Ciò che sta accadendo in Francia è solo l’epifenomeno di qualcosa di molto più ampio e che rischia di creare il terreno fertile a infiltrazioni della propaganda di Putin in Ue. Stiamo assistendo a una pericolosa saldatura fra populismi, che ci impone di rafforzare l’Europa sui temi strategici a partire dalla Difesa. E l’Italia lavori per irrobustire l’asse con Germania e Spagna. Colloquio con il senatore dem, Alessandro Alfieri
È il D-Day del governo francese. Il primo ministro Michel Barnier si è già profuso in un appello alla “responsabilità” in vista del probabile voto di sfiducia di oggi pomeriggio nei confronti del suo governo. È evidente che il primo destinatario di questa chiamata sia il Rassemblement National. Ci sono poche chance, però, che questo accada. A maggior ragione perché anche i socialisti – come ha spiegato su queste colonne il politologo Jean Pierre Darnis – è ben poco probabile che cambino posizione. Tuttavia, ciò che sta accadendo in Francia è solo l’epifenomeno di qualcosa di molto più ampio e che “rischia di creare il terreno fertile a infiltrazioni della propaganda di Putin in Ue. Stiamo assistendo a una pericolosa saldatura fra populismi, che ci impone di rafforzare l’Europa sui temi strategici a partire dalla Difesa”, è l’analisi di Alessandro Alfieri, senatore del Partito democratico membro della commissione Esteri e Difesa di Palazzo Madama.
Dopo le europee la situazione francese era già piuttosto instabile. Ora, però, siamo arrivati al redde rationem. Che scenario prefigura?
Il presidente Macron all’indomani delle urne fece un’accelerazione per tentare di individuare una soluzione tampone. Ma fu evidente fin da subito che non avrebbe potuto funzionare. A questo punto si staglia all’orizzonte la possibilità di un brusco cambio di fase e che l’estrema destra possa andare davvero al potere. Il fenomeno, però, va letto in un contesto più ampio di pericolosa saldatura dei populismi.
Fa riferimento alle più o meno sovrapponibili argomentazioni politiche utilizzate dai partiti di estrema destra e di estrema sinistra?
Anche. Il caso francese è emblematico di come, di fatto, in questa fase storica si stiano riscrivendo le categorie della politica tradizionale. In qualche modo una forma di reazione al fenomeno della globalizzazione. Ormai è sempre più complesso distinguere destra e sinistra. I leader populisti fanno leva sulle medesime argomentazioni: dai migranti alla sicurezza. A questo, si aggiunge una generalizzata “stanchezza” sul conflitto in Ucraina. Ed è per questo che temo si possano creare – più o meno consapevolmente – le condizioni per infiltrazioni della propaganda russa in Europa.
In questo contesto si inserisce anche la complessa dinamica tedesca.
Più o meno si profila un contesto con tratti simili a quello francese. Il punto resta capire quale sarà la reazione dei riformisti.
Più che quale sarà, quale dovrebbe essere?
Non basta più opporre la speranza del cambiamento alla paura del cambiamento. Il rischio, come abbiamo visto, è quello di veder primeggiare i fomentatori della paura. I riformisti devono saper abbinare la capacità di rassicurare le persone, spiegando che le loro vite non verranno stravolte. In questo senso, occorre affrontare in maniera non ideologica le transizioni, la politica industriale, il sostegno al reddito e, soprattutto, la difesa comune europea.
Su questo ultimo tema, lei ritiene ci possano essere le condizioni per affrontarlo senza paraocchi precostituiti?
Non può esserci ideologia. L’Europa non può essere inerme, continuando a essere vassalla degli Stati Uniti. La scommessa dei riformisti deve essere spiegare che la difesa comune rappresenta il presupposto per l’Europa politica. Il sogno di Alcide De Gasperi: non c’è politica estera, senza difesa comune. E, in questo contesto, avere una politica estera condivisa in Ue sarebbe fondamentale anche per essere incisivi su dossier strategici come il conflitto in Medio Oriente.
La debolezza di Francia e Germania, rischia di esercitare un traino negativo anche per il nostro Paese. A questo punto come deve comportarsi l’Italia?
L’impegno del governo deve essere orientato al rafforzamento dell’asse con questi Paesi, assieme alla Spagna. Il Next Generation Eu l’abbiamo fatto con loro, dunque l’Italia deve impegnarsi in questo senso con chi ci sta. Anche per consolidarsi sul piano della politica commerciale in vista dei dazi che verranno imposti dagli Stati Uniti all’indomani dell’insediamento alla Casa Bianca di Donald Trump.