Le eccellenze italiane continuano a conquistare porzioni sempre più ampie del mercato. Ma sulla filiera qualcosa non va. E i cambiamenti climatici costano un miliardo all’anno
Se c’è una sicurezza in Italia, è il buon cibo. Verdura, pasta, carne, frutta, sono uno dei pilastri dell’economia tricolore. L’ultimo rapporto Ismea parla fin troppo chiaro. Tra il 2014 e il 2023, le esportazioni agroalimentari italiane sono aumentate dell’87%, superando i 64 miliardi di euro. E anche le importazioni sono cresciute, sebbene a un ritmo inferiore (+55%) e il saldo agroalimentare, pur restando negativo, è notevolmente migliorato. E “questi 64 miliardi possono arrivare a 70 miliardi”, ha detto Matteo Zoppas, presidente dell’Agenzia Ice. “Perché riguardano un comparto che é stato molto supportato dal governo. Per l’agroalimentare Ice ha organizzato 120 iniziative e 56 fiere, e portato in Italia 1950 buyers”.
Tutto merito però, degli investimenti fissi lordi in agricoltura nel 2023 hanno toccato i 12 miliardi di euro, il 2,7% di quelli dell’intera economia, nel quadro di un notevole aumento in termini reali, che nell’ultimo decennio ha interessato tutti i settori, agricoltura compresa (+43,5%). La maggiore propensione a investire dell’agricoltura, si legge nel rapporto Ismea, “misurata dalla più alta incidenza degli investimenti sul valore aggiunto (30% contro 23%), è correlata all’esistenza di risorse dedicate dalle politiche al settore. Secondo i risultati di un’indagine svolta attraverso il panel dell’agricoltura Ismea, il 37% degli agricoltori intervistati avrebbe in programma un investimento nel corso del 2024”.
Attenzione però, perché ci sono due variabili. Per esempio, “nella distribuzione del valore lungo la filiera agroalimentare permangono squilibri strutturali, con le fasi più a valle, logistica e distribuzione, in grado di trattenere la quota più elevata del valore finale del prodotto, a discapito soprattutto della fase agricola: su cento euro spesi dal consumatore per l’acquisto di prodotti agricoli freschi, meno di 20 euro remunerano il valore aggiunto degli agricoltori ai quali, sottratti gli ammortamenti e i salari, resta un utile di 7 euro, contro i circa 19 euro del macro-settore del commercio e trasporto”.
Impossibile, poi, non tenere conto del climate change, che ha un costo sempre più alto per coltivazioni e serre. “Nel 2023 i danni alle produzioni dovuti a eventi avversi sono stimabili intorno al miliardo di euro (in forte diminuzione rispetto ai 6 miliardi del 2022 dovuti a una devastante siccità), concentrati nel Nord Italia (81% circa) e in particolare in Emilia-Romagna (66% del totale nazionale), a causa dei fenomeni alluvionali. Al gelo si deve oltre il 50% delle perdite di produzione agricola causate da avversità catastrofali nel 2023. E’ quanto emerge dal Rapporto sull’agroalimentare 2024 di Ismea, in corso di presentazione al Masaf. I comparti più colpiti nel 2023 da eventi climatici sono: frutta, foraggere e cereali”.