Per la prima volta, la Commissione europea ha approvato uno stanziamento di trecento milioni di euro per aiutare gli Stati membri a effettuare acquisti congiunti. Anche l’Italia beneficerà dello stanziamento straordinario. Nella lista della spesa figurano mezzi blindati, sistemi di difesa aerea e munizioni da 155mm. Dubbi sulla volontà di ricomprendere nel pacchetto anche gli aiuti all’Ucraina
L’Unione europea ha fatto un ulteriore passo verso il consolidamento dell’industria e delle politiche comunitarie per la Difesa. Quest’anno l’Ue è arrivata a stanziare un volume di due miliardi di euro per la difesa europea tra Asap, Edirpa, Edf. La Commissione europea, in quanto braccio esecutivo delle istituzioni unionali, ha approvato uno stanziamento di trecento milioni di euro per cinque programmi di acquisizioni congiunte. I fondi sono stati mobilitati in virtù dello European defence industry reinforcement through common procurement Act (Edirpa), un provvedimento nato con l’obiettivo di supportare l’assistenza tecnico-amministrativa per l’attuazione delle procedure di appalto congiunto degli Stati membri e indirizzarli verso acquisti congiunti nell’ottica di facilitare la standardizzazione degli equipaggiamenti. Ognuno dei cinque programmi beneficerà di un contributo pari a sessanta milioni di euro. “È la prima volta che utilizziamo il bilancio dell’Ue per sostenere gli Stati membri nell’acquisto comune di prodotti per la Difesa”, ha dichiarato Margrethe Vestager, vicepresidente della Commissione. Secondo Vestager, “questo consentirà di fornire un miglior rapporto qualità-prezzo ai bilanci nazionali della Difesa, di migliorare l’interoperabilità delle Forze armate europee, di rafforzare la nostra industria e di rendere l’Europa più preparata ad affrontare le minacce alla difesa”.
I cinque programmi di spesa
L’allocazione di trecento milioni, equamente ripartita per ogni programma, si articola su cinque capitoli di spesa: due riguardanti la difesa aerea a corto e medio raggio, due relativi all’acquisto di munizionamento d’artiglieria da 155mm (uno dei quali interessa l’Italia) e uno per l’acquisto di un Common armoured vehicle system (Cavs) per quattro Stati membri. Oltre al Cavs (in acquisto da parte di Finlandia, Lettonia, Svezia e Germania), gli acquisti comprenderanno due sistemi di difesa aerea (il Mistral francese di MBDA per la difesa ravvicinata e l’IRIS-T SLM tedesco per quella a medio raggio) e due tipi di munizioni d’artiglieria da 155mm, ad alto potenziale (HE) e tradizionale. Tra gli acquirenti di quest’ultima opzione figura anche l’Italia. Complessivamente, i cinque programmi hanno un valore superiore agli undici miliardi di euro e questo dimostra come l’iniezione di liquidità abbia potuto fungere da stimolo per gli investimenti dei singoli Stati.
Procedure complesse
La vicepresidente Vestager ha specificato che questi acquisti concorreranno anche ad aiutare gli Stati membri a fornire aiuti all’Ucraina, per quanto il ragionamento possa risultare un po’ controintuitivo. Quando si parla di procurement militare, i numeri contano molto. Anche senza considerare i costi maggiorati provocati dallo shortage di materiali rari e dalla necessaria riqualificazione delle linee di produzione, gli equipaggiamenti militari richiedono comunque spese considerevoli, soprattutto quando si tratta di sistemi ad alta tecnologia. Basta quindi il semplice calcolo aritmetico per capire che siamo ancora lontani dai livelli di spesa che l’Europa dovrebbe sostenere nel prossimo futuro (le ipotesi sostenute a Bruselles variano da cento a cinquecento più duecento miliardi di euro). Lo stanziamento diretto da parte della Commissione rappresenta indubbiamente un precedente importante, come peraltro lo è anche la nomina di un commissario per la Difesa, ma la nota sull’Ucraina conferma i vecchi problemi con le questioni europee: troppi strumenti e procedure ridondanti e complesse, con basi legali, finalità e tempistiche diverse. L’Unione europea si è già trovata ad acquistare armamenti da inviare come supporto all’Ucraina (e afferma di voler continuare a farlo, con il previsto acquisto di quantitativi supplementari per Ucraina e Moldavia, data la particolare situazione della sicurezza di questi paesi candidati all’adesione all’Ue), ma questo stanziamento dovrebbe riguardare esclusivamente il rafforzamento delle industrie e delle Forze armate degli Stati membri, che a loro volta hanno fornito e forniscono armamenti. Dunque, perché usare parte dei (già pochi) fondi messi adesso a disposizione per finanziare l’acquisto di armi per l’Ucraina? La questione non è il supporto all’Ucraina in sé, ma la decisione di ricomprendere questa finalità in un’iniziativa che si propone un obiettivo diverso. Se la Commissione, che già di suo ha gli strumenti per acquistare equipaggiamento da mandare all’Ucraina, finanzia gli Stati per permettere a loro volta di mandarne a Kyiv, perché non farlo direttamente da palazzo Berlaymont invece che aggiungere un passaggio intermedio?