Le cinque navi russe ormeggiate presso la base navale di Tartus in Siria hanno lasciato l’installazione nei primi giorni di dicembre, probabilmente per proteggere i vascelli dalla portata di attacchi dei ribelli anti-Assad. Con Tartus fuori dall’equazione, il potere di Mosca sui mari caldi è significativamente compromesso
La presa russa sui mari non è mai stata meno salda. Non solo la Flotta del mar Nero è di fatto tenuta in ostaggio dalla chiusura degli stretti turchi, ma ora Mosca rischia di perdere la sua unica base nel Mediterraneo. In base a quanto emerso da alcuni rilevamenti satellitari, pare che tutte le navi russe ormeggiate al porto siriano di Tartus abbiano levato l’ancora e se ne siano andate. È altamente probabile che la decisione di ritirare un gruppo navale così consistente (tre fregate, un sottomarino e due navi ausiliarie) sia una precauzione per proteggere i vascelli da eventuali attacchi portati dai ribelli siriani dell’Hts, che si sono impossessati della città di Hama, a 8o chilometri dalla base di Tartus. Le navi in questione sono: due fregate avanzate di classe Admiral Gorshkov, la fregata convenzionale Admiral Grigorovich, un sottomarino classe Kilo e due navi da rifornimento.
Dove sono dirette le navi da guerra di Mosca?
L’indisponibilità, al momento solo provvisoria, della base navale di Tartus è un grattacapo non indifferente per Mosca. La chiusura degli stretti del Bosforo e dei Dardanelli, disposta dalla Turchia in seguito allo scoppio del conflitto in Ucraina e in osservanza del Trattato di Montreux, preclude alle navi russe di accedere e, ancora più importante, di lasciare il mar Nero. Nei quasi tre anni di conflitto, l’Ucraina ha avuto gioco facile nel colpire le navi ormeggiate presso la base navale di Sebastopoli, infliggendo perdite consistenti alla flotta di superficie di Mosca. La chiusura degli stretti, oltre a tenere in ostaggio la Flotta del mar Nero, ha contribuito a compromettere la proiezione mediterranea della Marina russa, la cui unica installazione navale estera è costituita proprio dalla base di Tartus. Ora, alle navi russe restano due opzioni: fare rotta verso ovest, passare per Gibilterra e dirigersi verso le basi artiche o nel Baltico oppure puntare la prua verso sud, attraversare il canale di Suez e raggiungere Vladivostok, passando per l’Indo-Pacifico. Questo comprometterà le capacità russe nel Mediterraneo, vista la mancanza di un appoggio logistico dove rifornire e ormeggiare le proprie navi. In particolare, saranno ridotte le capacità di pattugliamento sottomarino, parte integrante della strategia russa nei confronti del Fianco sud della Nato. La Russia è da tempo a conoscenza di questa sua dipendenza implicita dalla base di Tartus, eppure gli sforzi condotti per aumentare le basi navali di Mosca nell’area mediterranea, sia in Sudan sia in Cirenaica, non sono mai state coronate da successo. Pertanto, a meno che queste navi non trovino ospitalità altrove vicino al Mediterraneo o la questione siriana non si risolva rapidamente a favore di Bashar al Assad, sarà ragionevole aspettarsi una diminuzione delle attività navali di Mosca nel Mediterraneo.