Skip to main content

Il crollo di Assad consegna le armi chimiche ai jihadisti

Il dissolvimento rapido del regime siriano di Bashar al-Assad mette in allarme Israele che teme la caduta degli arsenali di armi chimiche siriane nelle mani dei gruppi jihadisti. L’analista egiziano Ahmed Soltan, esperto di gruppi estremisti islamici, esamina la situazione sul campo

L’esercito israeliano ha attaccato nei giorni scorsi alcuni depositi di armi chimiche in Siria. Con il crollo del regime di Bashar al-Assad e la presa di Damasco da parte delle milizie dell’opposizione, guidate da Hay’at Tahrir al-Sham (HTS) di stampo jihadista, cresce il timore in Israele che i magazzini con le armi chimiche del regime siriano finiscano nelle mani della formazione salafita. Per evitare questo l’emittente israeliana “Channel 12” ha annunciato che l’attacco ai depositi di armi è avvenuto “per paura che i ribelli li raggiungessero” già nei giorni precedenti alla caduta del regime. La Israeli Broadcasting Corporation ha riferito venerdì che lo Stato ebraico temeva la caduta di Assad e che si stava preparando a tutte le ripercussioni, inclusa la caduta di armi strategiche nelle mani dell’opposizione siriana.

I media israeliani hanno aggiunto ufficialmente che “Israele segue con preoccupazione l’avanzata delle fazioni dell’opposizione in Siria” e la sconfitta dell’esercito siriano. Giovedì scorso, prima del raid sul deposito di armi chimiche, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha tenuto consultazioni di sicurezza sugli sviluppi in Siria. Da allora ad oggi Tahrir al-Sham ha conseguito rapidi successi fino ad occupare anche la città di Homs e successivamente entrare senza combattere a Damasco. Dallo scorso 27 novembre, le fazioni dell’opposizione siriana sono impegnate in scontri con le forze del regime, e il 29 dello stesso mese sono entrate nella città di Aleppo, e il giorno successivo hanno esteso il controllo sul Governatorato di Idlib, prima di prendere il controllo – giovedì – della città di Hama.

“In effetti, i recenti sviluppi in Siria sono notevoli. L’esercito siriano del presidente Assad è ritirato a una velocità inaspettata, e le forze delle fazioni armate siriane, guidate da Hay’at Tahrir al-Sham (ex Fronte Al-Nusra), hanno ottenuto successi inaspettati, aggirando le linee difensive delle forze dell’esercito siriano”. È quanto rileva Ahmed Soltan, ricercatore egiziano e analista esperto dei gruppi estremisti islamici, che a Formiche.net spiega quali sono i pericoli di questo rapido crollo di Damasco. “La capitale siriana è caduta senza sparare un colpo nonostante vi fossero di stanza le forze d’élite dell’esercito siriano. Il ritmo delle operazioni ha portato alla caduta della capitale nelle mani delle fazioni armate in breve tempo”.

Per quanto riguarda la possibilità che armi avanzate cadano nelle mani degli jihadisti in Siria, “ciò è già accaduto, poiché Hay’at Tahrir al-Sham ha ottenuto armi avanzate, compresi sistemi di difesa aerea di fabbricazione russa, dai magazzini dell’esercito siriano ad Aleppo”, aggiunge l’esperto. “L’esercito siriano accumulava grandi quantità di armi nei suoi magazzini ad Aleppo e altrove, tutte ora sono nelle mani dei suoi oppositori, oltre al fatto che ci sono defezioni nell’esercito, con le loro armi consegnate alle fazioni armate. Per quanto riguarda la questione delle armi chimiche, nonostante il fatto che la Siria abbia un arsenale di queste armi si presume che sia già stato distrutto, ma l’esame di alcuni degli attacchi lanciati dal regime siriano contro i civili e contro altri suoi oppositori rivela che alcune armi sono ancora in possesso dell’esercito siriano di Assad”.

Per questo Soltan ritiene che “la possibilità che armi chimiche cadano nelle mani di gruppi jihadisti è reale, soprattutto con il rapido collasso e la ritirata dell’esercito siriano che impedisce di distruggere queste armi per evitare che cadano nelle mani di fazioni armate. Queste armi potrebbero raggiungere anche i gruppi più radicali. Come l’Isis e altri gruppi jihadisti”.

Quanto a Israele, è ora nel suo interesse la caduta di Assad e il declino dell’asse iraniano, chiamato asse della resistenza, “perché ciò significa uno strangolamento strategico della linea di rifornimento libanese di Hezbollah”. Ma ovviamente Israele non vuole che il confine con la Siria cada nel caos, “quindi sta lavorando segretamente e coordinandosi con una serie di parti, tra cui gli Stati Uniti e altre fazioni siriane garantire che le zone di confine non siano un punto di partenza per attacchi contro le zone sotto il suo controllo. Per questo l’esercito israeliano sta attualmente lavorando anche alla costruzione di una zona cuscinetto nel Golan”, ha concluso l’esperto.


×

Iscriviti alla newsletter