Ritorno alla Casa Bianca con poteri assoluti, che vanno dal controllo del Congresso del Senato e della Corte Suprema a quello del Partito Repubblicano. Per il 47esimo Presidente degli Stati Uniti non ci saranno però alibi per la realizzazione di quanto promesso. L’analisi di Gianfranco D’Anna
Strike! Donald Trump li ha buttati tutti giù come birilli: avversari, detrattori, accusatori, sondaggisti. Tutti spiaggiati o scaraventati sugli scogli dallo tsunami elettorale Trump.
L’onda d’urto del neo 47° Presidente degli Stati Uniti ha stravinto contemporaneamente su tutti i fonti come mai prima d’ora: ha superato di slancio il numero dei 270 elettori, ha vinto il voto popolare ed ha conquistato la maggioranza di Camera e Senato.
L’ America si riconosce in Donald Trump e gli conferisce i pieni poteri per rilanciare l’economia, arginare l’ esponenziale espansionismo cinese, debellare il terrorismo islamico, tenere a bada Putin, l’Iran e la Corea del Nord, difendere occupazione e risparmi, riaffermare il primato strategico e tecnologico degli Usa nel mondo.
Impegni che Trump non può eludere anche perché oltre al predominio politico, controlla totalmente la Corte Suprema che ha ulteriormente potenziato le prerogative e l’immunità presidenziali.
Un potere assoluto che non è esagerato definire imperiale, ma che proprio per questo va esercitato con saggezza democratica, lungimiranza e nell’interesse di tutto il popolo americano.
Auspici e speranze che traspaiono nelle congratulazioni e negli auguri rivolti a Trump da quasi tutti i Capi di Stato e di Governo e nei commenti dei media, in particolare europei. Commenti che evidenziano più la leadership trascinante del rientrante inquilino della Casa Bianca, che l’analisi della sconfitta della candidata democratica Kamala Harris.
Analisi che parte dalla constatazione di come la Vice Presidente non sia riuscita a illustrare efficacemente e capitalizzare gli straordinari successi economici dell’amministrazione Biden della quale pure è stata protagonista.
L’anatomia della sconfitta della Harris non esclude anche la considerazione che l’America abbia avuto paura dell’esplicita minaccia di guerra civile espressa da Trump in caso di sconfitta ed abbia preferito eleggerlo per disinnescare le tensioni e metterlo definitivamente alla prova.
Una prova sulla pelle degli elettori, sostengono i pessimisti che sottolineano come sia il primo presidente con una condanna penale e il più vecchio ad insediarsi, a 78 anni.
Mentre gli ottimisti confidano nella sindrome dello statista che pervade gli inquilini della Casa Bianca, soprattutto nel secondo e definitivo mandato. Le premesse ci sono, aggiungono gli ottimisti che citano le prime dichiarazioni presidenziali di Trump: “ Penserò ogni giorno al vostro futuro. Niente guerre. Questa sarà l’età dell’oro dell’America. Lotterò per la spinta economica degli Stati Uniti”.
Le prime razioni all’elezione di Trump sono economiche: i future sui listini di Wall Street avanzano così come lo Standard & Poor 500, il più importante indice azionario statunitense ed il Nasdaq, l’ indice azionario della borsa valori americana.
Secondo gli ambienti bancari la vittoria Trump sta determinando in Europa ripercussioni su dazi, energia e rendite fiscali.
”Abbiamo già visto le ripercussioni sul settore manifatturiero, in particolare quello tedesco. Riteniamo che le proposte di dazi commerciali al 10% contro tutti i partner commerciali e soprattutto le implicazioni maggiori, con dazi commerciali fino al 60% sui prodotti cinesi potrebbero avere ripercussioni negative sulle esportazioni e sul manufatturiero tedesco” ha affermato Giada Giani, senior economist di CitiBank per l’Europa.
Ma sul piano economico per l’Europa si prospetta soprattutto il gigantesco rilancio della poderosa ricostruzione dell’Ucraina in seguito alla annunciata fine della guerra con la Russia, promessa da Trump.
“Adesso comincerà una corsa all’interpretazione su quello che Trump ha detto, ovvero che farà finire la guerra in Ucraina in 24 ore”, ha affermato Beniamino Irdi, senior fellow, Atlantic council che ha aggiunto: ”L’interpretazione più ricorrente é che voglia esercitare una pressione su Zelensky, su cui ha una leva fondamentale che è la fornitura di armi, oppure su Putin, che sono le minacce, questo perché si siedano a un tavolo. In Europa ci sarà un’accelerazione molto forte su come fare all’indomani per strutturarsi per contenere Putin”.
Economicamente la Presidenza Trump é già virtualmente in orbita, ma oltre alle spinte speculative iniziali, la rotta e le incognite della nuova pagina di storia americana destinata a coinvolgere strategicamente l’intero pianeta cominceranno a concretizzarsi dopo l’insediamento di gennaio.
In estrema sintesi, al momento, la Trump strategy sembra coincidere con il concetto attribuito ad Andy Warhol che spendere è molto più americano di pensare.