ruoli femminili che valorizzano l’intraprendenza e le capacità delle donne, mettendone in luce le differenze rispetto all’universo maschile, alle prese con la conciliazione di vita privata e professionale”.
Ma la diversità, la specificità femminile è considerata un valore aggiunto o un minus? Lo chiediamo all’autrice.
“Credo nella specificità del femminile e nel suo valore. Anche se riscontro che nella nostra società questo potenziale non è ancora del tutto valorizzato. Lo sguardo delle donne permette una prospettiva differente sulle questioni: è una vera e propria risorsa non del tutto espressa che potrebbe cambiare l’assetto della società”.
E come è cambiata l’immagine della donna, nel “piccolo schermo” e nella società?
“Oggi la condizione delle donne riguarda molto anche il tema della leadership femminile. Le donne veicolano la loro autorevolezza seguendo codici diversi da quelli del sistema di potere maschile (che si è perpetuato nei secoli) e che sono stati decodificati dalla società. Gestiscono sistemi complessi attraverso reti e cooperazione, hanno attenzione per l’inclusività, sfruttano maggiormente l’intelligenza emotiva e sono più predisposte ai cambiamenti. Sarebbe utile che anche la tv si interessasse a questo aspetto del mondo femminile. Un programma televisivo che parli, per esempio, della specificità della leadership delle donne potrebbe raccontare uno spaccato ancora poco noto ai più, e soprattutto proporre nuovi modelli per le nuove generazioni”, afferma Fruci.
Donne in onda guarda, dunque, al passato per immaginare un futuro diverso, per le donne e per la società. Può il servizio televisivo pubblico contribuire ad affermare un’identità femminile non riconosciuta come ricchezza e, spesso, mortificata e sottovalutata?