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L’Artico come frontiera strategica. Il viaggio di Meloni in Lapponia letto da Mian

La visita di Giorgia Meloni in Lapponia evidenzia il crescente ruolo strategico dell’Artico e la necessità di bilanciare le priorità geopolitiche della Nato tra il fianco nord e sud, in un momento di tensioni globali. Formiche.net ha approfondito il viaggio della premier, previsto nel prossimo fine settimana, con il giornalista Marzio Mian, cofondatore di The Arctic Times Project e autore di un libro incentrato proprio sull’Artico dal titolo “Guerra Bianca. Sul fronte artico del conflitto mondiale”

 

All’interno di un più ampio tour estero composto da varie tappe, la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni si recherà il 21 e il 22 dicembre nel piccolo villaggio di Saariselkä, in Lapponia, per partecipare ad un incontro con primo ministro finlandese Petteri Orpo, al quale parteciperanno anche il primo ministro svedese Ulf Kristersson e quello greco Kyriakos Mitsotakis, nonché l’Alto Rappresentante dell’Unione Europea per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza, l’estone Kaja Kallas. La presenza dell’Italia è significativa dei diversi interessi di cui si deve fare latrice al tavolo diplomatico. Formiche.net ha approfondito il viaggio con il giornalista Marzio Mian, cofondatore di The Arctic Times Project e autore di un libro incentrato proprio sull’Artico dal titolo “Guerra Bianca. Sul fronte artico del conflitto mondiale”.

In che contesto avviene il viaggio di Giorgia Meloni in Lapponia?

Il viaggio di Giorgia Meloni avviene in un momento cruciale per l’Artico, segnato da un’impasse importante all’interno del Consiglio Artico. Questo è dovuto principalmente alla rottura con la Russia, Paese che occupa il 52% delle coste artiche ed è storicamente la potenza predominante nella regione. Inoltre, la situazione è cambiata radicalmente dopo l’aggressione russa in Ucraina, che dopo decenni di neutralità ha portato all’ingresso nella Nato di Finlandia e Svezia, entrambi membri del Consiglio Artico. Dinamica che ha reso quest’ultimo sempre più “occidentale”. Ma sul terreno la situazione è diversa. Dal punto di vista geoeconomico e geopolitico l’Artico è oggi una regione strategica, che ospita una concentrazione di armamenti e manovre militari significative. Soprattutto nel Mare di Barents, dove Russia e Nato confinano. Ma anche nel Pacifico settentrionale, dove Mosca e Pechino svolgono esercitazioni congiunte. Questo rende l’area una delle più calde del pianeta dal punto di vista militare.

Qual è il ruolo dell’Italia nel contesto artico?

L’Italia ha interessi significativi nella regione, e il ruolo è molteplice. Diplomaticamente, l’Italia è un Paese osservatore nel Consiglio Artico grazie all’azione svolta dall’allora ministro degli Esteri, Franco Frattini. La stessa Unione Europea non dispone ancora di questo status, e ciò garantisce a Roma un peso ancora maggiore. Dal punto di vista energetico, c’è la presenza di Eni. Dal punto di vista tecnologico, siamo attivi nel campo delle telecomunicazioni satellitari e della difesa con Leonardo. Inoltre, le truppe alpine italiane partecipano regolarmente a esercitazioni con i partner Nato, dimostrando il nostro impegno nella preparazione per un eventuale conflitto in condizioni artiche. E non dimentichiamo il contributo scientifico italiano, come la stazione di ricerca alle Svalbard. Tutto ciò sottolinea l’importanza strategica dell’Artico per il nostro Paese.

Cosa implica la partecipazione di Paesi del fianco sud della Nato, come Italia e Grecia, a questo quadrilaterale in Lapponia, insieme a Svezia e Finlandia, oltre che rappresentanti dell’Unione Europea?

Questo incontro evidenzia una collaborazione tra il fronte nord e sud dell’Alleanza Atlantica, ma con prospettive diverse. Per Paesi come Italia e Grecia, è fondamentale controbilanciare la crescente attenzione della Nato verso il fianco nord con un maggiore impegno verso il fianco sud, dove le minacce provenienti dall’Africa sono sempre più rilevanti. Compresa quella russa: la presenza di Mosca in Libia, specialmente adesso che il Cremlino sembra sul punto stabilire una base a Tobruk, è solo un esempio delle sfide strategiche che affrontiamo.

Possiamo quindi interpretare questo incontro come un tentativo di delineare un fronte comune Nato-Ue contro la Russia, dall’Artico al Mediterraneo?

Non direi. Nell’Artico, l’Unione Europea ha un ruolo molto limitato, concentrato principalmente su questioni scientifiche. Tuttavia, è chiaro che la regione sta diventando un punto di confronto tra due blocchi contrapposti. Da un lato, un fronte occidentale sempre più coeso, e dall’altro, Russia e Cina, che collaborano strettamente sia a livello militare che commerciale. L’Italia, con la sua partecipazione, vuole ribadire l’importanza di un equilibrio tra nord e sud nel contesto Nato. Specialmente in un momento come questo dove la ridefinizione degli impegni nel settore della difesa comporterà anche una revisione della postura militare dell’Alleanza lungo tutto il suo perimetro.


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