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Serve un nuovo Pnrr per la transizione. I fondi alla sanità? Non si toccano. Parla Decaro

Dobbiamo abbassare il costo dell’energia per l’utente finale e parallelamente accelerare sulla decarbonizzazione virando su energie e tecnologie più sostenibili che allo stesso tempo favoriscano indipendenza energetica. Sulle politiche sanitarie va salvaguardato il EU4Health, evitando tagli. Colloquio con l’eurodeputato del Pd, Antonio Decaro

Un nuovo Pnrr dedicato al percorso di transizione, evitare i tagli al sistema sanitario e alle politiche europee in questo senso, accelerare sulla decarbonizzazione e disegnare una strategia efficace – anche nel solco delineato dall’ex premier, Mario Draghi – per aumentare la competitività dell’Ue. Sono i temi cardine sui quali, come racconta a Formiche.net, si sta concentrando, nel suo nuovo ruolo di presidente della Commissione Envi (ambiente, sanità pubblica e sicurezza alimentare), l’eurodeputato del Pd Antonio Decaro.

Decaro, lei presiede la Commissione Sanità in Ue. Quali le priorità che la Comunità ha individuato per intervenire a sostegno delle politiche sanitarie dei singoli Stati e in particolare per rafforzare il sistema sanitario nazionale italiano?

Uno dei primi atti della Commissione Envi che presiedo è stato quello di inviare una lettera con la quale mostravamo la nostra contrarietà rispetto all’idea di tagliare circa un miliardo di euro al programma EU4Health per il periodo 2025-2027 oltre ai altri tagli operati dal Consiglio su vari programmi dedicati alla salute e alla tutela di natura e biodiversità, su economia circolare e qualità della vita, su mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici e sulla transizione verso le energie pulite. Un’Europa che non investe nella sanità pubblica e nella salute dei suoi concittadini non è l’Europa che vogliamo.

Fra gli argomenti che in assoluto hanno fatto maggiormente discutere durante la campagna elettorale c’è senz’altro il Green Deal. Ci sarà una revisione delle politiche ambientali europee? In che termini?

Sul clima e sulle politiche previste dal green Deal non possiamo tentennare né temporeggiare ancora. Le conseguenze dei cambiamenti climatici sono sotto i nostri occhi: alluvioni e nubifragi stanno spazzando via paesi e vite, mentre dall’altro lato la siccità sta desertificando colture e territori. Quello che possiamo e dobbiamo fare è trovare le risorse per assicurarci che i costi della transizione necessaria non ricadano sulle spalle delle piccole aziende, dei lavoratori e dei cittadini più fragili. Serve un nuovo Pnrr dedicato al percorso di transizione. Molto probabilmente si dovrà fare ricorso a nuovo debito comune, come già paventato da Draghi nella sua relazione. Ciò che non potremo fare è restare inermi e attendere che gli eventi ci travolgano.

Recentemente, lei è intervenuto sulla crisi settore automotive sottolineando la necessità di mantenere i livelli occupazionali. Quali le misure da intraprendere sotto questo profilo?

Come dicevo prima tutti i processi di transizione devono essere socialmente sostenibili. Qualche tempo fa ho presentato un’ interrogazione alla Commissione per capire quali misure si intendono adottare a protezione dei lavoratori che rischiano di perdere il loro posto di lavoro nelle aziende della componentistica presenti nell’area industriale di Bari. La transizione delle produzioni non può essere scaricata sui lavoratori. Servono fondi per sostenere l’introduzione di nuove tecnologie ma anche per formare i lavoratori.

La competitività europea è uno dei temi al centro del report elaborato da Mario Draghi. Ritiene che questa maggioranza possa gettare le basi per un’inversione di tendenza e il rafforzamento del ruolo europeo sui mercati?

Un cambio di passo sul fronte della competitività è possibile solo a fronte di un’assunzione di responsabilità da parte dell’Europa e dei suoi Stati membri. La strada tracciata da Draghi è chiara se vogliamo anche solo sperare di poter tornare a competere con le grandi potenze mondiali. Dobbiamo essere pronti a cedere un pezzo di sovranità nazionale per guadagnare terreno sul fronte delle riforme istituzionali ancora troppo farraginose. Così come dobbiamo lavorare sul fronte dell’energia. In primo luogo, dobbiamo abbassare il costo dell’energia per l’utente finale e parallelamente accelerare sulla decarbonizzazione virando su energie e tecnologie più sostenibili che allo stesso tempo favoriscano indipendenza energetica del continente e il rispetto dell’ambiente.

Lei ha un background da amministratore. Come immagina il rapporto tra Ue ed enti locali, passando per il governo nazionale?

Io e altri parlamentari europei, già sindaci, siamo stati eletti anche per provare ad accorciare le distanze tra l’Europa e i cittadini. Le città sono il cuore del cambiamento, sociale, ambientale e politico. Nei prossimi dieci anni, il 70% della popolazione mondiale vivrà nelle città, ponendo al centro dei temi legati allo sviluppo sostenibile e ad altre sfide globali, tra cui i cambiamenti climatici. Per questo dobbiamo agire ora. Dobbiamo preparare il “tessuto urbano” all’impatto insediativo che avremo con l’aumento della popolazione attraverso politiche di infrastrutturazione sociale, trasportistica e abitativa. In questo credo l’esperienza dei sindaci e degli amministratori locali, a cominciare dalla gestione dei fondi comunitari, possa essere una guida per le misure da attuare.


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