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Ecco cosa dovrebbe fare l’Europa con Trump. L’analisi di Ecfr

Mark Leonard, Célia Belin, Marta Prochwicz Jazowska, Jana Puglierin, Maria Simeonova, José Ignacio Torreblanca e Arturo Varvelli, direttori degli uffici europei di Ecfr, offrono un’analisi su come l’Europa debba prepararsi ad affrontare le sfide poste dal ritorno di Trump, dalla sicurezza alla coesione interna, fino alla gestione dei rapporti transatlantici

La rielezione di Donald Trump solleva preoccupazioni per l’Europa, che dovrà evitare reazioni impulsive e rimanere unita per difendere i propri interessi in sicurezza, commercio e politica estera. La questione ucraina sarà un banco di prova: Trump potrebbe spingere per accordi che dividerebbero l’Europa e lascerebbero Kyiv esposta. Allo stesso tempo, un possibile disimpegno americano nella Nato e un maggiore focus degli Stati Uniti sulla Cina sollecitano l’Europa a prepararsi per una difesa più autonoma, portandola contemporaneamente a dover fare fronte comune su Pechino.

In vari Paesi europei, il rischio è anche un aumento di influenze esterne (mosse soprattutto dalla Russia) e di spinte estremiste interne (alimentate dalle simpatie per le politiche nazionaliste di Trump). L’Europa, per proteggere la propria sicurezza e l’unità interna, dovrà quindi sviluppare una strategia coordinata e stabile per affrontare le sfide poste dal nuovo corso americano, difendendo i propri valori e interessi economici anche con una maggiore autonomia dagli Stati Uniti.

Per commentare la vittoria elettorale del repubblicano, preparando il terreno alle future policy da formulare, l’European Council of Foreign Relations (Ecfr) ha raccolto una serie di commenti analitici. Formiche.net li ha ricevuto e organizzati per delineare l’analisi di direttrici e direttori dei vari uffici del think tank paneuropeo.

Londra: evitare panico e negazione

Mark Leonard, direttore di Ecfr e responsabile dell’ufficio di Londra, sottolinea la necessità per l’Europa di evitare due trappole: “Mentre l’Europa si risveglia di fronte ai risultati delle elezioni negli Stati Uniti, è importante evitare panico e negazione”. Da un lato, il pericolo è che gli stati più preoccupati per la propria sicurezza vadano nel panico e si affrettino a Washington per cercare accordi bilaterali speciali. L’altro rischio è non prendere sul serio Trump e non prepararsi a un mondo nuovo. “È fondamentale che gli europei rimangano calmi e utilizzino le prossime settimane per concordare i loro interessi comuni in materia di sicurezza, Ucraina e commercio, e per stabilire come difenderli: con gli Stati Uniti quando possiamo, da soli se necessario. La chiave sarà proteggerci da pressioni economiche o di sicurezza tramite un pensiero e un’azione comuni. L’Europa deve imparare a difendersi con less America”.

Leonard osserva inoltre che “la vittoria di Trump cambia completamente il contesto per le relazioni dell’Ue con il Regno Unito”. Per Bruxelles e altre capitali, ora dovrebbe esserci uno sforzo concertato per fare un’offerta grande e audace al Londra per creare una nuova partnership. È anche “vitale” che Keir Starmer colga l’occasione e dia segnali che il Regno Unito lavorerà per rendere l’Europa più forte e più unita. Dovrebbe mettere sul tavolo tutto il suo impegno, incluso esplorare come il deterrente nucleare britannico possa contribuire alla sicurezza collettiva europea. “Dovrebbe spiegare come il Regno Unito può aiutare ad estendere il potere e la sicurezza europea attraverso la cooperazione su sanzioni, controlli tecnologici, catene di approvvigionamento, materie prime critiche, sicurezza energetica, migrazione e azione congiunta contro bande e trafficanti di esseri di esseri umani, tra le varie aree”,

Parigi: una sfida storica

Célia Belin, responsabile di Ecfr a Parigi, sottolinea come “la rielezione di Trump avrà conseguenze storiche, in termini di politica e geopolitica, con gli Stati Uniti guidati da Trump che “porranno sfide senza precedenti all’Europa su una vasta gamma di questioni globali: Ucraina, Nato, Cina, commercio globale e clima”. Belin ritiene che il primo banco di prova per le relazioni transatlantiche sarà l’Ucraina: “Trump ha promesso al suo elettorato di porre fine alla guerra in Ucraina in 24 ore, gli europei dovranno prendere decisioni se partecipare alle negoziazioni e quale sia un risultato accettabile. Poiché il vicepresidente eletto JD Vance ha ventilato l’idea di neutralità per l’Ucraina e riconoscimento delle conquiste territoriali della Russia, dobbiamo aspettarci profonde divisioni tra gli europei”.

Belin spiega inoltre che la politica estera di Trump sarà “istintiva” e “può essere erratica, ma opererà in un ecosistema vincolante”, dovendo fare i conti con diverse correnti all’interno del suo partito, oggetto di uno studio del think tank curato tra gli altri da Belin stessa. “In queste circostanze, l’Europa non ha altra scelta che preparare una risposta unita e potente collettivamente. I leader europei devono evitare la tentazione del transazionalismo e della bilateralizzazione, che diluirebbero il potere dei singoli Stati. Al contrario, devono costruire un messaggio coordinato da portare a Washington”. Per Belino, l’Ue deve elaborare una strategia per impegnarsi con gli Stati Uniti, che resista alla prova del tempo e delle variazioni presidenziali, che difenda e promuova gli interessi europei.

Varsavia: le preoccupazioni della Polonia

Marta Prochwicz Jazowska, vice-responsabile dell’ufficio di Ecfr a Varsavia, elenca le principali preoccupazioni della Polonia: Ucraina, Nato e presenza delle truppe statunitensi. “Se la retorica della campagna elettorale di Trump diventa la sua politica e tenta di porre fine alla guerra in Ucraina, le ripercussioni per la Polonia saranno esistenziali. Un accordo di cessate il fuoco senza garanzie di sicurezza valide per Kyiv porterà a un altro attacco russo all’Ucraina”.

C’è inoltre “un grande timore di un indebolimento della Nato”, spiega: “Un singolo post sui social media del presidente Trump ha la capacità di indebolire l’Articolo 5 e incoraggiare la Russia” ad azioni nell’ex arco sovietico. Sul piano interno, la politica polacca risente delle divisioni riguardanti l’allineamento personale con Trump, influenzando il dibattito pubblico in vista delle elezioni presidenziali del 2025. Intanto, il governo polacco “equilibrerà” i legami tra Stati Uniti ed Europa. “Con gli Stati Uniti, presenterà tutti i fatti che sono in linea con le aspettative di Trump per l’Europa: spesa militare oltre il due per cento e acquisto di armi statunitensi. Con gli europei (Francia, Regno Unito, nordici e Baltici in particolare) il governo polacco lavorerà insieme per sostenere l’Ucraina e una difesa europea comune complementare alla Nato e finanziata dalla spesa congiunta dell’Ue”.

Berlino: una sfida per Scholz

Jana Puglierin, responsabile di Ecfr a Berlino, prevede che la Germania avrà grosse difficoltà. “Ancora una volta, come nel 2016, è un cancelliere tedesco a intrattenere un rapporto particolarmente stretto con il predecessore democratico di Trump. Joe Biden era il partner internazionale più importante per Olaf Scholz. Dall’epoca di George W. Bush, i rapporti della Germania con i presidenti repubblicani sono stati freddi, mentre quelli con le amministrazioni democratiche sono stati affettuosi”. Non guasta ricordare come fa Puglierin che nella cerchia di Trump, la Germania è vista come “un parassita ricco che dovrebbe pagare per la guerra della Russia contro l’Ucraina nel suo stesso cortile per liberare le risorse statunitensi per altre esigenze”.

Le preoccupazioni di Berlino includono il rischio che Trump possa “negoziare un accordo sull’Ucraina sopra le teste degli europei e a scapito dell’Europa, ma anche il futuro della Nato e delle garanzie di sicurezza americane sono fonti di ansia, così come la ricerca americana di contenere il potere economico della Cina — e Berlino è vista come troppo dipendente economicamente dalla Cina. La mancanza di una dimensione europea nella “Zeitenwende” tedesca ora si fa sentire, da notare la thinktankers, rendendo più difficile affrontare le nuove sfide geopolitiche.

Sofia: l’influenza russa e l’estremismo

Maria Simeonova, responsabile dell’ufficio di a Sofia, segnala che “la più grande minaccia per gli sviluppi politici in Bulgaria dopo le elezioni statunitensi è un potenziale aumento dell’estremismo attraverso progetti politici pro-Cremlino incoraggiati dalla vittoria di Trump. Questi non solo simpatizzano con Trump ma anche con leader europei come Viktor Orbán, che sostengono agende nazionaliste e chiedono la pace immediata in Ucraina, indipendentemente dai costi”.

L’attenzione di Washington verso la Bulgaria si concentra sul limitare l’influenza russa e affrontare la corruzione politica, di solito. Tuttavia, una deviazione da queste priorità da parte della nuova amministrazione statunitense ha il potenziale di influenzare negativamente l’agenda pro-riformista in Bulgaria, che fa affidamento sugli Stati Uniti all’interno della comunità euro-atlantica per combattere le dipendenze energetiche ed economiche. “La Bulgaria può servire come caso per esplorare come gli Stati membri più piccoli dell’Ue possano stimolare il pensiero strategico dell’Unione in un contesto geopolitico in cui gli Stati Uniti saranno meno presenti, specialmente nella più ampia regione del Mar Nero che è altamente esposta ai rischi per la sicurezza”.

Madrid: preoccupazioni per l’unità europea

José Ignacio Torreblanca, responsabile di Madrid, commenta che “per la Spagna, un Paese molto pro-Ue, l’elezione di Trump è una pessima notizia. La Spagna teme che l’Unione si divida e cercherà quindi di promuovere l’unità europea nel rispondere alle sfide economiche e di sicurezza poste da Trump, specialmente per quanto riguarda le relazioni commerciali e le sanzioni”. Torreblanca rileva inoltre che il governo progressista spagnolo guidato da Pedro Sánchez sarà preoccupato che la rielezione di Trump possa incoraggiare l’estrema destra in Europa, e dunque anche in Spagna.

Anche l’impatto sull’America Latina sarà seguito con attenzione da Madrid. “In termini di politica estera, la Spagna sta sottospendendo per la difesa, quindi dovrà affrontare pressioni per spendere di più e acquistare armi americane, molto probabilmente F35. La Spagna vedrà anche la sua politica in Medio Oriente messa in discussione, poiché si è spesso scontrata con Israele dal 7 ottobre e ha promosso il riconoscimento dello stato della Palestina”.

Roma: tensioni interne nel governo Meloni

Arturo Varvelli, capo dell’ufficio di Ecfr a Roma, descrive una situazione complessa per la premier italiana: “Giorgia Meloni si trova tra due tendenze molto diverse: l’aggressivo trumpismo del vice primo ministro Matteo Salvini e la moderazione compassionevole e l’europeismo del ministro degli Esteri Antonio Tajani. Meloni è andata avanti con Musk, e i due hanno stabilito una relazione personale. Il rischio di bilateralizzare le relazioni è forte, potenzialmente minando gli sforzi per stabilire una posizione europea comune”.

L’obiettivo di Meloni di fare dell’Italia un ponte tra Ue e Stati Uniti appare complesso da realizzare, ma una relazione privilegiata con Trump potrebbe portare vantaggi a Roma, specialmente in settori strategici (come l’agrifood, (“un’area cruciale nelle relazioni tra Italia e Stati Uniti”). Tuttavia, “la presidenza di Trump potrebbe essere divisiva per il governo italiano […]. Secondo i sondaggi, solo il partito di Salvini ha favorito Trump, mentre gli elettori di Fratelli d’Italia hanno ampiamente sostenuto Kamala Harris. Meloni dovrà decidere la sua linea d’azione, ma su alcune questioni, come la difesa, probabilmente dovrà allinearsi con l’Europa più che in passato”.



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