Skip to main content

La Siria crolla dopo 14 mesi di guerra israeliana

La partita siriana, per quanto ancora indecifrabile sotto tanti aspetti, in questo momento potrebbe essere quella che effettivamente decide l’evoluzione su una serie di rapporti di forza ed equilibri in Medio Oriente. Conversazione di Emanuele Rossi con Giuseppe Dentice (CeSI)

A quanto pare l’intelligence israeliana ha le idee chiare su come questo crollo delle forze del regime in Siria finirà: la perdita di controllo territoriale è avvenuta in un modo più rapido del previsto e questo porterà i rivoluzionari fino a Damasco, la capitale. Ossia, stante a quanto arriva ai media, per gli israeliani non c’è nemmeno da discutere la conquista di Homs, la città centro-occidentale fondamentale per arrivare alla capitale — Homs è già caduta.

D’altronde loro sono osservatori attentissimi di ciò che accade in Siria, perché ne temono gli effetti sul proprio territorio. E sono anche dei contributori, perché con ogni probabilità tutto ciò che stiamo vedendo in questi giorni sarebbe stato meno possibile se Israele, in questi tredici anni di guerra civile, non avesse costantemente martellato le posizioni gestite da Hezbollah o direttamente dai Pasdaran e gruppi minori collegati: ossia dei grandi contributori al sostengo del regime di Bashar al Assad, coloro che sono stati usati dai russi come carne da cannone per salvare il satrapo — in una mastodontica operazione che si sta rivelando fallimentare, e su cui aveva scommesso molto anche l’Iran.

Barak Ravid, giornalista israeliano informatissimo, rivela che nelle ultime ore si sono tenute diverse consultazioni urgenti all’interno delle Forze armate israeliane alla luce dei rapidi sviluppi in Siria. Israele vuole capire cosa accadrà e chi prenderà il controllo del territorio siriano appena oltre le Alture del Golan; vuole capire che effetto questo avrà sulla guerra che lo circonda da ormai quattordici mesi; vuole valutare se le realtà contro cui combatte, Hezbollah e Iran, aumenteranno il loro coinvolgimento per salvare nuovamente Assad e dunque Tel Aviv potrà ottenere vantaggio dalla distrazione per le guerre che sta combattendo.

“La crisi siriana è lo specchio convesso non solo della guerra contro Hamas, ma dell’operazione israeliana al sud del Libano”, spiega Giuseppe Dentice, responsabile del Mena Desk del CeSI, che sin dalla mattina del 7 ottobre 2023, ogni mese, accompagna Formiche.net nell’analisi di quanto sta accadendo in Medio Oriente. Il fronte aperto da Israele contro Hezbollah ha impattato sugli sponsor di Assad, spiega Dentice, e ora “l’Iran si trova a gestire la situazione più complessa da almeno un decennio a questa parte, con molti fronti da dover gestire, troppi certamente, mentre sulla Siria sta giocando gran parte della proiezione regionale: perderla significherebbe perdere capacità di intervento in Libano o Iraq”.

In questa partita tentacolare non si può dimenticare che la Russia, altro grande sponsor del regime siriano, è impegnata in una guerra combattuta in Ucraina, e dunque parzialmente distratta (in termini di concentrazione e di risorse, da ciò che succede in Siria). Ma per Israele, cosa c’è in ballo? “Israele è giustamente preoccupato perché ha molto da perdere: immagino che non siano contenti della situazione, perché avere un Assad debole è importante per tenere impegnato Hezbollah, ma altrettanto vederlo cadere definitivamente significa avere i rivoluzionari islamisti a Damasco, e questo rischia di essere difficile da gestire”, risponde Dentice. Non a caso, pare che Israele sia stato protagonista silenzioso di alcuni bombardamenti sui siti di armi chimiche siriane, probabilmente per evitare che cadano in mano ai rivoluzionari.

Secondo l’esperto del CeSI, non c’è solo un problema riguardo all’assertività degli islamisti, ma anche perché quanto accade in Siria può fungere da “detonatore all’interno della questione palestinese, imprimendo uno shift che porti il piano retorico interno da quello laico a quello ideologico, con il consenso anche in Cisgiordania che inizia a leggere simbolicamente i risultati dei gruppi siriani, come Hayat Tahrir al Sham, protagonisti della nuova avanzata”.

Secondo Dentice, “la partita siriana dunque, per quanto ancora indecifrabile sotto tanti aspetti, in questo momento potrebbe essere quella che effettivamente decidere l’evoluzione su una serie di rapporti di forza ed equilibri in Medio Oriente: dal Levante al Golfo, dai curdi al ruolo della Turchia, senza dimenticare la questione palestinese e ovviamente l’Iran”.

(Foto: X, @IDF)


×

Iscriviti alla newsletter