La vittoria di Trump già pesa sulle dinamiche della crisi ucraina. Suscitando preoccupazioni tra gli alleati europei, timorosi di una possibile riduzione del supporto statunitense e di un accordo tra Washington e Mosca che escluda Kyiv
Pur non essendo ancora entrato in carica, il trionfo di Donald Trump alle elezioni presidenziali statunitensi sta già impattando sulle dinamiche delle relazioni globali. E la crisi ucraina è una delle succitate dinamiche in cui questo impatto ha avuto portata maggiore. Trump è notoriamente un sostenitore di un approccio meno interventista rispetto all’attuale amministrazione, e sembra intenzionato a ridurre l’impegno degli Stati Uniti verso Kyiv, oltre che a promuovere una soluzione rapida per il conflitto. Questo approccio suscita preoccupazioni tra gli alleati europei, molti dei quali temono che un eventuale accordo tra Washington e Mosca possa essere raggiunto senza il coinvolgimento diretto di Kyiv. Con le parole di apertura verso Trump pronunciate poche ore fa dal leader russo Vladimir Putin che sembrano rafforzare le probabilità del verificarsi di un simile scenario.
Dubbi che hanno preso ancora più forza con le parole di Bryan Lanza, importante consigliere di Trump, che in un’intervista alla Bbc ha dichiarato che l’amministrazione Trump punterà alla pace, non alla riconquista territoriale. Lanza ha suggerito che Trump chiederà al Presidente ucraino Volodymyr Zelensky la sua versione di una “visione realistica per la pace”, aggiungendo che “Se il presidente Zelensky viene al tavolo e dice ‘Possiamo avere la pace solo se abbiamo la Crimea’ ci dimostra che non è serio. La Crimea non c’è più”. Per il Tycoon, assieme a porre fine alla guerra, la priorità sarà la riduzione del supporto militare e finanziario a Kyiv, visto come un “drenaggio” di risorse statunitensi.
E c’è già chi lavora per cercare di contrastare questa tendenza. Come il primo ministro polacco Donald Tusk, che ha organizzato una serie di incontri con i leader europei e della Nato per discutere una linea comune. In programma ci sono incontri con il presidente francese Emmanuel Macron e il nuovo segretario generale della Nato Mark Rutte, oltre che un colloquio con il primo ministro britannico Keir Starmer. Tutti segnali della preoccupazione europea per una possibile svolta nella politica estera americana. Su un filone simile si colloca la scelta dell’alto rappresentante per la politica estera dell’Ue Charles Michel di recarsi a Kyiv per rassicurare il presidente Zelensky sul sostegno europeo. “Faremo tutto ciò che è in nostro potere per sostenere l’Ucraina,” ha dichiarato Borrell, sottolineando l’importanza della continuità di aiuti umanitari e militari da parte dell’Unione Europea.
Ma i segnali di incertezza non arrivano solo da oltreoceano. Proprio il premier britannico Starmer è stato accusato di aver ridotto il supporto britannico a Kyiv. Sir Ben Wallace, ex ministro della Difesa britannico, ha infatti dichiarato che il governo sembra aver ridotto la propria leadership sulla questione, citando ritardi nella fornitura di nuovi armamenti come i missili a lungo raggio Storm Shadow, considerati cruciali dalla difesa ucraina. Sebbene Starmer abbia recentemente incontrato Zelensky e garantito un “impegno incrollabile”, Wallace afferma il proprio timore che le parole dell’inquilino di Downing Street non siano supportate da azioni concrete.