Iveco defence vehicles si unisce alla cordata italo-tedesca per la produzione di equipaggiamento e sistemi terrestri di combattimento. La divisione del Gruppo Iveco coprirà una quota di partecipazione del 12-15% e garantirà l’inclusione del marchio italiano nella supply chain. Per il generale Pietro Serino, già capo di Stato maggiore dell’Esercito italiano, è una buona notizia
L’annuncio della joint venture tra Leonardo e Rheinmetall inizia a dare i suoi primi frutti, fungendo da catalizzatore per altri esponenti dell’industria nazionale della Difesa. Iveco defence vehicles (Idv), divisione del Gruppo Iveco specializzata nella produzione di mezzi ed equipaggiamento per le Forze armate e la Protezione civile, figurerà tra i fornitori di componentistica per la nuova joint venture italo-tedesca Leonardo-Rheinmetall military vehicles (Lrmv). L’accordo preliminare che è stato firmato prevede una partecipazione di Idv alla joint venture pari al 12-15%, per la fornitura della componentistica necessaria alla costruzione dei nuovi carri armati KF-51 Panther e mezzi di trasporto corazzato KF-41 Lynx per l’Esercito italiano. La commessa, pari a 8,2 miliardi di euro, rientra nel piano di investimenti contenuto nel Documento programmatico pluriennale (Dpp) 2024-2026 del ministero della Difesa che, tra le altre cose, punta a rinnovare la componente terrestre delle Forze armate italiane.
Per il generale Pietro Serino, già capo di Stato maggiore dell’Esercito italiano, “la costruzione di un polo industriale terrestre per la Difesa è un obiettivo importante da conseguire, che segnalavamo già nel primo Rapporto Esercito del 2021. Oggi, il coinvolgimento di Idv nel progetto di ammodernamento del parco mezzi da combattimento dell’Esercito penso che segni un passo importante”. Si tratta “sicuramente di una buona notizia, che arriva subito dopo quella della joint venture stessa”, aggiungendo di “aspettare anche la terza, cioè di una sorta di Consorzio Iveco – Oto Melara (Cio) evoluto, su tre piedi Leonardo, Rheinmetall e Idv, con una struttura solida e una governance robusta”.
Fin dalla metà degli anni Novanta, il Cio fornisce veicoli da combattimento alla Forza armata, ma come spiegato dal generale, “la mancanza di una governance strutturata del Cio, guidato ad anni alterni dalle strutture di Leonardo e Iveco, è il suo principale punto di debolezza”. La nuova joint venture, invece, potrebbe essere valutata come una evoluzione di questo modello, dal momento che alterna tra le due realtà il presidente e l’amministratore delegato, ma con una struttura permanente con persone dedicate. Arrivare ad avere un Cio evoluto “potrebbe essere importante perché negli scenari moderni l’interoperabilità operativa e logistica diventa fondamentale”.
Come spiegato da Serino, “in uno scenario operativo come quello che saremmo (speriamo mai) chiamati ad affrontare, una struttura logistica più semplice possibile sarebbe un punto di vantaggio rispetto a un ipotetico avversario. Avere una sola realtà fornitrice, in questo caso per quanto riguarda la parte meccanica, è sicuramente una consistente semplificazione logistica”.
Una joint venture allargata anche a Idv, “significherebbe per il Paese e per la sua Difesa avere un polo industriale della difesa che potrebbe dire la sua anche in Europa. C’è una bella dirigenza in tutti e tre i gruppi e c’è voglia di fare bene, e potremmo fare concorrenza a anche a chi pensa di avere un pedigree più alto del nostro”. Quello di oggi è un primo passo in questa direzione. Inoltre, registra ancora Serino “qualora si concretizzassero le indiscrezioni di stampa su una possibile acquisizione da parte del gruppo di piazza Monte Grappa di Idv, l’operazione si compirebbe, diciamo, in automatico”. Ma questa possibilità “non è l’unica alternativa, e anche una joint venture a tre sarebbe sicuramente un passo in avanti e personalmente ritengo che sarebbe importante lavorare in quella direzione, rendendo strutturale e strutturato il rapporto con Idv”.
Per quanto riguarda l’evoluzione tecnica di questi mezzi “dobbiamo ispirarci ai mezzi che volano, nel senso che dovranno essere piattaforme in grado di coordinare anche sistemi non pilotati”. Si tratta, spiega Serino, del cosiddetto “manned-unmanned teaming, una capacità che già hanno le piattaforme aeree, in grado anche di prendere il controllo di sistemi lanciati da altre piattaforme”.
In qualche modo, i nuovi mezzi dovranno diventare “nodi di comando e controllo, in grado non solo di guidare le proprie munizioni, ma anche di gestire quelle degli altri, così come droni aerei e terrestri”
“Qualche anno fa – illustra ancora il generale – quando uscirono i primi progetti per il Panther KF51 sviluppato da Rheinmetall (e sul quale si baserà probabilmente anche il carro italiano) emerse l’idea molto intrigante di utilizzare l’equipaggio del carro sempre su quattro militari, nonostante il serviente al pezzo non servisse più per il caricamento automatico”. Questo quarto membro dell’equipaggio sarebbe dovuto diventare “un operatore dei sistemi di bordo, dedicato a gestire i sistemi di piattaforma, come droni e simili, a bordo”.
La stessa cosa, immagina Serino “la vedo anche per il veicolo di fanteria, che non dovrà più solo trasportare il team di fucilieri, ma anche seguire la squadra facendo da nodo di comando e controllo”:
Una base di questo impiego, in realtà l’Esercito già esiste, svela Serino: “È il nuovo elicottero di Leonardo AW249 Fenice, che già integra il concetto di manned-unmanned teaming ed è in grado anche di gestire munizioni e sistemi lanciati da altri. Questa potrebbe essere la base di riferimento, pienamente integrata nel sistema”. Come racconta ancora Serino “in una delle mie ultime visite da capo di Stato maggiore dell’Esercito fu alla ex-Oto Melara, la quale – su spinta dell’Esercito – aveva realizzato una specie di dimostratore di una plancia di comando e controllo per il veicolo da combattimento per la fanteria fatta di due operatori affiancati con schermi e cloche. Un modello molto ‘aeronautico’. Un concetto molto interessante e proprio quello che ci servirebbe. Le idee ci sono e le competenze anche”.
L’obiettivo, spiega il generale, è “crearci il multidominio in Forza armata, non per sostituire le altre specificità, ma per essere pronti a operare in ottica multidominio interforze. La prima cosa da fare e imparare a farlo con in ostri elementi”.
Proprio quest’ottica è giudicata dal generale la vera causa che fece saltare l’accordo con KNDS: “Sono vinto non sia stato un problema industriale, ma anche operativo, per la mancata italianizzazione del sistema”. In ottica multidominio, spiega Serino, “è fondamentale condividere il sistema di comando, controllo e comunicazione per assicurare la protezione cyber dei sistemi”. Sebbene sia tecnicamente possibile passare da un sistema all’altro (e infatti non è detto che sistemi C2 non possano comunicare tra loro) “questi passaggi creano delle vulnerabilità che ‘quelli bravi’ riescono a sfruttare per infilarsi senza problemi nei sistemi”. Garantire una interoperabilità alla nascita tra sistemi ruotati e cingolati, che saranno sicuramente chiamati a operare insieme, garantisce dunque una maggiore sicurezza che non si avrebbe con cingolati e ruotati di famiglie diverse.
“Mi è dispiaciuto per gli amanti del Leopard, tra i quali annovero anche me stesso – ha detto il generale – ma non è stata una responsabilità dell’Esercito: son si stavano creando le condizioni che sarebbero servite a un Esercito come quello italiano, espressione di una media potenza europea evoluta”. Sebbene siano state citate le ‘piccole modifiche’ dei carri norvegesi e ungheresi, per il generale Serino “un Paese come l’Italia, membro del G7, ha una prospettiva diversa, e il metro di giudizio per le modifiche di Norvegia e Ungheria non è adatto all’Italia”.
Può dispiacere, “ma reputo il fatto che si parte per uno sviluppo ex novo del carro e del veicolo da combattimento per la fanteria insieme un’opportunità, perché permette ai due mezzi di nascere gemellati, e quindi garantire quel pari livello tattico e tecnico che nei moderni conflitti è essenziale”.
L’Italia, quindi, può giocare un ruolo importante, come sistema-Paese: “È un qualcosa che oggi si legge sui giornali ma che per gli addetti ai lavori è chiara da anni, ne parlai appena nominato capo di Stato maggiore dell’Esercito con l’allora ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, precedente governo e legislatura”. Come racconta Serino “allora ci presentammo con un programma economicamente e finanziariamente molto robusto, e oggi tra carro e veicolo da combattimento per la fanteria ci avviciniamo ai dieci miliardi già disponibili e predisposti. Un programma che non ha paragoni in Europa”. Non esiste, infatti, in tutto il Vecchio continente un programma per moderni mezzi da combattimento di questo spessore economico: “Quasi tutti gli altri Paesi stanno modernizzando o potenziando quello hanno, ma non con i nostri numeri”. Come ha concluso Serino “L’esigenza da un lato, le risorse dall’altro e le competenze tecnologiche e tecniche che possono portare Leonardo, Rheinmetall e, oggi, IDV, sono tutte condizioni per un salto di qualità importante”.