L’opposizione del Pd alla elezione di Raffaele Fitto a vice presidente della Commissione europea non è una mossa saggia. Aiuta a minare l’attuale presidenza Ue a favore di un orizzonte confuso che nei fatti spinge solo Putin ad avere carte di disturbo nella complessa trattativa sulla guerra in Ucraina. Il commento di Francesco Sisci
La crisi attuale della maggioranza di Ursula von der Leyen, scoppiata solo ore dopo l’elezione di Donald Trump, è un promemoria per chi pensasse che la Ue abbia una forza sua, indipendente dagli Usa. D’altro canto, l’idea che gli Stati Uniti possano preferire trattare indipendentemente con 27 governi piccoli e grandi dell’attuale Unione, invece che con un paio di grandi soggetti, trascura le attuali difficoltà di Washington.
In America ci sono tre problemi, come emerge dalla selezione del gabinetto Trump, e sono in ordine: Cina, Cina e Cina. Dopo, ci sono due guerre che occorre chiudere o limitare al più presto per concentrarsi appunti sulla Cina. Quindi qualunque cosa semplifichi il processo di pensiero americano è benvenuto.
Forse l’errore di alcuni sostenitori di von der Leyen è stato quello di scommettere solo su una sconfitta Harris e oggi quelli che invece volevano Trump festeggiano. Difficile però che anche gli Usa di Trump siano disponibili a concedere potere e influenza alla Russia in Europa (perché? In cambio di cosa? La Russia cosa ha da dare nella Ue?). È probabile anzi che i tanti filo-russi europei rimarranno comunque delusi.
Ciò non toglie che il momento è molto delicato e la sinistra o la destra anti von der Leyen devono essere attente a inserirsi in un gioco che nei fatti favorisce il presidente russo Vladimir Putin contro Trump.
Per questo l’opposizione del Pd alla elezione di Raffaele Fitto a vice presidente della Commissione europea non è una mossa saggia. Aiuta a minare l’attuale presidenza Ue a favore di un orizzonte confuso che nei fatti aiuta solo Putin ad avere carte di disturbo nella complessa trattativa sulla guerra in Ucraina.
Allo stesso tempo, proprio per gli stessi motivi di volatilità generale, l’Italia fa male a dare segni di frattura. Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha ricevuto Fitto, ha sostenuto due anni fa la premier Giorgia Meloni dagli attacchi allora di membri del governo francese, e in questi giorni ha difeso l’istituzione della magistratura da strali lanciati dal triliardario Elon Musk. Musk aveva aggredito i magistrati italiani che si sono opposti alle misure di espulsione dei migranti in Albania.
L’esternazione di Musk poteva essere utile a Meloni nella logica di una sua polemica con i giudici ma nel quadro di una confusione europea che potrebbe andare fuori controllo è certamente dannosa. Utilissimo che Musk sia interessato all’Italia, ma dannoso per noi e per lui che pesti nella palude peninsulare schizzando fango ovunque.
È pericoloso, infatti, che la crisi della Ue si rifletta poi immediatamente sull’Italia spaccando la politica del Paese in modo verticale. Meloni, presidenti di Camera e Senato dovrebbero sostenere Mattarella a corpo morto in questo frangente, senza titubanze. I magistrati da riformare o meno, sono un pezzo della Costituzione che a sua volta non si può modificare con un colpo di penna o di testa, se non a rischio di minare tutto il Paese. La cosa è delicata in tempi normali, nel quadro internazionale attuale molto di più. Il problema andrebbe affrontato con saggezza e pazienza.
Il Pd d’altro canto ha forse colpe più grandi: doveva notare e denunciare il vulnus istituzionale della questione Musk e poi appoggiare con decisione Fitto.
Ma non è il momento della conta delle colpe dell’uno o dell’altro. Piuttosto è il momento dell’unità e solidità del Paese, di per sé debole, in un momento delicatissimo.