Il successo di Meloni, incoronata da Politico come leader più potente in Europa, dipende molto dal poter contare su due democristiani. Raffaele Fitto, neo eletto vicepresidente esecutivo della Commissione europea, e dal rapporto consolidato e di collaborazione che ha con il Capo dello Stato, Sergio Mattarella. E ora? Spostarsi verso i popolari. Colloquio con l’ex ministro democristiano, Calogero Mannino
La narrazione convenzionale, nel caso dell’incoronazione della premier Giorgia Meloni come leader più potente d’Europa – decretata da Politico – è sicuramente poco adeguata. Certo, questo traguardo può essere spiegato in tanti modi e, sicuramente, il consolidamento della presidente del Consiglio passa soprattutto dallo standing internazionale che in questi oltre due anni di governo è riuscita a costruire. Ma ciò che veramente ha permesso a Meloni raggiungere questi risultati è il “fattore democristiano”. Tant’è che, nella lettura che l’ex ministro della Balena Bianca Calogero Mannino affida a Formiche.net “non si può considerare l’incoronazione di Meloni, senza considerare l’incoronazione di Raffaele Fitto”.
Mannino, nella classifica di Politico, il neo vicepresidente esecutivo della Commissione europea è definito il “costruttore di ponti”…
La premier e l’ex ministro sono legati a doppio filo. Il successo dell’una dipende dall’altro e viceversa. Meloni non si sarebbe guadagnata posizioni di primo piano in Europa senza Fitto che, come prima qualità, ha quella di provenire dalle fila della Democrazia cristiana. L’operazione della nomina in Commissione è stata resa possibile proprio per la storia, oltre che per le capacità di Fitto. Ora, l’Italia, ha una “dimensione” differente rispetto a quella che aveva fino a prima della nomina in Ue.
Che cosa è cambiato, nei fatti?
La considerazione del nostro Paese. Ora, il binomio che ha sempre retto le sorti dell’Unione – quello composto da Francia e Germania – non può che diventare un trinomio, in cui fra gli attori principali ci sia anche il nostro Paese. È opportuno che Francia e Germania restino al loro posto, chiarendo le loro situazioni interne. Ma è inevitabile che ora l’Italia giochi come protagonista delle sorti europee. E l’apertura della premier verso il partito popolare è estremamente positiva. Tanto a Bruxelles, quanto a Roma.
Ora, però, il democristiano di governo è volato in Ue.
Sì, ma non va trascurato che uno degli elementi cardine del successo di Meloni sia legato a un rapporto istituzionale di estrema collaborazione e dialogo proficuo con un altro grande democristiano: il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. È la combinazione di questi due democristiani ad aver permesso a Meloni questi successi.
A questo punto, cosa resta da fare alla premier per consolidare questi risultati?
Sicuramente abbandonare l’idea delle riforme istituzionali di cui questo Paese non ha bisogno. A maggior ragione in un momento storico nel quale i sistemi semipresidenziali come quello francese, stanno mostrando tutti i loro limiti.
Quindi qual è il sistema elettorale più efficace?
Quello che garantisce le prerogative del Parlamento. Il primato non può essere quello dell’esecutivo o dell’uomo solo al comando. Il parlamento deve avere la priorità, con una maggioranza politica solida.
Proprio in questo senso, nelle intenzioni, si muove il premierato.
L’unica strada da percorrere per dare stabilità al Paese e al sistema istituzionale è quella di riformare la legge elettorale in senso proporzionale, introducendo un premio di maggioranza che vincoli i partiti alla maggioranza parlamentare. La strada, insomma, indicata da Alcide De Gasperi.
Non ci sono, comunque, elementi che facciano sospettare un possibile ribaltone per il governo.
Certo che no. Meloni ha un orizzonte di legislatura e, se le cose proseguiranno in questi termini, si confermerà anche per il prossimo mandato. Ora la premier deve gestire le cose possibili, per tentare di realizzare quelle più complesse. Il fatto di non avere un’opposizione insidiosa aiuta. Adesso non resta che aprirsi sempre di più all’ala popolare. In Italia e in Europa. I presupposti, ci sono tutti.