Skip to main content

Quanto è credibile l’intesa strategica tra Cina e Iran sul Medio Oriente

Il ministro degli Esteri, Wang Yi, ha ricevuto a Pechino il suo omologo iraniano, Abbas Araghchi. I “Quattro Rispetti” proposti per il Medio Oriente suonano come un esercizio retorico più che un programma concreto perché Pechino si scontra con una realtà complessa

Il capo della diplomazia del Partito comunista cinese, che è anche il ministro degli Esteri, Wang Yi, ha ricevuto a Pechino il suo omologo iraniano, Abbas Araghchi, in un incontro che ha messo in luce l’intesa strategica tra i due Paesi e il valore che entrambi vogliono dare a essa. Al centro del dialogo, Wang ha proposto una visione per il Medio Oriente basata sui “Quattro Rispetti”: sovranità, integrità territoriale, autodeterminazione e rispetto delle tradizioni culturali delle nazioni mediorientali. La Cina si è presentata come promotrice della stabilità regionale, invocando il dialogo politico e la fine delle ingerenze esterne. Un messaggio che, secondo Wang, riflette il ruolo di Pechino come partner “costruttivo” nel favorire soluzioni multilaterali e non coercitive. Tuttavia, la scelta dell’Iran come interlocutore principale solleva interrogativi.

Il discorso cinese appare in linea con il tentativo di Pechino di porsi come alternativa alle potenze occidentali, in particolare agli Stati Uniti, accusati di destabilizzare il Medio Oriente attraverso sanzioni, interventi militari e pressioni economiche. Ma l’adesione dell’Iran a questa visione, accompagnata dall’enfasi di Araghchi sul partenariato “granitico” tra i due Paesi, fa emergere contraddizioni evidenti. “Con l’aumento dei conflitti e del terrorismo nella nostra regione, nonché con maligni tentativi di dominio a livello globale, l’Iran e la Cina sono più che mai determinati a sostenere lo stato di diritto e a preservare la stabilità”, dice l’iraniano. Ma Teheran è tutt’altro che un modello di stabilità: le sue ambizioni nucleari, le politiche aggressive e il ruolo nei conflitti regionali sembrano in netto contrasto con i valori dichiarati nei “Quattro Rispetti”. La Cina, pur promuovendo una retorica di non interferenza, utilizza l’Iran come pedina strategica nell’asse Crink, dimostrando che la sua visione di multilateralismo è più strumentale che autentica.

La retorica di Pechino si scontra con una realtà complessa. I “Quattro Rispetti” suonano come un esercizio retorico più che un programma concreto per il Medio Oriente. L’idea che la Cina possa promuovere pace e stabilità con un partner come l’Iran – spesso accusato di alimentare le tensioni regionali, non rispettando i quattro principi elencati da Wang – non funziona nemmeno dal punto di vista del marketing diplomatico. Nella regione (e non solo) tutti conoscono approccio e comportamento iraniano, fatto anche di ritorsioni violente come quella contro la giornalista italiana Cecilia Sala. In definitiva, il messaggio emerso dall’incontro Wang-Araghchi sembra più un tentativo di rafforzare la narrativa cinese di un ordine globale alternativo, passando appunto dalle ancora centralissime dinamiche mediorientali, che una proposta genuina per affrontare le sfide regionali e i riflessi internazionali. Un approccio che rischia di apparire opportunistico e incoerente, minando la credibilità della Cina come mediatore globale raccontata per esempio nella Global Development Initiative.


×

Iscriviti alla newsletter