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Harris o Trump. Quale futuro per Intelligenza Artificiale e Big tech

In base a chi entrerà alla Casa Bianca, ci saranno ripercussioni sul settore tech. Mentre la democratica potrebbe seguire le orme di Joe Biden, magari calcandole con più forza, il tycoon potrebbe scagliarsi con più forza contro le Big Tech come aveva già fatto durante la sua presidenza. Con la nuova incognita Elon Musk

Dopo il dibattito televisivo tra Donald Trump e Joe Biden, molti investitori hanno puntato massicciamente sul settore tecnologico. Il loro ragionamento era chiaro: con un candidato democratico così debole, la vittoria del tycoon era scontata, per cui si stavano già adattando alla sua agenda politica. Sebbene non le ami, l’idea era che il repubblicano avesse un approccio differente da quello del presidente in carica, molto meno stringente e soffocante – non che Biden sia stato un cane da caccia contro le Big Tech. Quando tuttavia è stato annunciato il suo ritiro per lasciar spazio a Kamala Harris, quegli stessi investitori si sono sbrigati a ritirare i soldi messi sul piatto.

Tra i due candidati passa molto, forse tutto. La differenza abissale e la conferma arriva anche dall’IA. Due modi di pensare opposti, che avranno conseguenze dirette nel settore più in voga degli ultimi tempi.

Qualora a Washington venisse promossa la candidata democratica, c’è da credere che continuerà a calcare la strada tracciata da Biden, sebbene accelerando. Il presidente americano uscente non ha mai voluto imporre niente alle varie Big Tech, se non responsabilità nel loro lavoro. Il massimo a cui si è spinto è un ordine esecutivo – che ha valenza inferiore a una legge – in cui ha cercato di delineare il quadro entro cui operare, prevedendo un sistema di supervisione per evitare che si generassero strumenti che mettano a rischio la sicurezza nazionale o quella dei cittadini. Probabile che Harris lo riprenda in mano, magari per perfezionarlo. Così come è probabile che possa introdurre nuove tasse per le Big Tech, ragion per cui il mercato ha frenato gli investimenti dopo la sua discesa in campo. Tuttavia, è un’eventualità che di scontato ha poco se non nulla.

Le pressioni su Harris sono molte, a iniziare da quelle avanzate da Reid Hoffman, fondatore di LinkedIn, che ha dato il suo endorsement alla democratica pur chiedendole di rimuovere Lina Khan, presidente della Federal Trade Commission. Il motivo va ritrovato nelle numerose cause antitrust da lei mosse contro le grandi aziende tecnologiche, sebbene Axios ricordi giustamente che giustizia seguirà il suo corso senza badare agli interpreti.

Altro aspetto tutt’altro che secondario è la provenienza di Harris. La California è lo stato start-up, laddove si concentrano le più grandi società tecnologiche. Non tutte le hanno dato l’appoggio, forse perché impaurite dal fatto che possa chiedergli più soldi, ma la vicepresidente deve tener conto anche di questo nell’ottica di un consenso generale.

Dal punto di vista di Trump le cose non sono così chiare. Nella sua carriera, prima da costruttore e poi da politico, ha dato dimostrazione di cambiare molto spesso idea, in base ai propri interessi. C’è tuttavia una certezza: Elon Musk. Il proprietario di X è l’uomo simbolo della campagna elettorale repubblicana e molto probabilmente si ritaglierà uno spazio importante all’interno della futura amministrazione trumpiana. Quale ruolo gli verrà affidato non si sa, ma sicuramente rientrerà nel suo campo e curerà gli interessi della sua azienda – inevitabilmente a discapito delle rivali, a cominciare da OpenAI.

I repubblicani intendono cancellare l’ordine esecutivo di Biden, con il vice J.D. Vance timoroso che una regolamentazione eccessiva possa frenare lo sviluppo. Durante i suoi quattro anni alla Casa Bianca, tuttavia, Trump si è scagliato più volte contro le Big Tech e la sensazione è che possa tornare alla carica qualora vincesse, prendendosela contro quelli che a suo dire lo hanno silenziato sulle proprie piattaforme.

Più facile che l’ex presidente si possa concentrare sugli aspetti di sicurezza nazionale derivanti dall’intelligenza artificiale, in ottica anticinese. E forse qui risiede uno dei pochi elementi di contatto tra i due candidati sulla tecnologia: entrambi vedono la competizione con Pechino una priorità, preannunciando una guerra commerciale, scontentando le proprie imprese tech.



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