Il prossimo anno nel Dragone circoleranno più auto verdi che tradizionali, facendo della Repubblica popolare il più grande mercato di veicoli non endotermici al mondo. E ci sarà un effetto collaterale per l’Occidente
Un sorpasso di quelli che fanno rumore. Se il 2024 verrà ricordato come l’anno dell’apertura del cantiere per la storica fusione tra Honda e Nissan e della gravissima crisi di Volkswagen, il 2025 sarà forse consegnato alla storia per un altro motivo: i veicoli elettrici nel 2025 supereranno per la prima volta le auto con motore a combustione interna in Cina, spingendo il più grande mercato automobilistico del mondo a raggiungere tale obiettivo in anticipo rispetto ai rivali occidentali e rispetto agli stessi piani del governo. Attenzione, c’è un unico filo rosso. Il baratro della casa automobilistica tedesca, evitato per un soffio grazie a un accordo sindacale, una settimana fa e le nozze in Giappone, hanno come minimo comun denominatore proprio l’avanzata del mercato elettrico cinese.
Ebbene, secondo le ultime stime fornite al Financial Times da quattro banche d’investimento e gruppi di ricerca (tra i quali Ubs, Hsbc, Morningstar e Wood Mackenzie), il Dragone registrerà una crescita delle vendite di veicoli elettrici (Ev) sul territorio nazionale, comprese le batterie pure e gli ibridi plug-in, di circa il 20% all’anno, fino a superare i 12 milioni di auto nel 2025. La cifra sarebbe più che doppia rispetto ai 5,9 milioni di unità vendute nel 2022. “Vogliono elettrificare tutto. Nessun Paese è arrivato così vicino a questo obiettivo come la Cina”, ha commentato Robert Liew, direttore della ricerca sulle rinnovabili di Wood Mackenzie. Pechino ha raggiunto 10 anni prima del previsto il target fissato nel 2020, quando stabilì che entro il 2035 il 50% delle auto vendute dovevano essere elettriche. Attualmente è la Norvegia a detenere il primato delle vendite di e-car in termini di quota di mercato, con oltre il 90% delle nuove auto alimentate a batteria.
Dove sta il problema? Esattamente qui: in uno scenario in cui, nei prossimi anni, gli impianti cinesi di auto tradizionali produrranno milioni di auto ma non avranno un mercato interno a cui venderle, essi punteranno con forza all’estero. Non è certo un caso se nei mesi scorsi l’Ue ha deciso di imporre in via definitiva i dazi aggiuntivi fino al 35,3% sulle importazioni delle auto elettriche cinesi in risposta ai maxi sussidi elargiti da Pechino. Una decisione che ha aperto la via a un confronto fra l’Ue e la Cina per raggiungere un accordo sui prezzi delle importazioni di auto elettriche, in quella che è considerata una scappatoia alternativa ai dazi che consentirebbe all’Ue di annullare le tariffe imposte per proteggere il comparto dell’automotive e i suoi circa 14 milioni di posti di lavoro.
Negli Stati Uniti anche Donald Trump ha annunciato che imporrà un’ondata di dazi contro Pechino, spianando la strada a una nuova guerra commerciale fra le due superpotenze con conseguenze economiche anche per il Messico, che le case automobilistiche cinesi vedono come trampolino di lancio per entrare nel mercato americano. Fra queste c’è Byd, la grande rivale di Tesla. Elon Musk nei mesi scorsi ha detto che il protezionismo e le tariffe “sono l’unica cosa che potrà fermare il dominio delle case automobilistiche cinesi, che altrimenti finiranno per demolirci”. E forse è proprio così.