Mosca torna ad attaccare le infrastrutture energetiche ucraine, mentre sulla questione dei negoziati emerge la posizione di Trump su peacekeeping e sull’adesione di Kyiv alla Nato
“Uno degli attacchi più massicci alle nostre infrastrutture energetiche condotti fino a oggi”. Così il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha definito l’offensiva aerea portata avanti da Mosca, durante la quale sono stati lanciati circa novantatre missili e quasi duecento droni kamikaze. Di questi sono stati abbattuti ottantuno missili, undici dei quali intercettati dai sistemi F-16. L’offensiva ha causato “danni significativi alle attrezzature delle centrali elettriche”, ha dichiarato la più grande società elettrica privata ucraina Dtek, specificando che non ci sono state vittime e che i lavoratori del settore energetico stanno lavorando per ripristinare le operazioni.
L’attacco delle scorse ore è soltanto l’ultimo episodio della più ampia campagna di Mosca volta a paralizzare l’infrastruttura energetica ucraina in previsione dell’inverno. L’azione di ieri arriva a poco più di due settimane di distanza dal più grande attacco del genere sferrato dalle forze russe contro bersagli ucraini. L’Ucraina sta affrontando gravi carenze di energia, avendo perso più della metà della sua capacità di produzione di elettricità. E l’obiettivo del Cremlino è quello di piegare la resistenza ucraina, sia attraverso gli attacchi in sé che attraverso l’impossibilità di affrontare adeguatamente le difficili condizioni climatiche. Una dinamica richiamata dallo stesso Zelensky, il quale ha affermato che “Questo è il ‘piano di pace’ di Putin: distruggere tutto. È così che vuole i ‘negoziati’: terrorizzando milioni di persone”.
Sulla questione del piano di pace è stata rosea nota anche la posizione del neo-eletto presidente statunitense Donald Trump, che avrebbe affrontato l’argomento con lo stesso Zelensky e con il presidente francese Emmanuel Macron in occasione della sua visita a Parigi di pochi giorni fa. Secondo quanto riferito da funzionari informati sull’incontro Trump è contrario all’ipotesi dell’adesione dell’Ucraina alla Nato, ma vorrebbe vedere un’Ucraina forte e ben armata uscire dalle negoziazioni. Inoltre, Trump avrebbe sottolineato come l’Europa dovrebbe svolgere il ruolo principale nella difesa e nel sostegno dell’Ucraina e che vorrebbe che le truppe europee fossero presenti in Ucraina in funzione del processo di peacekeeping. Una linea che ha già ricevuto l’avallo del ministro della Difesa italiano Guido Crosetto.
Queste discussioni sono ancora in una fase embrionale, con diverse questioni irrisolte che andranno affrontate, tra cui quali Paesi europei saranno coinvolti, la dimensione dell’eventuale contingente, il ruolo di Washington nel sostenere l’accordo e se la Russia accetterebbe o meno un accordo che coinvolga truppe dei Paesi della Nato.
Non è ancora però chiaro quale sia il piano di Trump per arrivare ad un negoziato. Qualsiasi sforzo per porre fine agli scontri si scontrerà con forti ostacoli, in particolare da parte del Presidente russo Vladimir Putin, che non ha mostrato alcuna inclinazione a porre fine a una guerra che ritiene di vincere, anche se i guadagni delle forze russe sono lenti e con pesanti perdite. E anche Kyiv potrebbe non essere particolarmente favorevole a congelare il conflitto mantenendo lo status quo attuale, poiché cederebbe il controllo del 20% del Paese.
Nel frattempo, arriva l’alto di Mosca. Il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha affermato che al momento i “prerequisiti” per i negoziati sull’Ucraina non ci sono, aggiungendo che le condizioni “pre-negoziali” non sono soddisfatte: “Non vogliamo un cessate il fuoco, vogliamo la pace, una volta che le nostre condizioni saranno soddisfatte e tutti i nostri obiettivi saranno raggiunti”, ha affermato il portavoce presidenziale. Peskov ha anche specificato che sia presto per discutere della possibilità di truppe europee in Ucraina per monitorare il rispetto di un’eventuale futura tregua.”Yutto questo può e deve essere discusso durante i negoziati”.