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Il G7 Esteri individua sfide e priorità da affrontare uniti

Ucraina, Medio Oriente, Africa, Indo-Pacifico, sfide complesse come Libia, Haiti, Myanmar e Sudan: i ministri degli Esteri del G7 concordano su un’agenda di priorità, minuziosamente elencate in uno statement ricco e dai toni specifici. Ora la sfida politica sarà trasformare queste analisi in azioni concrete

Il capo della diplomazia dei Paesi del G7 – e dei partner esterni – che l’Italia ha riunito tra le colline laziali hanno messo a fuoco le grandi priorità globali in un momento di profonde tensioni geopolitiche. Dall’Ucraina al Medio Oriente, dall’Africa all’Indo-Pacifico, i ministri degli Esteri hanno tracciato un percorso ambizioso per affrontare le sfide del nostro tempo, puntando su resilienza, cooperazione e sviluppo sostenibile, confermando il ruolo che il gruppo intende darsi nella leadership globale – mentre il mondo che il G7 rappresenta finisce costantemente sotto attacco dei Paesi revisionisti raggruppati nell’entità guida che orma va sotto l’acronimo inglese “CRINK” (Cina, Russia, Iran e Corea del Nord).

L’Ucraina, simbolo della resistenza

A quasi tre anni dall’inizio dell’invasione su larga scala russa, il G7 rinnova un sostegno “incrollabile” all’Ucraina. Non solo parole, ma anche azioni concrete però: la creazione dell’iniziativa ERA (Extraordinary Revenue Acceleration) mobiliterà 50 miliardi di dollari per la ricostruzione, con fondi garantiti dal blocco di beni russi. Al centro, il rafforzamento delle infrastrutture energetiche ucraine, cruciali per resistere all’inverno.

Il tono della dichiarazione congiunta decisa dal gruppo è duro verso Mosca: condannati la militarizzazione di Zaporizhzhia, gli attacchi nel Mar Nero e la cooperazione con la Corea del Nord – ormai alleato militare della Russia, che sta dando un sostegno fattivo all’invasione. C’è anche un messaggio chiaro diretto agli alleati e sostenitori di Mosca, come la Cina: l’appoggio, anche se indiretto, alla guerra sarà monitorato e sanzionato.

Le tensioni in Medio Oriente

La crisi esplosa con gli attacchi di Hamas del 10/7 contro Israel ha catalizzato altre attenzioni del gruppo, perché ormai è diventa una situazione multidimensionale e multiforme. L’imperativo è chiaro: fermare la spirale di violenza che minaccia l’intera regione. I ministri chiedono un cessate il fuoco immediato e rilanciano la soluzione dei due Stati come unica via per una pace duratura.

Bilanciando una posizione che potrebbe essere non totalmente apprezzata da Israele, lo statement accusa l’Iran, con i suoi legami con Hamas e Hezbollah e il programma nucleare sempre più avanzato, di essere uno dei principali fattori di destabilizzazione internazionale. La risposta del G7 è duplice: pressione diplomatica per il disarmo e cooperazione internazionale per contenere Teheran. Messaggio che passa mentre ospiti a Fiuggi c’erano anche rappresentanti diplomatici dei Paesi mediorientali.

Indo-Pacifico: tra dialogo e deterrenza

Un altro fronte critico è l’Indo-Pacifico, descritto come “essenziale per la sicurezza e la prosperità globale”. La dichiarazione esprime pieno sostegno all’ASEAN e a progetti specifici come il Luzon Economic Corridor, un’infrastruttura strategica del PGII (Partenariato per le Infrastrutture e gli Investimenti Globali), volta a rafforzare le connessioni regionali e offrire un’alternativa alle influenze cinesi.

La Cina resta nel mirino per le sue rivendicazioni marittime nel Mar Cinese Meridionale e per il supporto militare indiretto alla Russia. “Non vogliamo isolare Pechino”, recita il documento, ma il G7 punta a diversificare le catene di approvvigionamento e a ridurre le dipendenze strategiche, soprattutto nei minerali critici (un esempio: IMEC, il corridoio che lega India, Medio Oriente ed Europa).

L’Africa e l’equità dello sviluppo

Un capitolo importante è dedicato all’Africa, definita “partner centrale” per il G7, anche per volontà diretta dell’Italia (che spera di sostanziare il progetto geopolitico del Piano Mattei anche tramite partnership con gli alleati del Gruppo). Qui emergono iniziative innovative, come l’Hub per l’intelligenza artificiale per lo sviluppo sostenibile, promosso proprio da Roma, e il Corridoio di Lobito, progettato per potenziare le connessioni regionali. A questo si affianca l’African Virtual Investment Platform, pensata per migliorare la trasparenza degli investimenti e attrarre capitali.

Non è solo una questione di infrastrutture, ma di visione: sostenere lo sviluppo africano significa ridurre disuguaglianze e instabilità, che spesso si traducono in migrazioni forzate e crisi regionali. Proiettare l’interesse del G7 nel contenente significa recuperare terreno nei confronti di un pezzo di Global South che nei prossimi anni sarà sempre più determinante.

Una visione complessa, ma non priva di sfide

La dichiarazione non trascura le crisi in altre aree del mondo. In Libia si auspica la fine della frammentazione politica con l’avvio di elezioni libere e inclusive; su Haiti si condanna la violenza delle bande armate, sostenendo la Missione MSS per la stabilità. Anche il Sudan e il Myanmar guadagnano attenzione, con appelli per il rispetto dei diritti umani e la fine dei conflitti.

Il G7 di Fiuggi in definitiva riflette il tentativo dei grandi del mondo di mantenere un equilibrio tra valori e realismo, tra sviluppo e sicurezza. Tuttavia, molte delle iniziative richiederanno non solo volontà politica, ma anche risorse e capacità di coinvolgere partner esterni, in primis le economie emergenti. La vera sfida, dunque, non sarà tanto definire un’agenda globale, un elenco di priorità come quelle indicate nell’accurato statement prodotto oggi, ma tradurre il tutto in azioni concrete, attraverso attività multilaterali e cooperazione.


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