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Perché l’alluminio è una materia prima strategica per la neutralità climatica

Cosa c’è dentro il Piano d’azione per l’economia circolare che prevede un quadro strategico nella produzione di prodotti sostenibili, riguardante la progettazione dei prodotti, i processi produttivi e le opportunità per i consumatori

“Per conseguire la neutralità climatica dell’Unione Europea entro il 2050 è fondamentale dissociare la crescita economica dall’uso delle risorse e passare a sistemi circolari di produzione e consumo”. Questa la nuova sfida per un’Europa “più pulita e competitiva” verso una piena sostenibilità ambientale, economica e sociale. Il Piano d’azione per l’economia circolare prevede un quadro strategico nella produzione di prodotti sostenibili, riguardante la progettazione dei prodotti, i processi produttivi e le opportunità per i consumatori. Iniziative mirate verso i principali ambiti produttivi come l’elettronica, le batterie, gli imballaggi, i prodotti tessili, l’edilizia e i prodotti alimentari.

L’adozione, lo sorso maggio, del regolamento sulla progettazione ecocompatibile a tutti i beni immessi nel mercato Ue è solo l’ultimo atto di una transizione ecologica iniziata con l’adozione del Green Deal nel dicembre 2019. Nel 2022 il Consiglio europeo ha adottato il cosiddetto pacchetto Fit for 55 che permetterà all’Unione di ridurre le sue emissioni di gas serra di almeno il 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990 e di giungere alla neutralità climatica entro il 2050. Uno degli elementi chiave del pacchetto è il regolamento relativo al meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere (Cbam), ossia le importazioni di prodotti “ad alta densità di carbonio”, per evitare le importazioni di prodotti fabbricati in Paesi terzi dove le politiche in materia di cambiamenti climatici sono meno ambiziose rispetto a quelle europee. Tra i settori che rientrano in questo meccanismo c’è anche l’alluminio.

Questo materiale costituisce un comparto molto importante del nostro Paese con circa 500 aziende che impiegano 16 mila addetti e un fatturato di quasi 13 miliardi e mezzo. Assomet è l’associazione di Confindustria che rappresenta i produttori e i trasformatori di metalli non ferrosi, quali alluminio, rame, piombo, zinco e metalli preziosi. All’interno di Assomet, Centroal rappresenta l’intera industria italiana dell’alluminio. A valle abbiamo poi il Cial, il Consorzio del sistema Conai che recupera e ricicla i rifiuti di imballaggio in alluminio (lattine, scatolette, bombolette, vaschette, fogli ecc.).

In una conferenza stampa alla Camera dei Deputati, i rappresentanti dell’industria italiana del settore hanno presentato alle istituzioni nazionali le problematiche legate ad un meccanismo che potrebbe avere conseguenze negative su un industria di eccellenza dell’intero sistema manufatturiero italiano. “Chiediamo alla politica italiana di spingere per l’introduzione in Europa di norme che consentano la fuoriuscita di rottame di alluminio solo verso Paesi in grado di certificare i medesimi standard ambientali della Ue, e dunque i medesimi oneri a carico delle imprese. Chiediamo inoltre una posizione a favore di modifiche al meccanismo che tassa le importazioni di materiali ad elevate emissioni (Cbam), ma non i prodotti finiti che al loro interno contengono proprio quei metalli. Il che costituirebbe un ulteriore elemento di penalizzazione per le attività di riciclo e per il mercato all’interno dell’Unione Europea”, ha spiegato Danilo Amigoni, presidente di Assomet-Centroal.

Ed è tutto il sistema industriale europeo dell’alluminio che si sta muovendo in questa direzione esortando la Commissione ad “affrontare tutti i rischi e le scappatoie di elusione, come il divieto dell’uso di certificati di energia rinnovabile per segnalare le emissioni indirette nei prodotti Cbam in alluminio importati. Senza un mercato globale ben regolamentato e trasparente per tali certificati, infatti, i rischi di elusione restano particolarmente elevati”.
Vi è poi il costo dell’energia, tema fondamentale per la sopravvivenza di tutto il sistema manufatturiero nazionale. Per rendere competitivi i settori strategici del Paese, una grossa mano possono darla le energie rinnovabili.

Questo significa accelerare la produzione di eolico e fotovoltaico per raggiungere gli obiettivi al 2030. Allo stesso tempo va affrontato il prezzo dell’energia e del gas. “I costi di produzione delle rinnovabili -sono più bassi, ma poi l’energia viene venduta tutta allo stesso prezzo del gas. Bisogna disaccoppiare i prezzi e destinare una parte dell’energia da rinnovabili ai settori a rischio delocalizzazione”, fanno notare gli industriali dell’alluminio. D’altra parte, uno dei temi centrali del rapporto Draghi sulla competitività riguarda proprio le politiche energetiche e la decarbonizzazione: il futuro della competitività europea dipenderà dalla capacità di guidare la transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio.

Abbiamo poi tutta la filiera dell’industria del riciclo. Nel corso del 2023 è stato avviato a riciclo oltre il 70% degli imballaggi in alluminio immessi sul mercato, ovvero 59 mila 300 tonnellate. Sono stati superati così, con alcuni anni di anticipo, gli obiettivi europei al 2025 (50%) e al 2030(60%). Numeri che hanno consentito di evitare emissioni di gas serra pari a 417 mila tonnellate di CO2 e di risparmiare energia per oltre 182 mila tonnellate equivalenti di petrolio. Il modello di gestione italiano dei rifiuti di imballaggio in alluminio continua a rappresentare un’eccellenza in Europa, in linea con i principi del Piano d’azione per l’economia circolare.

“Con un tasso di riciclo medio, negli ultimi cinque anni, del 70% di imballaggi in alluminio il nostro Paese si colloca al primo posto in Europa con ben dieci punti percentuali sopra la media (59%) degli altri Paesi. L’efficienza del sistema italiano è ancor più evidente se si analizza il tasso di riciclo delle sole lattine per bevande, pari al 93,8%, superiore al livello di riciclo europeo del 76%”, ha detto Stefano Stellini, direttore generale di Cial.

Ma l’Italia è capofila anche sulla prevenzione. Uno studio realizzato da Cial per tracciare la tendenza evolutiva del packaging in alluminio a partire dal 2000 dimostra come le imprese della filiera siano riuscite a risparmiare in media ogni anno circa 5 mila 350 tonnellate di materiale per un totale di 107 mila tonnellate corrispondente ad una riduzione di 936 mila tonnellate di CO2. Questo grazie ai miglioramenti dei processi produttivi e a una progettazione finalizzata al riciclo.

Nel corso della conferenza stampa è stato presentato il Programma L’Alluminio per le generazioni future (Affg) con il quale l’industria italiana dell’alluminio intende rapportarsi con le istituzioni, le organizzazioni non governative e i mezzi di comunicazione per “divulgare le proprie proposte in materia di politiche per l’ambiente e per favorire lo sviluppo dell’impiego dell’alluminio come materiale permanente e come parte della soluzione per un’economia e un’industria più sostenibili”.

A fare gli onori di casa e chiudere l’incontro è stato Massimo Milani, segretario della Commissione Ambiente della Camera. “Ci sono normative europee con le quali ci dobbiamo confrontare perché come si determina il prezzo finale è una regola europea, ovvero il marginal price. Noi italiani partiamo svantaggiati perché ancora troppo legati al gas. Riconvertire una politica industriale ed energetica non si fa in uno o due anni. Siamo in piena fase di transizione, esistono varie strade da percorrere, dalle rinnovabili all’idrogeno e al nucleare. Nel riciclo dell’alluminio abbiamo superato gli altri Stati europei e gli obiettivi sfidanti al 2030. Anche per altri materiali, come la carta e il vetro, si sono sviluppate filiere produttive di recupero, dove le nostre aziende primeggiano anche per l’uso di nuove tecnologie”.


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