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Così Meloni guarda all’America Latina (e non solo). Il G20 secondo Pelanda

“L’Italia sta assumendo una buona posizione, non neutrale e altamente tattica. E, in un momento altamente complesso sullo scacchiere internazionale, si colloca come forza razionale: un’ottima impostazione di politica estera. Si sente un risveglio dell’attenzione sull’America del sud, di conseguenza rivestiranno un ruolo primario le relazioni bilaterali. Ad esempio il fatto che la premier italiana dopo il G20 andrà in visita bilaterale in Argentina rappresenta un elemento di cui tenere conto”. Conversazione con il docente e analista

“La politica estera italiana prova a muoversi come fanno le grandi potenze: interviene sui grandi temi e non entra nelle singole diatribe minori. È la scelta di una nazione che vuol essere forte”. Così a Formiche.net il prof. Carlo Pelanda, economista e analista delle relazioni internazionali, autore del libro di strategia “L’Italia globale” per Rubbettino. In occasione del G20 in Brasile, riflette ad alta voce non solo sulle prospettive del sudamerica ma anche su quelle euroamericane e ovviamente italiane, anche alla luce della nuova amministrazione Trump.

La partecipazione di Giorgia Meloni al G20, al di là degli interventi nelle due sessioni, come si inserisce nel quadro complessivo di relazioni multilaterali e di un’Italia che vuole essere globale?

La politica estera italiana prova a muoversi come fanno le grandi potenze: interviene sui grandi temi e non entra nelle singole diatribe minori. Rappresenta la scelta intelligente di una nazione che vuol essere forte. Inoltre penso che l’Italia stia assumendo una buona posizione, non neutrale e altamente tattica. E, in un momento altamente complesso sullo scacchiere internazionale, si colloca come forza razionale: un’ottima impostazione di politica estera. Mi aspetto che, così come il Piano Mattei passo dopo passo si sta espandendo, così poi in qualche modo il nostro governo cerchi di avere un peso maggiore ma non facendo un’iniziativa specifica per il Sud America anche se, però, come dicevo prima deve condizionarla all’atteggiamento dell’Unione europea sui trattati economici. Ma sempre in una logica per cui l’Unione europea è un moltiplicatore di potenza che non esclude relazioni bilaterali con chi è veramente importante. Per esempio, io vedo bene un pur breve incontro tra Meloni e Modi perché in questo momento interessa molto all’Italia consolidare il partenariato strategico con l’India per vari motivi. Quindi secondo me l’Italia si sta comportando bene, con più forza e razionalità di quello che ha fatto negli ultimi tre decenni.

G20, quante attenzioni sta avendo la Regione a livello internazionale?

Il vertice G20 è ovviamente molto ridotto di importanza, non solo per la sua struttura tipica ma anche per il fatto che, senza la presenza della nuova amministrazione Trump, è abbastanza difficile dargli un rilievo. Guardando le bozze di tentativi, anche molto difficili, di comunicato congiunto, immagino ci sarà un riferimento alla tutela della libertà del commercio internazionale. Ma poi quello che conta in questo settore, che è il più importante in generale per gli interessi di tutti, è che sarà necessario attendere le posizioni della nuova amministrazione americana. Aggiungo che sarà importante valutare l’attenzione per il Sud America da parte dell’Unione europea che deve accelerare le sue politiche in tal senso. Non ho dati oggettivi, ma percepisco che ci sarà un’accelerazione per rinforzare il ruolo globale dell’Unione europea.

Con il trattato Mercosur?

Sì, tra l’altro da anni è in una posizione di stand by. Ma anche l’amministrazione Trump ha un interesse ad essere più presente nel Sud America, ruotando il compasso della nuova attenzione al Sud America sull’Argentina di Milei che da un lato è debole perché esiste un rischio di stabilità dell’Argentina e della presidenza, ma Milei sorprendentemente riesce a restare in piedi. Quindi sicuramente a Washington stanno valutando questo elemento, tenendo conto anche che Lula nelle prossime elezioni in Brasile difficilmente potrà essere confermato, perché la scorsa volta ha vinto per pochissimo sullo schieramento opposto. Per cui penso che stiano studiando un’ipotesi di far ruotare su Brasile e Argentina una nuova politica di espansione dell’influenza statunitense, cosa che sta facendo anche l’Unione europea.

Con quali tempi?

Ovviamente le situazioni non sono tali per permettere di definire delle probabilità, però si sente un risveglio dell’attenzione sull’America del sud, di conseguenza rivestiranno un ruolo primario in questo senso le relazioni bilaterali che si instaurano. Ad esempio il fatto che la premier italiana dopo il G20 andrà in visita bilaterale in Argentina rappresenta un elemento di cui tenere conto. E l’invito di Milei è stato molto caldo: è interesse di tutti avere una moltiplicazione di forza dell’Unione europea per poter negoziare in maniera più tranquilla con Trump. Cioè, l’Unione europea deve diventare più estroversa per riuscire a fare degli scambi con Trump che non vuole una divergenza con l’Ue: il tipo di progetto americanista trumpiano implica un andare d’accordo con l’Ue, ma se l’Unione europea non si darà forza allora aprirà uno spiraglio dove lo stile dell’amministrazione Trump è quello di entrare pesantemente nei dossier.

Come l’Ue dovrà gestire questa fase?

L’Unione europea sulle questioni del commercio internazionale dovrà agire come Unione europea ed esso rappresenta anche un interesse nazionale italiano: cioè avere forza bilaterale ma anche moltiplicare la forza attraverso il complesso europeo. Questa la mia opinione: saranno fatti dei passi nel comunicato finale del G20, ma saranno di poco valore perché si aspetterà quello del prossimo anno quando ci sarà una posizione più precisa dell’Amministrazione Trump.

A proposito della centralità del sudamerica, in occasione della visita di Xi Jinping all’Apec in Perù, è stato inaugurato un nuovo porto a Chancay, dopo l’accordo sino-peruviano datato 2016 con il colosso Cosco Shipping. La Via della Seta prosegue nel latinoamerica?

La Cina può fare quello che non fanno gli altri, ovvero dal momento che ha pochi denari adesso prova a prendersi i porti. Ci riuscirà? In alcuni casi sì perché ci mette i soldi, in altri no perché il progetto ormai è evidente: al netto della minor disponibilità economica prova ad avere ugualmente un raggio globale e punta sui porti perché sono l’elemento principale per la concretezza del commercio. E se la Cina non esporta va ko, perché ha un eccesso di capacità produttiva. Al momento non abbiamo ancora la mappa dettagliata degli scenari, perché questo tipo di politica richiede una presa di posizione da parte degli Stati Uniti. Certamente questo sarà un terreno di confronto, nel senso che il conflitto bipolare tra America e Cina implica una guerra economica e una difesa economica. Al momento la Cina ha avuto un vantaggio, perché non ha trovato un’opposizione troppo forte: è riuscita in Grecia, ma non a Trieste. È dunque un tema in evoluzione.

Quali saranno i primi passi del nuovo segretario di Stato americano Marco Rubio?

È difficile adesso fare una previsione, anche perché Rubio dovrà studiare molto una materia che è complessa. Potrò rispondere a questa domanda quando vedrò lo staff, cioè quella burocrazia imperiale che istruisce i politici. In questo momento negli Stati Uniti Trump vuole costruire un’amministrazione ideologicamente compatta e deve pagare anche alcune promesse fatte, ma i nomi che sono venuti fuori non permettono ancora di capire quali saranno i toni. Personalmente io vedo più continuità che discontinuità: magari sarò in minoranza ma su questo, avendo un gruppo di ricerca euro americano, osservo che da parte americana arrivano una serie di segnali in questa direzione. Quello che è sicuro, è che ci sarà un tentativo molto chiaro di depotenziare la Cina.


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