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Essere nell’Indo-Pacifico è un interesse nazionale per l’Italia. Parla Formentini

Il vicepresidente della Commissione Esteri della Camera fa un bilancio delle attività del Comitato Indo-Pacifico. Per Formentini, l’interesse nazionale del Paese si muove anche in quella regione cruciale per il futuro globale

Nel chiudere i lavori del Comitato Indo-Pacifico, Paolo Formentini, vicepresidente della Commissione Affari Esteri della Camera e da sempre motore del Comitato stesso, riflette con Formiche.net sul percorso svolto e sulle prospettive che si aprono per l’Italia in questa regione sempre più centrale per gli equilibri globali. “Il bilancio non può che essere positivo”, afferma. Il lavoro del Comitato ha permesso di consolidare una visione chiara delle sfide e delle opportunità che legano il Mediterraneo allargato e l’Indo-Pacifico, due aree che si fondono nel costrutto sub-regionale che stiamo iniziando a chiamare “Indo-Mediterraneo” anche grazie al racconto di realtà micro-editoriali come Indo Pacific Salad (IPS). “Mai come oggi, quelle due aree si influenzano reciprocamente, ed è per questo che l’Italia deve guardare alla sua attività nell’Indo-Mediterraneo come priorità di proiezione geopolitica”, spiega Formentini.

Un contributo importante in quest’ottica è venuto dalle missioni italiane di naval diplomacy che, negli ultimi mesi, hanno visto protagonisti il pattugliatore Morosini, la nave scuola Amerigo Vespucci e il carrier strike group guidato dalla portaerei Cavour. E forse non è un caso se lo spazio di ascolto per l’ultima audizione del Comitato è stato lasciato all’ammiraglio Enrico Credendino, capo di Stato maggiore della Marina. “Queste operazioni hanno avuto un duplice obiettivo: migliorare l’interoperabilità con gli alleati in contesti complessi e rafforzare la cooperazione con Paesi amici nella regione, in più hanno consolidato la nostra presenza attraverso la cosiddetta naval diolomacy: una presenza che è fisica quanto politica”, commenta Formentini. Un passo fondamentale per consolidare il ruolo dell’Italia come attore credibile anche in uno scenario vasto e dinamico come quello indo-pacifico.

Durante i lavori del Comitato, sono emersi temi centrali per la politica estera e di sicurezza italiana. “Abbiamo messo in evidenza due aspetti fondamentali: da un lato, quel legame stretto tra il nostro tradizionale bacino di riferimento, il Mediterraneo allargato, e l’Indo-Pacifico; dall’altro, la centralità della libertà di navigazione, specie alla luce delle sfide poste da attori come la Cina, la Russia o in qualche misura l’Iran”. Formentini sottolinea come la stabilità di questa regione non riguardi solo la sicurezza in senso stretto, ma anche il benessere economico e strategico dell’Italia, il cui destino è sempre più intrecciato a quello del blocco delle democrazie internazionali. Siamo d’altronde in una fase in cui la geopolitica (e dunque anche la dimensione securitaria) ha influenza sulla sfera economica, e nessuna regione al mondo ce lo racconta meglio dell’Indo-Pacifico.

Lo raccontano d’altronde progetti come Imec: Formentini è stato promotore della risoluzione per la nomina da parte del governo di un inviato speciale per il progetto infrastrutturale, dall’enorme valore geopolitico, che ridisegnerà la connettività tra India, Europa e Medio Oriente. Ma anche iniziative come il Gcap, il programma condiviso con il Giappone e il Regno Unito per la costruzione di un jet di sesta generazione, che significa non solo avere un nuovo assetto altamente tecnologico, ma anche muovere interi comparti industriali di indotto: un altro grande tema trattato dal Comitato e dal vicepresidente direttamente.

Un aspetto chiave, che il Comitato ha approfondito anche grazie alle audizioni di figure diplomatiche ed esperti, è la costruzione di partnership solide con Paesi like-minded, come Giappone e Corea del Sud, oppure l’India (“la più vasta democrazia del mondo”) accomunati dall’interesse per la stabilità e la prosperità dell’area. “Il destino di Taiwan è anche per questo un tema che non può essere ignorato: è una questione che tocca direttamente i valori e gli interessi delle democrazie internazionali”, aggiunge Formentini, facendo riferimento alla necessità di preservare libertà, autonomia e sovranità nell’area.

Ma lavorare nell’Indo-Pacifico non significa limitarsi alle grandi potenze regionali, “perché è ovvio che l’Italia non possa che seguire la traiettoria tracciata da Usa e Ue, ma c’è anche molto spazio per dialogare con altri Paesi che, abbiamo capito anche grazie alle audizioni ospitate dal Comitato, percepiscono delle complessità diverse dalle nostre”, commenta il vicepresidente. Nel corso dell’anno, l’Italia ha avuto modo di approfondire rapporti anche con Paesi emergenti come Vietnam, Indonesia e Filippine, che stanno assumendo una crescente centralità non solo nel blocco ASEAN, ma a livello internazionale. “Questi Paesi rappresentano interlocutori strategici per l’Italia, sia per la loro posizione geografica che per il ruolo che potranno giocare nello sviluppo economico e nella sicurezza globale”, sottolinea.

Guardando al futuro, Formentini è convinto che il lavoro del Comitato possa fungere da base per una strategia italiana nell’Indo-Pacifico. “L’obiettivo è consegnare un documento conclusivo alla Commissione Affari Esteri che possa guidare una politica estera incisiva e consapevole in questa regione”, afferma. Per Formentini, il percorso è appena iniziato: “Mi auguro che l’Italia sappia cogliere l’opportunità di diventare un partner strategico per i Paesi dell’Indo-Pacifico, contribuendo attivamente alla stabilità e allo sviluppo di quest’area così cruciale per il futuro del pianeta e per il nostro interesse nazionale”.

(L’intervista a Formentini è uscita come esclusiva di “Indo-Pacific Salad”, la newsletter curata da Emanuele Rossi. Per iscriversi, basta seguire il link)


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