Da poco più che giocattoli a veri e propri game changer, i droni commerciali hanno dimostrato come un loro utilizzo massiccio possa portare a risultati operativi finora inaspettati. Scoperto che l’uovo di Colombo può restare in piedi, il resto è tutto un lavoro di inventiva. In questa ottica si inserisce un esperimento condotto dagli Ussari francesi, che hanno riconvertito un drone Fpv in un’arma anticarro
I droni stanno cambiando radicalmente l’aspetto dei campi di battaglia. Dalle offensive aeree al pattugliamento marittimo e subacqueo, i veicoli a pilotaggio remoto costellano i programmi di pianificazione e ammodernamento militare. Da interi caccia in grado di volare senza un pilota a navi cacciamine automatizzate, l’intero spettro della conflittualità si sta popolando di veri e propri robot da guerra. Tuttavia, e per quanto assurdo possa pensare, i cambiamenti maggiori sul campo di battaglia sono portati dai droni Fpv (First person view), altrimenti noti come droni commerciali.
Non diversi (se non proprio lo stesso modello) dai piccoli droni utilizzati per girare video all’aperto, gli assetti Fpv possono trasformarsi in armi letali. Basta agganciare una granata a frammentazione o un esplosivo al plastico sotto al drone, farlo volare sulle posizioni nemiche e azionare il comando per il rilascio o l’innesco e il gioco è fatto. Se nelle trincee della Prima guerra mondiale il grido “Gas, gas, gas!” bastava a instillare nei soldati la paura di una morte sicura, oggi è l’impercettibile ronzio delle piccole eliche degli Fpv a seminare il terrore sul campo di battaglia. Internet abbonda di video che ritraggono soldati colpiti nelle loro buche o inseguiti per centinaia di metri in campo aperto da bombe volanti che non si stancano e non riprendono fiato. I droni Fpv sono economici, facilmente sacrificabili, producibili in massa e capaci di prendere parte a missioni suicide che, se di successo, possono portare a grandi risultati in termini di costo/effetto. E se anche gli Fpv falliscono, questo comporta al più la perdita di un assetto che può costare al massimo qualche centinaio di dollari. Una maggiore componente di droni Fpv nelle Forze armate non può solo innalzare il livello capacitivo dei reparti, ma anche costituire un moltiplicatore di forza a basso costo per quegli eserciti che si trovano oggi a dover colmare consistenti gap di organico ed equipaggiamenti.
In questa ottica, l’esercito francese ha sviluppato una nuova arma anticarro che sfrutta proprio i droni Fpv. Il primo reggimento di Ussari Paracadutisti ha infatti modificato un drone Fpv equipaggiandolo con delle granate pensate per i fucili di fanteria, la AC58 e la APAV 40. L’unione tra il drone e l’esplosivo, capace di penetrare fino a 35cm nella corazzatura dei mezzi, ha dato vita a un’arma anticarro con una gittata dai 50 ai 2,000 metri e con un’autonomia di volo di 30 minuti. Il progetto, sviluppato con una collaborazione tra il reparto militare e centri di ricerca civili, si inserisce nel solco tracciato dalla Legge di programmazione militare (Lpm) 2024-2030 che, tra le altre cose, prevede l’acquisizione di almeno 1,800 munizioni a controllo remoto per le Forze di terra. Benché si tratti di assetti diversi (ma che rientrano comunque nella categoria delle anti-tank weapon), basti pensare che il solo missile del sistema anticarro Javelin costa oltre 200mila dollari, mentre il costo totale di questo Fpv modificato avrà difficilmente superato la soglia dei mille dollari a esemplare. Questo progetto, che verrà probabilmente emulato su vasta scala, dimostra come accorgimenti minimi e dai costi irrisori possano costituire un possibile game changer sul piano tattico.
(Foto: ministero della Difesa francese)