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Intelligence e sicurezza nazionale. Cosa c’è nella proposta Guerini

Il presidente del Copasir ha depositato un disegno di legge che interviene sulla legge 124 del 2007. Non è contemplata una nuova organizzazione dei servizi segreti. Previste l’obbligatorietà dell’Autorità delegata, la definizione di una strategia di sicurezza nazionale e l’istituzione di un Consiglio per la sicurezza nazionale. Il dibattito è aperto

A fine febbraio, il sottosegretario Alfredo Mantovano, Autorità delegata per la sicurezza della Repubblica, spiegava che era in corso un confronto pre Politico sulla riforma dell’intelligence. A distanza di otto mesi l’architettura della sicurezza nazionale è oggetto di un disegno di legge presentato da Lorenzo Guerini, deputato del Partito democratico, presidente del Copasir e già ministro della Difesa, a testimonianza dell’approccio bipartisan necessario quando si toccano elementi così delicati.

Nella sua proposta non c’è un nuovo disegno del comparto – parola che però a questo governo piace poco perché, si dice, ricorda gli scompartimenti dei treni – intelligence, che oggi è organizzato, come indicato dalla legge 124 del 2007, con il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza come organismo di coordinamento delle due agenzie, l’Aisi per l’interno e l’Aise per l’estero (più la competenza anche nazionale sulla controproliferazione, eredità del predecessore Sismi). Non c’è il servizio unico, ovvero una delle ipotesi al vaglio per quelle “sovrapposizioni” tra i due servizi che il sottosegretario Mantovano ha da tempo in mente di risolvere. Una strada percorribile per risolvere questo aspetto specifico riguarda l’organizzazione interna, con una maggiore integrazione intra-agenzia (con centri missione che riuniscono sotto lo stesso tetto operativi e analisti che si occupano di questioni specifiche) e inter-agenzia: per fare ciò sono necessari, come raccontato su Formiche.net nei mesi scorsi, dei regolamenti, ovvero dei decreti del presidente del Consiglio dei ministri, documenti che – per ovvie ragioni – sono secretati. Per superare la distinzione tra interno ed esterno, invece, serve intervenire sulla legge 124 del 2007.

Nella proposta di Guerini c’è, invece, l’obbligatorietà dell’istituzione dell’Autorità delegata alla sicurezza della Repubblica (un sottosegretario, senza più la possibilità, oggi prevista, di un ministro senza portafoglio). Così si eviterebbero casi come quello di Giuseppe Conte, che da presidente del Consiglio tenne per sé la delega per l’intera durata dei suoi due governi a parte una brevissima parentesi finale in cui fu affidata all’ambasciatore Pietro Benassi prima della caduta dall’esecutivo. Il senso, ha spiegato Guerini alla Camera, è “individuare una figura non meramente eventuale, che sia incaricata, in via permanente ed esclusiva (salvo il caso in cui siano ad essa conferite le funzioni di segretario del Consiglio dei ministri), al coordinamento delle politiche per la sicurezza nazionale e dotata delle funzioni di raccordo trasversale necessarie per l’elaborazione della strategia di sicurezza nazionale”. Il disegno di legge prevede poi che il presidente del Consiglio possa affidare all’Autorità delegata anche le funzioni riguardanti le procedure di autorizzazione delle condotte previste dalla legge come reato (oggi la legge prevede che direttore del servizio di informazione per la sicurezza autorizza le condotte richieste e ne dà comunicazione immediata, e comunque non oltre le ventiquattro ore, al presidente del Consiglio dei ministri).

La seconda novità della proposta di Guerini è la definizione di una strategia di sicurezza nazionale triennale (la prima sarebbe adottata entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge). Come osserva il presidente del Copasir, l’Italia è l’unico Paese del G7 a non avere un documento di sicurezza nazionale. “Se è vero che ogni Stato dispone, almeno in forma implicita, di una propria strategia di sicurezza nazionale, renderla esplicita attraverso l’adozione di documenti ufficiali consentirebbe l’emersione della dimensione strategica e, in definitiva, del collegamento tra gli obiettivi politici e i mezzi a disposizione”, ha spiegato l’ex ministro. “A tale fine, a differenza delle strategie puramente militari, l’obiettivo non è quello di individuare l’impiego più efficiente delle risorse a disposizione, quanto piuttosto quello di orientare tali risorse verso il perseguimento degli obiettivi strategici individuati”, ha aggiunto. Responsabile dell’attuazione della strategia sarebbe l’Autorità delegata, che diventerebbe una sorta di consigliere per la sicurezza nazionale.

La terza novità è, collegata alla seconda, l’istituzione di un Consiglio per la sicurezza nazionale, presieduto dal presidente del Consiglio. Sarebbe composto, oltreché dall’Autorità delegata, dal capo di stato maggiore della Difesa e dal direttore generale del Dis (con funzioni di segretario), dai ministri degli Esteri, dell’Interno, della Difesa, della Giustizia e dell’Economia – ovvero tutti quelli presenti al Consiglio supremo di Difesa, tranne quello delle Imprese e del Made in Italy (il Comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica, invece, è stato recentemente ampliato coinvolgendo anche Ambiente e sicurezza energetica, Agricoltura, Infrastrutture e trasporti, Università e ricerca). Inoltre, si legge, “possono essere invitate a partecipare alle riunioni del Consiglio le autorità politiche, civili o militari competenti in ragione delle questioni da trattare”. Al Consiglio per la sicurezza nazionale spetterebbero: formulare proposte al presidente del Consiglio “in merito all’integrazione delle politiche interne, estere e militari relative alla sicurezza della Repubblica, in modo da consentire il più efficace coordinamento tra le autorità civili e militari nelle questioni riguardanti la sicurezza nazionale”; “esprimere avviso su tutte le questioni relative alla sicurezza della Repubblica sottoposte dal presidente del Consiglio dei ministri o dall’Autorità delegata”; “elaborare la proposta di strategia di sicurezza nazionale con il contributo delle autorità politiche, civili e militari competenti”.

Che si muova il presidente del Copasir è la conferma di un dibattito in corso. Nei giorni scorsi se ne era parlato anche in occasione della presentazione di un position paper organizzata dall’Associazione Futuri Probabili in collaborazione con la Fondazione Leonardo-Civiltà delle Macchine, entrambe presiedute da Luciano Violante, che nel 2007 fu relatore della legge 124. La sicurezza oggi, si legge nel documento, “non consiste solo nella difesa militare, anche se il rischio della guerra appare oggi meno lontano di ieri. La sicurezza comprende anche la libertà dei cittadini di vivere le proprie scelte, la certezza di una formazione adeguata alle necessità del lavoro e della vita, la possibilità di disporre dei beni e dei servizi essenziali, di energia, alimenti, ambiente sicuro senza costrizioni politiche e senza condizionamenti economici o sociali”. Durante la presentazione, il generale Luciano Portolano, capo di stato maggiore della Difesa, ha spiegato che non esiste un sistema di sicurezza senza il coinvolgimento dei molteplici attori, che poi danno concretezza agli strumenti del potere nazionale. Si tratta del passaggio dal concetto di difesa a quello di sicurezza a cui si faceva riferimento anche nella nota di una riunione del Consiglio supremo di Difesa di un anno faGuido Crosetto, ministro della Difesa, ha suggerito che lo scopo di una strategia di sicurezza nazionale sia “delineare un piano d’azione basato sull’impiego coordinato degli strumenti di potere nazionale: quello politico, diplomatico, informativo, militare, civile, legale ed economico”.

È il cosiddetto spettro Dimefil su cui si articolano le campagne dette “ibride”, che hanno come caratteristiche l’asimmetria, la gradualità (sempre al di sotto della soglia del conflitto) e l’alta possibilità di deniability del mittente.

Proprio partendo da questo concetto e da queste minacce – che vede nella Cina, ancor più che nella Russia, la massima espressione alla luce di una sfida multivettoriale – un anno fa è stato discusso un paper del Luiss Policy Observatory dal titolo “Minacce sistematiche e risposte whole of government: un Consiglio per la sicurezza per l’Italia?” firmato da Beniamino Irdi, Head of Strategic and International Affairs presso Deloitte Legal Italia. Guardando anche alle esperienze degli alleati, Irdi suggeriva l’istituzione di un Consiglio per la sicurezza nazionale con tre caratteristiche: permanente (e non un organo di crisi per “garantire una calibrazione costante, quotidiana della policy di governo); un organo tecnico con personale a impiego permanente; dipendente dal capo del governo, con la guida che “non dovrebbe fare parte di una delle amministrazioni che lo compongono” come garanzia di imparzialità e per rispecchiare “la necessità di rafforzare un concetto di sicurezza nazionale completo e non appiattito su una delle sue dimensioni”.


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