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Le lezioni da apprendere dalla crisi democratica in Georgia. Scrive Terzi

La crescente influenza russa e la crisi democratica in Georgia richiedono un’azione decisa dell’Ue per sostenere i diritti democratici e contrastare la disinformazione come arma di destabilizzazione

Se è vero che il sale della democrazia sono il dibattito aperto e il confronto libero, allora qualunque cosa avveleni tali beni preziosi, qualsiasi cosa inquini la formazione indipendente di ogni cittadino delle sue idee e dei suoi valori, è un rischio per la tenuta democratica di un Paese. Se poi una massiccia disinformazione s’accompagna a privazioni evidenti di libertà, sovvertimento dello Stato di Diritto e delle strutture elettorali, siamo dinnanzi a metodi autoritari che allontanano uno Stato dalla democrazia. È quanto sta accadendo in Georgia, sempre più nell’orbita della Russia del presidente Vladimir Putin e meno in quella dell’Unione europea.

Il 20 dicembre scorso ho avuto l’onore di presiedere, in 4a Commissione Politiche dell’Ue, l’audizione della presidente Salome Zourabichvili, che con coraggio e schiettezza ha raccontato l’inquietudine degli ultimi mesi del popolo georgiano desideroso di entrare a far parte della famiglia europea e invece costretto a vedere questo obiettivo tramontare.

Nel solco di quanto ribadito anche dall’ultimo Consiglio europeo che ha deplorato la decisione del nuovo governo della Georgia di sospendere fino al 2028 il processo di adesione del paese all’Ue, la presidente Zourabichvili ha descritto dettagliatamente il clima sovietico delle ultime elezioni: dalle schede elettorali che hanno permesso il voto multiplo e la violazione della riservatezza alle frodi avvenute con manipolazioni, intimidazioni e, per quanto riguarda il post-elezioni, il respingimento di ogni denuncia presentata sia nei tribunali distrettuali che in Corte costituzionale. Inoltre, del milione circa di cittadini che costituiscono la diaspora georgiana, solo 34.000 hanno potuto votare. Ma non solo, lo stile “russo” delle elezioni è stato ampiamente dimostrato dalla precisa strategia di disinformazione, con video deep-fake e messaggi propagandistici, diffusa dal Cremlino. Del resto, in questa ormai guerra ibrida fatta non solo di armi ma anche di influenze e manipolazioni è ben nota la strategia del presidente Putin: mira a recuperare il controllo sul Caucaso e sul Mar Nero (la Georgia si affaccia sulle sue sponde) per indebolire i progetti infrastrutturali e le rotte commerciali dell’Ue dopo le sanzioni imposte dall’Ue.

La presidente Zourabichvili lo ha poi confermato, l’attuale crisi democratica del Paese trova la sua origine ben prima delle elezioni, più precisamente nella trasformazione del partito Sogno Georgiano da pro-Ue a partito filorusso. Una trasformazione che, con l’esclusione finora della presidenza della Georgia, ha messo le istituzioni sotto il controllo totale di Sogno Georgiano e quindi della Russia. Ciò è avvenuto principalmente attraverso due azioni: la Commissione Elettorale da un lato, condizionata da un presidente nominato dal partito Sogno Georgiano; il controllo del sistema giudiziario dall’altro, anch’esso condizionato all’esecutivo dopo aver cancellato le riforme costruite con l’Ue ed aver intentato per ben due volte l’impeachment della presidente Zourabichvili.

Ricordiamo tutti, infatti, le proteste dello scorso maggio a Tbilisi, dopo che Sogno Georgiano, nonostante si fosse impegnato a non ripresentare la legge sulle Ong che avrebbe impedito significativamente la loro agibilità nel Paese, l’ha riproposta e fatta approvare. La Commissione Politiche dell‘Unione Europea del Senato aveva allora espresso piena adesione e sostegno alla Dichiarazione congiunta delle analoghe commissioni degli Stati membri dell‘Ue per esortare il Parlamento della Georgia a ritirare tale controversa “Legge sulla trasparenza dell‘influenza straniera”.

Oggi in tutto il Paese le manifestazioni continuano – chiedono il non riconoscimento del risultato elettorale e nuove elezioni – ed è forte la preoccupazione per la violenza che le forze governative stanno adoperando contro i manifestanti pacifici, i politici e i rappresentanti dei media. Cosa può fare l’Uw?

Due spunti. Il primo, come già ribadito dall’Italia e da tutti gli altri Stati membri dell’Ue, è di proseguire nello sforzo di stabilizzazione democratica della Georgia perché Tbilisi riprenda al più presto il cammino europeo. Il ruolo strategico dell’Ue va rafforzato ed è sempre più necessario farlo attraverso l’allargamento, con una visione di esso in funzione geopolitica nello scenario mondiale.

Il secondo, sul contrasto a fake news e ingerenze straniere, specie quelle provenienti da attori statuali. Oggi, la lotta contro la disinformazione – e contro l’uso improprio della tecnologia al fine di condizionare e non informare i cittadini – è prioritaria perché tocca il nocciolo dei processi decisionali dei nostri sistemi democratici. Se un cittadino sui canali social si imbatte in fake news, il compito della democrazia è quello di proteggerlo. Bisogna lavorare a monte, e vanno in questo senso le misure che la Commissione europea – tra Pacchetto di difesa della democrazia, AI Act e altri – ha chiesto nei mesi scorsi agli Stati membri di implementare. Perché i contenuti fake non siano diffusi ma subito intercettati e bloccati.

È auspicabile, quindi, che l’Audizione della presidente Zourabichvili rappresenti l’inizio di un iter del nostro Parlamento incentrato sull’approfondimento del tema della disinformazione e delle interferenze esterne. Due argomenti che sempre più stanno entrando, prepotentemente, nel nostro quotidiano.

 

 

 


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