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Di tassi si muore. Il boomerang russo che fa male alla Difesa

Come era prevedibile, la produzione bellica che finora ha garantito la sopravvivenza dell’economia russa, ha d’altro canto innescato una spirale decisamente pericolosa per le imprese dell’ex Urss, Difesa in testa. Che non riescono più a sostenere il costo dei finanziamenti con le banche

L’impressione è quella di trovarsi dinnanzi al classico boomerang. L’inflazione sale a dismisura, per colpa della forsennata produzione di armamenti per portare avanti la guerra in Ucraina, la banca centrale interviene per alzare i tassi e portarli a livelli mai visti prima e il costo del denaro arriva a costare troppo per le imprese. Le quali, finiscono in grandi difficoltà. Succede in Russia, dove da due anni va in scena lo strano paradosso, raccontato a più riprese da Formiche.net, di un’economia solo apparentemente immune alle sanzioni, perché dopata dalla sola industria bellica a fronte di un’inflazione fuori controllo.

Risultato, i tassi di interesse alle stelle (21%) stanno mettendo le aziende del settore della Difesa in difficoltà, facendo materializzare un incubo finora solo sfiorato. Tutto è partito da un allarme lanciato da Sergei Chemezov, amministratore delegato del conglomerato della difesa Rostec, in un discorso ai senatori russi, pochi giorni fa. Il messaggio è risultato subito chiaro, i tassi record decisi dalla governatrice della Bank of Russia, Elvira Nabiullina, stanno divorando i profitti derivanti dagli ordini alle aziende.

Il manager ha spiegato come i clienti tendevano a pagare in anticipo il 30%-40% del valore di un ordine, ma lasciando che l’azienda prendesse in prestito il resto, per sostenere il costo di produzione, dunque indebitandosi con le banche. Ma quel debito è divenuto così costoso da annullare qualsiasi profitto derivante dal lavoro. “Se continuiamo a lavorare in questo modo, la maggior parte delle nostre imprese fallirà”, ha affermato Chemezov.

Parole vane, visto che nelle stesse ore, la Bank of Russia aumentava ulteriormente il tasso di interesse principale , dal 19% al 21%. E questo a fronte di un bilancio della Difesa che è salito alle stelle, passando da 59 miliardi di dollari nel 2022 a 109 miliardi di dollari nel 2023. Senza considerare la stima che vuole nel 2024 un bilancio a 140 miliardi di dollari e di 145 miliardi per il 2025.

“Questa spesa ha delle conseguenze”, ha affermato Roman Sheremeta, professore associato di economia presso la Weatherhead School of Management della Case Western Reserve University. “Il governo ha pompato enormi somme di denaro per sostenere gli sforzi bellici e le riserve russe sono state quasi esaurite, ma il Cremlino non può permettersi che le aziende della difesa vadano in bancarotta, va interrotta questa spirale mortale in cui la spesa per la guerra genera più inflazione, che a sua volta richiede più spesa per la guerra”. Già.


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