In previsione di un rallentamento dell’economia in Europa, Francoforte frena ancora il costo del denaro di 25 punti base. E anche la Fed, tra pochi giorni, dovrebbe fare altrettanto
I mercati lo avevano già messo in conto il verdetto: la Banca centrale europea ha deciso un altro taglio dei tassi, il quarto da quando ha iniziato ad allentare la restrizione monetaria ancora in atto, pari a 25 punti base. Rassegnate a quanto pare le colombe, che da tempo chiedono alla Bce di avere un po’ più di coraggio e di blindare il Pil dell’Eurozona con un maxi taglio di 50 punti base.
E così, il tasso di riferimento, quello sui depositi, è sceso al 3%. Lo scorso luglio era al 4%. Merito, la decisione dell’Eurotower, di una proiezione dell’inflazione in lenta, ma costante discesa. I prezzi, infatti, sono attestati collocarsi in media al 2,5% nel 2024, al 2,2% nel 2025 e all’1,9% nel 2026, come nelle proiezioni di giugno. La mossa della Bce ha un chiaro significato: tornare a immettere denaro nel mercato in vista di un più che probabile contrazione dell’economia Ue.
Ma i tassi sono solo una parte della politica monetaria. I governatori oggi si sono anche confrontati sulle prossime mosse con vista 2025. Una parte dei membri del Consiglio direttivo, guidati dal governatore di Bankitalia Fabio Panetta, sono a favore di un ritorno a una forma di guidance che fornisca ai mercati indicazioni più chiare sulle intenzioni di allentamento monetario da parte della Bce abbandonando l’orientamento basato sui dati e di meeting in meeting adottato durante la crisi pandemica e tanto caro a Christine Lagarde.
Sul fronte opposto diversi governatori, in primis il presidente della Bundesbank Joachim Nagel, continuano a sostenere la necessità di procedere con i piedi di piombo rimanendo ancorati al principio della prudenza che si traduce nell’ormai formula classica del mantenere i tassi di riferimento su livelli sufficientemente restrittivi finché necessario. Sullo sfondo di questa discussione rimane la domanda su quale potrebbe essere il punto terminale di questo processo di riduzione del costo del denaro.
Se una buona parte degli economisti individua questo punto di caduta attorno fra l’1,75% e il 2%, per alcuni, il tasso terminale potrebbe essere molto più basso. Il dibattito sull’appropriata configurazione del tasso di riferimento neutrale promette in ogni caso di caratterizzare le riunioni dei prossimi mesi con un primo appuntamento per il meeting del 30 gennaio, dieci giorni dopo il ritorno ufficiale di Trump alla Casa Bianca. Per allora, molto probabilmente, si saprà se le minacce di tariffe punitive fatte in campagna elettorale si saranno tradotte in realtà.
E la Federal Reserve, che farà? Sponda americana, il 18 dicembre, la banca centrale americana dovrebbe dunque annunciare un taglio dei tassi di 25 punti base (al 4,25-4,50%), già prezzato con una probabilità superiore all’85% prima del report sull’inflazione Usa. Ora le chance sono salite oltre il 90%, mentre per il 2025 i trader scontano mediamente due riduzioni aggiuntive, con poche possibilità per un terzo taglio.