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Formazione e competenze, il binomio possibile per la crescita. Parla Galgano

La differenza tra un’economia che cresce e una in declino sta quasi tutta nel riuscire a colmare il gap tra domanda di competenze e risposta del mercato. E anche dello Stato. Intervista ad Andrea Galgano, alla guida dell’omonimo gruppo leader nella formazione finanziata

Da pochi mesi Digit’Ed ha dato il benvenuto al gruppo Galgano Informatica, leader nei servizi alla formazione del personale finanziata dai principali fondi paritetici interprofessionali. Fondato nel 1983 dall’ingegnere Antonio Galgano, il gruppo è cresciuto con successo sotto la guida del figlio Andrea. E proprio con quest’ultimo Formiche.net ha parlato di quanto oggi la formazione sia il sale della crescita e dello sviluppo.

In un mondo sempre più competitivo, in piena transizione ecologica e con una concorrenza che di fatto ha posto fine ai grandi monopoli, che importanza riveste in un’azienda il fattore competenze?

Nel contesto attuale, caratterizzato da una crescente complessità e da rapide trasformazioni tecnologiche e ambientali, le competenze rappresentano un fattore strategico essenziale. In passato, molti settori economici erano dominati da grandi attori in posizioni monopolistiche; oggi invece la concorrenza è aperta e globale. A fare la differenza per la competitività di un’azienda e del Paese non è più solo il capitale o la tecnologia, ma la qualità e l’aggiornamento costante delle competenze. Per questo c’è una crescente consapevolezza dell’importanza della formazione e della riqualificazione professionale. Così come lo Stato investe nelle infrastrutture e nel settore sanitario, risulta oggi imprescindibile destinare risorse alla qualificazione dei lavoratori. Solo colmando il divario tra le competenze richieste e quelle disponibili sarà possibile affrontare efficacemente le sfide di un mercato in costante evoluzione. Tanto è vero che il governo sta dedicando un miliardo di euro ai fondi interprofessionali, un altro miliardo al Fondo nuove competenze e un ulteriore miliardo per upskilling e reskilling destinata alle persone in cerca di lavoro, all’interno del piano Gol (Garanzia occupabilità lavoratori).

Il Pnrr porta in dote una cospicua mole di investimenti nella formazione. Crede che l’Italia abbia saputo cogliere a pieno questa grande opportunità?

L’Italia sta intraprendendo un percorso ambizioso con il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr), ma si trova di fronte a un paradosso: da un lato, il tasso di occupazione è da record, con un numero mai così alto prima di persone che lavorano; dall’altro, c’è un’alta percentuale di persone inoccupate o che non cercano lavoro e molte aziende faticano a trovare personale con le competenze giuste per soddisfare le loro crescenti esigenze. Questa situazione è il risultato di due fattori principali: le politiche passive del passato, che in alcuni casi hanno disincentivato la ricerca attiva di lavoro, e il gap formativo, ossia la disconnessione tra le competenze ricercate dalle aziende e quelle possedute da chi cerca lavoro.
Per affrontare questa situazione, lo Stato ha deciso di destinare risorse importanti a iniziative di formazione e riqualificazione dei lavoratori. L’obiettivo è offrire nuove competenze a chi è inoccupato, migliorando le opportunità di impiego. Ad esempio, il programma Gol (Garanzia Occupabilità Lavoratori), che è un’azione di riforma prevista dal Pnrr, ha l’obiettivo di accompagnare le persone alla ricerca del lavoro e prevede strumenti e misure per favorire il loro inserimento/reinserimento lavorativo oppure per avviare percorsi di riqualificazione.

Se mettiamo a fattor comune l’importanza delle competenze e il ruolo del Pnrr nel miglioramento di queste ultime, che cosa le viene da chiedere al governo in carica?

In un momento in cui le risorse sono presenti, ma la regolamentazione del loro utilizzo è delegata alle singole regioni, sorgono notevoli complessità operative per chi si occupa di formazione finanziata. La diversificazione delle normative regionali e la burocrazia non ostacolano tanto l’accesso ai fondi, quanto la loro rapida e concreta applicazione. Inoltre, i controlli spesso si concentrano più sulla documentazione formale che sull’effettivo impatto formativo. Chiederei quindi al governo di intensificare gli sforzi per facilitare l’accesso alla formazione finanziata, semplificando i processi burocratici e incentivando forme di apprendimento che siano davvero utili per le aziende e i lavoratori. Serve una semplificazione dei processi e una maggiore uniformità nazionale, che permetta di gestire le risorse in modo efficiente e mirato alle reali esigenze di formazione. È essenziale che il sistema normativo sia snello e flessibile, in modo da permettere alle imprese di aggiornare le competenze del proprio personale in tempi rapidi, senza ostacoli burocratici che rallentano l’innovazione.
Mi auguro, inoltre, che il governo possa garantire un monitoraggio continuo e capillare dell’efficacia dei programmi formativi, affinché i fondi vengano destinati in maniera strategica e non dispersi. Solo in questo modo il Pnrr potrà rappresentare un volano reale di crescita e competitività per il nostro Paese.

Oggi la formazione finanziata rappresenta un veicolo strategico per le imprese desiderose di potenziare e arricchire le competenze dei propri dipendenti. In Italia sono attivi 19 Fondi, accessibili a tutti i settori produttivi. L’inclusione del Fondo Nuove Competenze nel Pnrr che tipo di spinta ha dato in questo senso?

L’inclusione del Fondo nuove competenze all’interno del Pnrr ha rappresentato un forte incentivo per molte imprese, che oggi possono contare su un supporto concreto per colmare il divario tra le competenze attuali e quelle richieste dal mercato. Il Fondo nuove competenze è un contributo a fondo perduto che copre il costo indiretto della formazione e che consente alle imprese di ricevere un rimborso per le ore spese dai dipendenti in corsi di formazione. Dal 2020 sono stati stanziati circa 2 miliardi di euro per il Fondo. Pur essendo una misura importante, la sua applicazione è ancora limitata, anche se ha avuto successo in numerosi settori. In conclusione, questi strumenti, politiche attive per il lavoro, formazione continua, e il fondo nuove competenze, sono i tre pilastri che lo Stato ha messo in campo per supportare le imprese, migliorare la preparazione dei lavoratori e favorire la transizione verso un futuro più digitale ed ecologico.

Pochi mesi fa Galgano è entrata in Digit’Ed. Vuole spiegare il senso e la missione che sono a fondamento dell’operazione?

Quando guardo a Digit’Ed, non vedo solo un partner finanziario, ma un partner industriale, che porta con sé competenze strategiche e operative che a noi mancavano. La nostra azienda, ha più di quarant’anni di storia e si è sempre concentrata su piccole, medie imprese italiane, mentre Digit’Ed ha tradizionalmente lavorato con grandi aziende e multinazionali. Così, il nostro incontro è stato naturale, ci siamo trovati, ci siamo piaciuti, e abbiamo avviato una collaborazione che ha portato alla creazione di questo matrimonio. Digit’Ed d’altro canto ha trovato in noi un partner solido e competente nel panorama della formazione finanziata. Questo mercato, che si articola attraverso un complesso sistema di contributi messi a disposizione dallo Stato, è particolarmente rilevante in questo periodo, soprattutto con l’integrazione delle politiche legate al Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), che porta a una disponibilità complessiva di circa tre miliardi di euro. Con l’attuale dotazione finanziaria, senza precedenti, è emersa la necessità reciproca di elevare la capacità di erogazione della formazione attraverso un partner industriale esperto, così da proporsi al mercato in modo strutturato e qualificato.

Dal Pnrr sono stati destinati milioni di euro per la formazione. In quali progetti concreti sono stati trasformati?

Questi fondi si stanno concretizzando in una serie di progetti diversificati, che coprono vari ambiti formativi e settori produttivi. Parliamo di programmi di aggiornamento per competenze digitali avanzate, formazione specifica per la transizione ecologica e progetti di riqualificazione per lavoratori che operano in settori in evoluzione. Un altro aspetto rilevante è la creazione di percorsi di formazione personalizzati per pmi e aziende di settori strategici, come l’industria 4.0 e le energie rinnovabili. Emergono alcuni dati rilevanti forniti da Isfol (Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori. Dal 2018 al 2022, i Fondi Interprofessionali hanno raggiunto oltre 8,8 milioni di lavoratori con 358 avvisi pubblicati e un investimento complessivo superiore a 2 miliardi di euro, evidenziando un crescente interesse e partecipazione delle aziende italiane. Inoltre, grazie a un finanziamento complessivo di 2,33 miliardi di euro stanziati da Fnc, sono state realizzate 93 milioni di ore di formazione che hanno coinvolto più di 700 mila lavoratori. Questo supporto ha aiutato le imprese ad affrontare la digitalizzazione, la sostenibilità ambientale e altre sfide emergenti. I fondi del Pnrr stanno quindi finanziando iniziative che non solo permettono alle aziende di rimanere competitive, ma anche di rispondere in maniera proattiva ai cambiamenti del mercato e alle esigenze future del mondo del lavoro.


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