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Il Patto di stabilità è alle porte. Ma sul Pil c’è una buona notizia

Dopo aver ammesso che raggiungere l’obiettivo dell’1% di crescita nel 2024 sarà assai arduo, ora il Tesoro rimette in gioco il tutto e vede la possibilità di liete sorprese. E la sanità continua a rimanere al centro del villaggio

Le cose, alla fine, potrebbero anche mettersi meglio del previsto. È vero che poche settimane fa il governo italiano ha, un po’ sommessamente, ammesso che l’obiettivo dell’1% di Pil per il 2024, nero su bianco nel Documento di economia e finanza, è difficile da raggiungere. Ma oggi il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha corretto il tiro. Il che è una buona notizia, perché più Pil vuol dire essenzialmente una cosa: una maggiore tranquillità nella gestione del deficit, e quindi del debito, negli anni a venire. Dal primo gennaio prossimo, infatti, le finanze italiane finiranno nuovamente tra le maglie del nuovo Patto di stabilità e il primo effetto, quasi immediato, sarà quello di rimettere il debito su una traiettoria discendente.

C’è un altro tassello. Dopo che la scorsa estate l’Unione europea ha avviato una procedura di infrazione contro l’Italia per disavanzo eccessivo basato sul deficit, l’Ufficio parlamentare di bilancio aveva pubblicato un rapporto in cui spiega dettagliatamente che, per adeguarsi agli aggiustamenti del nuovo patto di stabilità, l’Italia dovrà portare avanti un taglio alle spese pubbliche pari a circa 10,2-12,3 miliardi di euro all’anno per sette anni. Va da sé come un Pil più tonico di quanto poteva essere, sarebbe un’autentica manna per rispettare e, all’evenienza, anticipare tali scadenze.

Giorgetti, intervenuto alla Camera al termine del ciclo di audizioni ce precede l’esame della finanziaria da parte della Commissione Bilancio, sembra crederci. “Anche alla luce del notevole incremento dell’occupazione sin qui registrato, non sarei stupito da eventuali revisioni al rialzo anche relativamente alle stime preliminari del Pil 2024”, ha subito premesso il responsabile dell’Economia. “Le prospettive di crescita a breve termine risultano, nel complesso, ancora incoraggianti. I modelli di previsione interni lasciano ritenere che, nel trimestre finale dell’anno, il Pil dovrebbe tornare in espansione, grazie al recupero della domanda estera netta e al prosieguo della ripresa dei consumi”.

D’altronde, per il ministro la riduzione del debito è sempre stato l’imperativo. “Dobbiamo liberarci del fardello del debito. Sogno un debito al 60% del Pil, come in Germania. Così si libererebbero risorse per 45 miliardi in termini di interessi da poter spendere per scuola, sanità, pensionati. Abbiamo un fardello e dobbiamo impegnarci a non farlo aumentare. A questo scopo sarà importante che la Bce abbassi i tassi e che lo spread si riduca. Così potremo liberarci del fardello e avere più risorse per la spesa sociale e per abbassare le tasse sul ceto medio”.

Di sicuro, al centro dell’agenda del governo, rimane la sanità. L’unica posta su cui Palazzo Chigi e il Tesoro non hanno intenzione di usare le forbici. “Per effetto degli ulteriori stanziamenti disposti dalla manovra, nei prossimi anni il finanziamento della spesa sanitaria assumerà inoltre un andamento all’incirca pari a quello dell’inflazione misurata in termini di Ipca (Indice dei prezzi al consumo armonizzato per i Paesi dell’Unione europea, ndr), che in base alle stime programmatiche del Piano strutturale di bilancio di medio termine sarà pari a circa l’1,9% nel periodo 2025-2027″.  Di più. Le risorse in manovra per la sanità “aumentano anche sul Pil, sia in termini reali che nominali. Non è contestabile”. Giorgetti ha però inviato a fare “una riflessione” sulla politica sanitaria. “Occorre riflettere sull’organizzazione, sull’invecchiamento della popolazione, pensare a cambiamenti nella gestione del personale”.



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