Skip to main content

Ecco l’effetto Trump nell’Indo-Pacifico secondo Pugliese

Per Giulio Pugliese, direttore dell’EU-Asia Project all’European University Institute e lecturer in Strategic Communications al King’s College, “la rete latticework dell’amministrazione Biden ha comportato l’empowerment degli alleati e la capacità di diversificarsi dall’America, ma in concerto con essa, nel contesto della competizione strategica”

La rielezione di Donald Trump alla Casa Bianca come 47° Presidente degli Stati Uniti promette di avere un impatto dirompente sulla politica internazionale. Come leader della superpotenza globale per eccellenza, Trump porterà il suo approccio caratterizzato da discontinuità e imprevedibilità, ridefinendo molte delle dinamiche degli ultimi anni. Tuttavia, alcuni aspetti della strategia americana sono destinati a rimanere costanti, sostenuti da interessi bipartisan di lungo termine.

Tra questi, l’attenzione all’Indo-Pacifico e il contenimento della Cina continueranno a essere centrali. L’“effetto Trump” potrebbe però introdurre un panorama complesso, con nuovi accordi transazionali sia con gli alleati che con rivali storici, come già visto in passato.

Per Giulio Pugliese, direttore dell’EU-Asia Project all’European University Institute e lecturer in Strategic Communications al King’s College, il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca “mette in dubbio se e come il latticework del suo predecessore sarà mantenuto, specialmente per quanto riguarda la cooperazione nel settore della difesa industriale”. Pugliese fa notare che il presidente eletto è particolarmente preoccupato per i deficit commerciali, “sia con amici che con avversari”, e ha una profonda avversione per gli organismi multilaterali poiché riducono la leva e il potere strutturale degli Stati Uniti. “Ciò, insieme al suo stile transazionale, talvolta mercenario, in cui la protezione militare degli Stati Uniti si basa sulla rettifica dei deficit commerciali e sull’aumento del supporto finanziario da parte dei Paesi ospitanti, viene spesso compensato con ricche esportazioni militari americane”.

Nell’analisi di Pugliese, l’ideologia “America First” di Trump probabilmente esaspererà tre fattori strutturali: competizione geopolitica e ritorno della multipolarità, corsa alle tecnologie emergenti e distruttive, ritorno dell’intervento statale. Tutto questo è riassumibile nella competizione strategica tra Stati Uniti e Cina. Pugliese ricorda che l’inclusione della Cina nell’agenda della Nato e nell’agenda cooperativa Nato-IP4 (gli “Indo-Pacific 4” sono Giappone, Corea del Sud, Australia e Nuova Zelanda) è stata concepita sotto l’amministrazione Trump, ma è stata l’amministrazione Biden a sfruttare più a fondo alleanze e partenariati orientati a entente di sicurezza multilivello, insieme al rafforzamento delle partnership strategiche con e tra attori asiatici ed europei, puntando a una maggiore condivisione dell’intelligence, co-gestione, interoperabilità, accesso alle rispettive basi militari (e supporto logistico) e alla modernizzazione delle forze armate.

“La rete latticework dell’amministrazione Biden ha comportato l’empowerment degli alleati e la capacità di diversificarsi dall’America, ma in concerto con essa, nel contesto della competizione strategica. In breve, la diplomazia delle medie potenze, nel contesto della competizione tra Usa e Cina, è stata spesso un sottoprodotto dell’allineamento con gli Stati Uniti e con il ‘G7plus’ guidato dagli Usa”. Lo resterà con Trump?

(L’intervista al professor Pugliese è tratta da “Effetto Trump nell’Indo-Pacifico”, l’ultima edizione di “Indo-Pacific Salad”)



×

Iscriviti alla newsletter