Skip to main content

Aleppo, per chi suona la campana? L’analisi di Cristiano

L’Iran non riesce più a controllare la Siria. Non ce la fa. Ci riusciva con Hezbollah, ora non più, puntando tutto sulla cartapesta Assad, come ha fatto Putin. Ora però il leader siriano a chi serve? E c’è poi una domanda: e i siriani?

Forse qualcuno, davanti alla mutevole cartina del Medio Oriente, si era dimenticato di un protagonista, il presidente turco Erdogan. Ora che una coalizione di forza paramilitari e jihadiste a lui fedeli o sue alleate ha preso il controllo di 50 città e villaggi nel governatorato settentrionale della Siria e in metà della sua capitale Aleppo, tagliando a metà la vitale arteria che collega questa città con la capitale Damasco, se ne sarà ricordato.

Infatti mentre la Russia conferma il pieno sostegno al presidente siriano Assad, il cui esercito si è liquefatto senza sparare un solo colpo per difendere Aleppo, e invia i suoi jet a bombardare gli insorti, il premier turco ha chiesto di fermare le ostilità, dicendo che è a rischio la stabilità di tutta la regione. Anche l’Iran ha confermato il suo pieno sostegno ad Assad, ma, a differenza dei russi, gli iraniani hanno già perso sul campo un altro loro generale dei pasdaran, colpito dagli insorti con un drone, tipo di armamento che hanno impiegato nella loro offensiva insieme a missili sofisticati, che qualcuno deve avergli dato.

È difficile dire cosa accadrà, ma si può ritenere più probabile che la spunterà il turco Erdogan. Una nuova guerra regionale è possibile, ma a chi interessa? Se non interessa nella situazione odierna dovrebbe essere possibile un negoziato guidato dai russi, che oltre a controllare ogni respiro di Assad hanno notoriamente buoni rapporti con Erdogan. E allora, per cercare di farsi un’idea, bisogna ricordarsi di cosa chiede da tempo il leader turco a Putin. Ha chiesto, ad alta voce, un “riavvicinamento” al leader siriano, e Putin lo ha proposto ad Assad, che stranamente però si è impuntato e ha detto di no al padrone. Potrà continuare a farlo? Soprattutto dopo la bella prova offerta al Cremlino perdendo senza colpo ferire mezza Aleppo e tanti territori circostanti? Anche Putin sarà stato sorpreso, ma lui è preso da altro, cioè dall’Ucraina. Ora dovrà impegnarsi un po’ anche in Siria (e già lo fa). Ma vorrà una soluzione che funziona, e Assad lo deve capire.

Ma se le cose stessero così occorrerebbe anche capire cosa intenderebbe chiedere Erdogan ad Assad grazie ai buoni uffici di Putin e all’intervento militare. Erdogan controlla un pezzo di Siria, tramite le milizie di cui parliamo, che è già stracolmo di tutti gli sfollati da Assad e che non è sufficiente a ricevere i milioni di siriani che sono fuggiti in Turchia, autentici perseguitati politici, ma che la Turchia ha bloccato sul suo territorio da anni, in cambio di lauti finanziamenti europei.

Ma la Turchia non vive bene, l’economia non va, e Erdogan per non perdere altri consensi deve liberarsi di questa massa sgradita di uomini e donne che nessuno vuole, a cominciare da Assad, che ha riservato ai siriani il peggio di sé, torturando, deportando e assassinando nel complesso ben più della metà della popolazione pre-bellica (2011) del suo Paese. Dunque Assad a questo non ha potuto dire di sì ed ha resistito alle richieste del suo padre-padrone, Putin. Ora Erdogan sembra essersi presentato a mezzo dei suoi amici, a chiedere che il siriano venga a più miti consigli. Dunque Erdogan sembra chiedere che la fascia siriana non sottoposta alle cure di Assad, ma alle sue, venga estesa, così da risolvere il suo grattacapo.

Ma Erdogan sa bene in che contesto ci si trova oggi, sa bene che da quelle parti passano interessi nevralgici anche per altri soggetti, a cominciare dagli iraniani, che controllano con Assad quel corridoio decisivo per far giungere armi in Libano e per gli americani, che non vogliono che quelle armi arrivino a destinazione.

Dunque la partita è diventata molto importante, riguarda l’assetto di un pezzo di Siria decisiva per definire quei corridoi terrestri che determinano chi arriva dove. Difficile pensare che il negoziato che qui si ipotizza avvenga senza un coinvolgimento degli americani.

Forse a Washington hanno capito che mettere il loro futuro nelle mani del leader di cartapesta, Assad, non è lungimirante. Così ragionare con Putin e con l’irrequieto Erdogan è preferibile, sebbene gli armati di cui si avvale Erdogan siano impresentabili. Ma lo è anche Assad. Erdogan è da anni che deve risolvere la “questione siriana”, cioè di quei milioni di esseri umani che nessuno vuole. Si faccia una gabbia nel nord della Siria e li stipi lì. Poi sui vigilantes ci si capirà.

Inoltre Erdogan sa che Putin, e gli americani, lo ascolteranno con attenzione perché Assad ha dimostrato di non controllare neanche il salotto di casa sua. Non sarà il caso di ricordarsi di una risoluzione dell’Onu, di questi tempi molto di moda, che richiedeva una fase transitoria siriana, con un governo aperto agli insorti? Quelli intervenuti ad Aleppo non sono belli, ma sono efficienti a differenza di Assad. Ma occorre aprire bene gli occhi, si può scoprire infatti che anche gli oppositori non filo turchi, quelli in esilio a Ginevra, aprono a Putin, chiedendogli di distanziarsi, se non proprio dal regime, almeno da Assad.

Questo ora sarebbe possibile, perché l’Iran non riesce più a controllare la Siria. Non ce la fa. Ci riusciva con Hezbollah, ora non più. Come Putin anche l’Iran ha puntato tutto sulla cartapesta Assad, ora però il leader siriano a chi serve?

C’è poi una domanda: e i siriani?


×

Iscriviti alla newsletter