Berlino approva una legge per aumentare il reclutamento dei militari e punta a raddoppiare le proprie Forze armate. Mentre l’elezione di Donald Trump riporta in auge i discorsi sulla difesa europea, la Germania fa un ulteriore passo verso il riarmo, per quanto l’instabilità politica ed economica rischi di pregiudicare gli sforzi tedeschi per tornare a contare sul piano militare
Crisi politica interna o meno, la Germania prosegue sulla via del riarmo. Sono passati più di due anni da quando il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, ha annunciato la Zeitenwende (il punto di svolta) della politica di Difesa di Berlino. Oltre a un fondo straordinario di cento miliardi di euro da aggiungere ai bilanci abituali, la Germania ha più volte dichiarato che intende muoversi in rapidità per raggiungere l’obiettivo Nato del 2% del Pil investito sulla Difesa. Benché le aspettative sulla Difesa tedesca si siano ridimensionate dopo che, in luglio, il budget è stato momentaneamente rivisto al ribasso, Berlino sembra comunque procedere, seppur con qualche incertezza, verso il rafforzamento delle proprie Forze armate.
Oltre ai fondi, manca l’organico
L’industria tedesca (nonché complessivamente quella europea) sta facendo sforzi non indifferenti per riattivare vecchie linee di produzione e aumentare l’output di quelle ancora in funzione, ma una Forza armata non è fatta solo dai soldi e dai mezzi. Serve che dentro quelle corazzature e dietro i piani di combattimento vi siano esseri umani addestrati e idonei al combattimento. Cosa di cui la Germania, al momento, manca. A oggi la Bundeswehr, le Forze armate di Berlino, dispone complessivamente di centottantamila unità in servizio attivo, ripartite tra le varie Armi, e di sessantamila riservisti. L’obiettivo del ministro della Difesa tedesco, Boris Pistorius, è quello di portare il numero delle unità in servizio attivo a duecentotremila entro il 2031, nonché di raggiungere la cifra di duecentomila riservisti addizionali entro lo stesso orizzonte temporale. Così facendo, la Germania sarebbe in grado di schierare una forza vicina al mezzo milione di unità (quattrocentosessantamila) in caso di emergenza.
Per realizzare questo nuovo Modello di servizio militare (Msm), il governo tedesco ha approvato una misura che reintroduce la stesura e il mantenimento delle liste dei riservisti maggiori di diciotto anni. Sia chiaro, il piano non prevede la reintroduzione della leva militare, ma prevede che tutti i cittadini maschi (per le femmine sarà opzionale), al compimento della maggiore età, compilino un sondaggio sulla loro volontà di entrare o meno a far parte delle Forze armate. I risultati, oltre a essere raccolti e indicizzati, verranno esaminati da una commissione di valutazione che contatterà poi i profili più in linea con i requisiti della Bundeswehr. L’eventuale reclutamento, successivo ai sei mesi di prova iniziale, continuerà ad avvenire su base volontaria, ma permetterà di ripristinare le liste degli idonei al servizio, non più in uso sin dall’abolizione della leva obbligatoria. La misura si riferirà ai nati dopo il 31 dicembre 2006 e si stima che interesserà circa 300mila neomaggiorenni all’anno. Questo, unitamente alla riattivazione delle liste di chi in passato ha servito sotto la leva obbligatoria, dovrebbe bastare a provvedere un numero sufficiente di riservisti in caso di necessità. Pistorius ha affermato che “con questa legge, stiamo tracciando la strada per aumentare le nostre capacità di deterrenza e di difesa”.
Di fronte alla recessione, il riarmo tedesco proseguirà?
Benché sia stato garantito che il nuovo Modello di servizio militare non si tradurrà in una riedizione della leva obbligatoria, la sua approvazione deve comunque portare a riflettere. Sin dalla conclusione dell’ultimo conflitto mondiale, la Germania ha avuto un rapporto complesso con le sue Forze armate e con l’idea stessa di perseguire una qualsivoglia reale politica di Difesa, preferendo concentrarsi sull’economia e sul dialogo multilaterale. La Zeitenwende tedesca, sulla carta ancora valida, va letta alla luce del trauma che l’invasione dell’Ucraina ha rappresentato per la Germania. Prima del febbraio 2022 Berlino aveva lavorato alacremente per costruire un rapporto di collaborazione tra l’Europa e la Russia, cementato peraltro dall’inaugurazione dei gasdotti Nord stream, e la rottura netta di Mosca con l’Occidente ha colpito profondamente un Paese che si è visto dover improvvisamente ripensare da zero la propria politica estera. Nei decenni la Germania aveva accuratamente evitato di perseguire un’agenda “geopolitica” nella sua politica estera (il che spiega le scarse spese per la Bundeswehr) e, anche dopo l’invasione dell’Ucraina, il sentimento anti-militarista rimane forte, specialmente dinanzi ai possibili tagli al welfare che l’attuale recessione potrebbe imporre. La Germania è ormai abituata a un livello di welfare molto alto (anche rispetto agli altri Paesi europei) e la combinazione tra recessione, tagli e necessità di portare avanti il riarmo rischia di tramortire in modo considerevole un Paese che forse non ha ancora pienamente metabolizzato la vastità dei cambiamenti mondiali in corso e che non ha ancora ritrovato una stabilità politica dopo la fine dell’era Merkel. In aggiunta a queste considerazioni, c’è ora la possibilità concreta di elezioni anticipate, in cui il tema delle spese militari sarà probabilmente centrale. Si dice che quando la Germania si riarma l’Europa intera trema. Forse in questo caso sarebbe più corretto affermare il contrario.