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A che punto siamo con la formazione digitale? Parla Ciacio (Digit’Ed)

Rimane l’aspetto imprescindibile per la rivoluzione tecnologica, quello da cui non si può fuggire per far sì che funzioni. “L’esperienza formativa deve essere semplice e coinvolgente, proprio come nelle applicazioni consumer”, spiega Antonino Ciacio, Head of Technology di Digit’Ed, che vede nell’IA un alleato chiave 

Lo si è detto più volte, nella speranza che faccia effetto: senza formazione accurata e approfondita non ci può essere una rivoluzione digitale. Da presidente di turno del G7, il governo italiano ha posto l’accento sulla necessità di colmare le lacune attraverso la collaborazione tra Paesi, ma questa deve essere una priorità anche delle imprese. A parlare della situazione attuale con Formiche.net è Antonino Ciacio, Head of Technology di Digit’Ed, che parte da una domanda fondamentale: “Siamo certi che la formazione tecnologica possa essere affrontata efficacemente con metodi e strumenti tradizionali?”.

A che punto sono le imprese con la formazione tecnologica?

In un mondo ormai caratterizzato da trasformazioni tecnologiche costanti e repentine, il lifelong learning (la formazione continua) è ormai una priorità per garantire l’occupabilità dei lavoratori e la competitività delle imprese. Gli investimenti in corso sono significativi, anche grazie a varie iniziative di formazione finanziata, come il Fondo Nuove Competenze, che sostengono l’impegno verso la formazione. Tuttavia, sorge una domanda cruciale: siamo certi che la formazione tecnologica possa essere affrontata efficacemente con metodi e strumenti tradizionali? Dal nostro punto di vista, è fondamentale rendere la formazione più esperienziale e sperimentale, ancorandola a casi d’uso reali e concreti per le aziende. In questo modo, è possibile evidenziare i reali vantaggi dell’adozione di soluzioni tecnologiche avanzate e concentrare l’apprendimento sull’uso pratico piuttosto che sulla teoria.

Dal G7 a presidenza italiana è emersa la necessità di cooperare a livello internazionale per colmare le lacune digitali. In che modo si può raggiungere questo obiettivo?

La cooperazione internazionale è essenziale per affrontare le sfide digitali che sono ormai globali. Per raggiungere questo obiettivo, è sicuramente utile sviluppare standard comuni e riconosciuti a livello internazionale per le competenze digitali, in modo che professionisti formati in un Paese possano essere competitivi e parimenti riconosciuti ovunque. La comunità tecnologica è una comunità distribuita davvero in tutto il mondo e iniziative formative che prevedono programmi di scambio e progetti di ricerca congiunti possono favorire la condivisione delle migliori pratiche e delle tecnologie emergenti.

A livello nazionale, invece, la strategia del governo è quella di intervenire per competenze specifiche. Quali sono secondo lei?

Come è emerso dall’ultimo “Outlook Skills Report” realizzato dall’Ocse, le aree più strategiche per lo sviluppo di competenze sono la transizione verde e la transizione digitale. Questo trova riscontro anche a livello nazionale, per cui le competenze principali su cui il governo sta puntando includono: cybersecurity, sostenibilità e intelligenza artificiale, data la crescente importanza che queste aree rivestono per la competitività e la sicurezza del Paese. 

In effetti queste aree sono prioritarie non solo per la crescita economica e sostenibile delle aziende, ma anche per garantire che il Paese possa affrontare le sfide sociali e ambientali del futuro. Tendenza che rivediamo anche nelle scelte dei nostri clienti che privilegiano l’adozione di programmi formativi verticali realizzati con il supporto dei più significativi esperti nel settore per rendere rilevante e concreto il contenuto valorizzando gli impatti che questi temi hanno nella vita personale e da lavoratore di ciascuno di noi e come affrontare praticamente le sfide gestendo i rischi collegati.

La regolamentazione delle nuove tecnologie sembrerebbe affidata a due pensieri: quello statunitense è più lascivo, mentre quello europeo più rigido. Per lei qual è la strada migliore per non soffocare il progresso?

Credo che il miglior approccio sia quello che riesce a trovare un equilibrio tra innovazione e tutela degli individui. Il modello statunitense, più orientato alla libertà d’azione, ha il merito di incentivare la rapidità di sviluppo e la sperimentazione, mentre l’approccio europeo, pur più rigido, protegge maggiormente la privacy e i diritti dei cittadini, aspetti essenziali per costruire fiducia nelle tecnologie. 

L’intelligenza artificiale, pur aprendo nuove possibilità, pone anche sfide etiche. Digit’Ed si impegna a bilanciare questi aspetti attraverso una sperimentazione avanzata all’interno del proprio innovation center, promuovendo una cultura che valorizza l’errore per liberare la creatività ed esplorare soluzioni realmente innovative senza timori. Le iniziative vengono poi valutate sia internamente sia con il coinvolgimento dei clienti, e quelle più promettenti sono scalate e consolidate, con una forte attenzione alla gestione etica dell’IA. Questo approccio include il monitoraggio da parte delle risorse umane, la gestione sicura dei dati e la trasparenza e libertà per gli utenti finali. Per esempio, i nostri sistemi di intelligenza artificiale sono messi a disposizione in ambienti isolati, dove le analisi dei dati e le fonti sono limitate alle informazioni specifiche del cliente. In questo modo, le informazioni rimangono completamente protette e non accessibili al di fuori dei sistemi del cliente.

Quali sono le sfide principali per il settore dell’education digitale oggi?

Oggi i principali canali formativi sono YouTube e TikTok, utilizzati sia nella vita personale che professionale. Se dovessimo cambiare una lampadina, probabilmente cercheremmo un tutorial su YouTube o un reel su TikTok. Perché in pochi minuti qualcuno che ha già svolto quella stessa operazione, ci mostra praticamente come fare, permettendoci di imitare il comportamento mostrato mentre svolgiamo l’attività. La formazione, quindi, è sempre più legata alla sua applicazione concreta nella vita quotidiana.

Per rispondere a queste esigenze, l’esperienza formativa deve essere semplice e coinvolgente, proprio come nelle applicazioni consumer. Con l’avvento dell’IA, ci aspettiamo inoltre che le offerte formative siano personalizzate in base alle nostre specifiche esigenze e abitudini, con la possibilità di interagire in linguaggio naturale, come facciamo con Alexa o Siri. Sul fronte dei dati, è essenziale che siano immediatamente disponibili per abilitare l’IA e supportare analisi descrittive e predittive. Da qui l’opportunità di inaugurare una nuova epoca nell’educazione aziendale, caratterizzata da maggiore apertura, personalizzazione e innovazione che abbiamo cavalcato sviluppando la nostra piattaforma Open Learning, caratterizzata da un’apertura significativa all’innovazione tecnologica e dall’adozione di una formazione ‘aperta’.

Quali sono le tecnologie emergenti su cui puntate per innovare i percorsi formativi?

L’Intelligenza Artificiale rappresenta un elemento chiave e distintivo della nostra offerta. In particolare, la utilizziamo per personalizzare i percorsi formativi, basandoci su input provenienti da assessment o analisi di skill gap, preferenze e interessi dell’utente (come avviene nelle piattaforme di intrattenimento), oltre che sui contributi di HR e manager. L’AI permette inoltre di fornire un chatbot interrogabile in linguaggio naturale, che risponde al learner in modo contestuale, utilizzando le informazioni raccolte dagli storyboard caricati per la specifica installazione del cliente.

Un data warehouse strutturato e dedicato ai dati formativi consente interrogazioni semplici e immediate in linguaggio naturale, rendendo ancora più semplice l’accesso alle informazioni e supportando gli HR nel monitoraggio delle attività e nell’accesso ad analytics descrittivi e predittivi. Abbiamo poi previsto un livello di multicanalità veramente ampio con una versione web, un’app mobile e da oggi anche un’app nativa per smart TV, che offre un’esperienza simile a quella delle piattaforme di intrattenimento. Nel 2025 rilasceremo anche l’applicazione per console di gioco (come PlayStation e Xbox), particolarmente diffuse tra le fasce più giovani della popolazione.

Come vede il futuro della formazione digitale nei prossimi cinque anni?

Nei prossimi cinque anni, la realtà aumentata e la realtà virtuale diventeranno strumenti standard per i corsi pratici e interattivi, soprattutto in ambiti tecnici e scientifici. Noi li usiamo regolarmente nei percorsi formativi in simulazione tramite la nostra società Accurate, leader in Italia nella formazione sanitaria avanzata. In questo settore la simulazione si è affermata come uno strumento imprescindibile per migliorare le competenze dei professionisti in un contesto controllato, attraverso la riproduzione realistica di scenari clinici. 

Un altro tema chiave sarà il “peer-to-peer learning”, ossia la democratizzazione della formazione in cui si supera il concetto di docente tradizionale e si promuovono esperienze concrete e dirette, come accade già sui social, dove ognuno può condividere i propri contributi con la comunità. Siamo quindi tutti docenti e learner allo stesso tempo.

L’Intelligenza Artificiale continuerà a evolvere, permettendo la generazione di corsi personalizzati che rispondano agli specifici gap delle persone, evitando formazione su argomenti già noti. Si prevede anche lo sviluppo di assessment generativi in linguaggio naturale e un’analisi dei fabbisogni formativi basata sui trend e sulle professioni del futuro nel settore specifico.

Ci attendono cambiamenti significativi. In Digit’Ed siamo pronti e impegnati a esplorare queste trasformazioni insieme ai nostri clienti, attraverso una community di innovazione che stiamo per lanciare.


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