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La Cina ha fallito, ora la Russia si aggrappa all’Iran sui pagamenti

Dopo mesi di negoziati, ora le carte di credito emesse dalle banche iraniane possono circolare liberamente nell’ex Urss. Un altro tentativo, decisamente maldestro, di dare una spallata al dollaro

Mosca ci stava provando da due anni, ma alla fine l’asse dei pagamenti con la Cina è saltato per aria. Motivo? Le sanzioni dell’Occidente che hanno colpito la Russia hanno spaventato le banche cinesi, intimorite dalla possibilità di essere colpite a loro volta dalle misure contro il Cremlino. Risultato, disimpegno generale degli istituti del Dragone dal sistema di pagamenti russo. Ma ora c’è l’Iran per Mosca.

Poche ore fa, infatti, le prime le carte di credito iraniane hanno cominciato a circolare in Russia, segnando il nuovo passo di Teheran verso la Federazione, nell’ottica di contrastare le sanzioni occidentali attraverso una cooperazione finanziaria rafforzata. D’altronde, le stesse banche iraniane sono state tagliate fuori dal sistema di pagamento internazionale Swift e molto prima della Russia, ovvero dal 2018, in seguito al ritiro degli Stati Uniti dall’accordo nucleare del 2015. Analogamente, le banche russe hanno dovuto affrontare l’esclusione dallo Swift, dopo che Mosca ha invaso l’Ucraina nel 2022.

Ora, il fatto che carte emesse da banche iraniane possano consentire ai consumatori russi di effettuare pagamenti, lo si deve esclusivamente al collegamento tra la rete interbancaria Shetab dell’Iran con il sistema di pagamento russo Mir, piattaforma nazionale e alternativa allo stesso Swift. Il risvolto geopolitico, però, è quello della guerra valutaria al dollaro. “Oggi facciamo un grande passo verso la de-dollarizzazione e la facilitazione delle relazioni economiche tra Iran e Russia”, hanno commentato fonti iraniane.

Un progetto destinato a fallire, visto il rafforzamento, senza precedenti, del biglietto verde in questi giorni. Il dollaro statunitense ha toccato il picco di quattro mesi rispetto alle principali controparti, ovvero euro e yuan. E anche rublo. Tutto questo mentre nella stessa Russia, tante imprese sono a rischio bancarotta per colpa dei tassi troppo alti. Se l’economia dell’ex Urss finora non è crollata sotto il peso delle sanzioni, lo si deve d’altronde solo al fatto che la produzione bellica ha garantito quella domanda necessaria a generare Pil. Ma proprio quella stessa domanda ha innescato una delle più insidiosi e pericolose spirali inflattive che la Federazione ricordi, costringendo la Bank of Russia a portare i tassi al 21%.

Questo ha generato vere e proprie scosse telluriche, mettendo le imprese nell’impossibilità di contrarre nuovi prestiti con le banche o, più semplicemente, di rimborsare quelli già ricevuti. Per paradosso, quindi, la guerra che ha tenuto in vita l’economia russa, ora la sta, lentamente, demolendo. Il primo settore a pagare lo scotto di una crescita con un unico baricentro, quello bellico, è stato, anche questo un paradosso, quello delle Difesa, anch’esso, suo malgrado a questo punto, legato a doppio filo al sistema bancario. Ma adesso il contagio si sta allargando.

 



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