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Potenziare la Marina per affrontare l’underwater. Minardo spiega gli obiettivi della sua proposta

Il dominio underwater è sempre più strategico, e la Marina militare deve essere messa in condizione di affrontare la sfida al massimo delle sue capacità. È questo l’obiettivo della proposta di legge presentata dal presidente della commissione Difesa della Camera, Nino Minardo, che abbiamo intervistato a riguardo

Quattromila nuove unità di personale da inserire nella Marina militare per consentire alla Forza armata di affrontare le sfide poste dalla dimensione underwater. È l’obiettivo della proposta di legge avanzata dal presidente della commissione Difesa della Camera, Nino Minardo. Un potenziamento reso necessario dall’attuale contesto geopolitico, caratterizzato da una crescente importanza delle infrastrutture subacquee, come oleodotti e cavi sottomarini, in uno scenario sottomarino ogni giorno più competitivo. Ne abbiamo parlato con il diretto proponente.

Presidente, la sua proposta di legge prevede di incrementare di oltre quattromila unità le dotazioni organiche della Marina militare. Quali sono le principali esigenze operative che questa proposta intende affrontare e come si connettono all’evoluzione della dimensione subacquea a livello strategico?

Il nostro obiettivo è consentire alla Marina militare di rispondere a esigenze operative di primaria importanza nel contesto strategico attuale. Le infrastrutture subacquee, come oleodotti, gasdotti e cavi in fibra ottica, sono diventate veri e propri obiettivi strategici, fondamentali per l’approvvigionamento energetico e la comunicazione globale. Oggi, tra il 98 e il 99% del traffico dati mondiale transita attraverso cavi sottomarini, non via satellite, e il sabotaggio di queste infrastrutture, come dimostrato dall’attentato al Nord Stream nel 2022, rappresenta una minaccia concreta. L’evoluzione tecnologica ha reso accessibili i fondali marini a un numero crescente di attori, aumentando sia i rischi sia la necessità di una protezione efficace. Per affrontare queste sfide, servono mezzi avanzati come sottomarini, droni subacquei e navi specializzate, ma soprattutto personale altamente formato per operare in scenari complessi e dinamici.

La proposta di legge che ho messo a punto non si limita al potenziamento delle risorse umane operative destinate alla squadra navale: include personale dei reparti che curano la formazione, l’addestramento e la gestione contrattuale per l’acquisizione di tecnologie all’avanguardia. La difesa e il controllo delle infrastrutture subacquee non sono solo una necessità tecnica, ma un imperativo strategico. Proteggere questi asset significa garantire la sicurezza energetica, economica e digitale del Paese, posizionando l’Italia come un attore centrale nella competizione globale per il dominio della dimensione subacquea.

La proposta fissa l’obiettivo di completare il potenziamento entro il 2034. Quali saranno i passaggi principali di questo percorso?

La proposta prevede un percorso decennale, basato sulla gradualità, per garantire un’espansione sostenibile e efficace delle dotazioni organiche della Marina. Si tratta di un incremento annuale di circa quattrocento unità, per un totale complessivo di 4.272 nuove risorse entro il 2034. Questa gradualità è necessaria perché veniamo da un lungo periodo di compressione numerica nelle Forze amate, e un’espansione così importante richiede una trasformazione che coinvolga tutti i settori. Il primo passo sarà potenziare gli apparati e le strutture di selezione, reclutamento e addestramento, così da accogliere e preparare progressivamente il nuovo personale. Parallelamente, saranno interessati anche i settori operativi, formativi e contrattualistici, poiché l’obiettivo non è solo avere più persone, ma rafforzare trasversalmente la capacità di risposta della Marina, dalle operazioni in mare alla gestione amministrativa e logistica. L’idea è di creare un equilibrio che permetta alla Marina di crescere in maniera strutturata, senza rischiare squilibri o rallentamenti. Questo approccio graduale ci consente di affrontare il cambiamento in modo sostenibile e di prepararci al meglio per affrontare le sfide del futuro.

Il Polo nazionale per la subacquea di La Spezia rappresenta un modello di collaborazione tra pubblico e privato. Quali strategie adotterete per rafforzare questa sinergia e promuovere l’innovazione nel settore underwater?

Più che adottare nuove strategie, possiamo dire che il Polo nazionale per la subacquea di La Spezia è già un esempio virtuoso e pienamente operativo. Sta lavorando concretamente per promuovere l’innovazione e la collaborazione tra attori pubblici e privati. Ad esempio, ha già emesso la seconda tranche di bandi dedicati a progetti altamente innovativi, favorendo il dialogo tra le grandi aziende italiane, le piccole e medie imprese, le università e i centri di ricerca. Questi bandi hanno l’obiettivo di concentrare risorse verso progetti di alto valore strategico, e i primi risultati, emersi dai raggruppamenti partecipanti, sono molto promettenti. L’operatività del Polo ha attirato l’attenzione di diverse realtà. Testimonianza ne è l’accordo di collaborazione siglato con la Regione Friuli Venezia-Giulia e il ministero dell’Università e della ricerca. Questo accordo consente di indirizzare risorse regionali verso progettualità di interesse che, oltre a promuovere l’innovazione, garantiscono ricadute positive sul territorio, coinvolgendo aziende locali e potenziandone il ruolo nel settore subacqueo.

E per il futuro?

Un ulteriore passo importante sarà la costituzione della Fondazione del Polo Nazionale della Dimensione subacquea, un ente di diritto privato che permetterà una gestione amministrativa più agile sempre orientata al conseguimento degli obiettivi del Polo. Con questa struttura, si potrà accelerare il processo di innovazione e ottimizzare le collaborazioni, consolidando La Spezia come punto di riferimento nazionale e internazionale nel settore underwater.

La richiesta di maggiori unità di personale arriva da tutte le Forze armate. Immagina che dopo questa per la Marina, disegnata per far fronte a una esigenza particolare come quella underwater, possano seguire altre anche per Esercito e Aeronautica?

Un incremento delle unità di personale è una necessità riconosciuta da tutte le Forze armate, come ribadito più volte e in più sedi dai loro vertici. Lo sforzo che si deve fare è correlare in modo preciso le esigenze operative con le risorse umane richieste perché ogni forza armata ha specificità e priorità diverse: l’intervento sulla Marina, ad esempio, risponde a una sfida molto particolare e strategica legata alla dimensione subacquea. Detto questo, può essere utile rivedere i rapporti numerici all’interno della struttura complessiva della Difesa. Il modello proporzionale attuale, che distribuisce risorse umane tra le tre Forze armate in base a parametri storici, potrebbe non essere più adeguato alle sfide moderne. È possibile che, nel prossimo futuro, si debba ripensare l’intero assetto per renderlo più rispondente a un panorama operativo che evolve rapidamente. In quest’ottica, ulteriori interventi per Esercito e Aeronautica non sono solo probabili, ma anche necessari, purché siano calibrati sulle reali esigenze strategiche.


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