Le lunghe trattative che hanno portato alla designazione del vicepresidente esecutivo, Raffaele Fitto, sono state condotte dal Partito popolare. In questo, la “tela” di Tajani è stata fondamentale. Ora l’Ecr di fatto entra in maggioranza: la linea del Piave sarà il voto alla Commissione mercoledì prossimo. Colloquio con Fulvio Martusciello, capodelegazione nazionale del Ppe
La trama della tela è tricolore. L’aver superato i veti ed essere arrivati alla convergenza per il via libera alle due vicepresidenze esecutive di Teresa Ribera e Raffaele Fitto è, prima di tutto, un risultato figlio della mediazione. Il Ppe ha giocato un ruolo determinante, tant’è che il capodelegazione nazionale e membro dell’ufficio di presidenza, Fulvio Martuscello, sulle colonne di Formich.net definisce il via libera in particolare su Fitto “una vittoria dei popolari”.
Prima di tutto, la designazione di Fitto, è una vittoria per l’Italia.
Non c’è dubbio. Così come è un risultato importantissimo frutto dell’azione del premier Giorgia Meloni, ma la trattativa che ha portato a questo risultato è stata condotta dal vicepremier Antonio Tajani. E Fitto ha trovato riparo sotto l’ombrello dei popolari.
Adesso che tipo di approccio dovrà avere il neo vicepresidente esecutivo?
Quello indicato già nella lettera d’incarico che gli è stata recapitata dalla presidente della Commissione, Ursula Von der Leyen. Il pragmatismo è un tratto peculiare di Fitto e, in particolare sui dossier di cui dovrà occuparsi – dai fondi europei, passando per il Pnrr, finendo con riforme e coesione – ce ne vorrà tantissimo. Così come ci vorrà un approccio di buonsenso e non ideologico al Green Deal, per salvaguardare un comparto produttivo strategico come quello dell’automotive.
Alla luce di questa nomina, che ruolo avrà ora il gruppo Ecr?
I Conservatori entrano, di fatto, a pieno titolo all’interno della maggioranza che sostiene Ursula von der Leyen. Caso mai i problemi, ora, li avrà qualcun altro.
Cosa intende dire?
La vera linea del Piave sarà la votazione del 27. Chi vota la Commissione sarà all’interno del perimetro europeo, chi voterà contro sarà fuori. È quello il vero cordone sanitario.
Immagino che il suo riferimento sia al gruppo dei Verdi.
Vede, anche sulla designazione di Fitto e Ribera si sono viste plasticamente due immagini molto chiare. Da una parte un’Europa responsabile, che comprende anche il gruppo dei Socialisti con i quali è stato raggiunto un accordo. Dall’altra chi ha continuato sulla strada dei veti.
Posto che i Patrioti non voteranno la Commissione, cosa pensa che possa succede qualora anche il voto dei Verdi dovesse essere contrario?
Entrando in maggioranza, il gruppo dei Verdi ha ottenuto una serie di incarichi – anche piuttosto rilevanti – in seno alle istituzioni europee. Se dovessero votare contro la Commissione il 27, penso sarebbe giusto che rinunciassero a tutto.
In questo quadro piuttosto turbolento, non aiuta certo la prospettiva delle elezioni anticipate in Germania. Lei come la vede?
Penso che le elezioni tedesche rappresentino davvero la sfida delle sfide. Se si ferma la Germania, si ferma l’Europa intera. In questo contesto, l’auspicio è che si rafforzi la Cdu e che si possa profilare l’insediamento di un governo stabile e forte.
Ciò che, invece, non è accaduto in Francia.
La Francia è traballante e, dopo tutti questi scossoni politici, sta progressivamente perdendo larga parte della sua identità.
Torniamo alla trattativa per Ribera e Fitto. Il confronto è stato serrato e, solamente in tarda serata, è arrivato l’accordo. Cos’è successo, realmente?
La trattativa, per due incarichi così importanti, è normale che si sia protratta fino a tarda ora. È in qualche modo un rituale che doveva consumarsi. Tant’è che si vocifera che Manfred Weber, come il principe di Condè la notte prima di Rocroi, ha dormito a lungo al pomeriggio per poi riuscire a trattare fino a tardi.