“L’Europa oggi ha mutato volto: la debolezza strutturale dei governi di Parigi e Berlino è controbilanciata dalla stabilità di quello di Roma che, grazie all’autorevolezza della sua guida, si è imposto come una voce credibile e progettuale”, spiega il vicepresidente della commissione difesa/esteri del Senato. “Il ponte tra Ue e Usa è una ulteriore sfida che andrà affrontata dal governo nel corso del nuovo anno, senza dimenticare un altro elemento fondamentale: gli investitori stranieri credono nell’Italia di Giorgia Meloni sulla base di dati e prospettive”
Si è creata una sorta di positiva congiuntura geopolitica tra i frutti del lavoro di due anni di governo, le relazioni personali della presidente del Consiglio e i cambiamenti epocali che stanno caratterizzando il globo. Il risultato è nella possibilità di dare all’Italia un ruolo all’altezza del proprio prestigio per offrire soluzioni pragmatiche e di lungo respiro alle esigenze reali. La sorpresa del 2025? L’intreccio tra Piano Mattei, indopacifico e nuova azione dell’Ue. Così a Formiche.net il vicepresidente della commissione difesa/esteri del Senato, Roberto Menia (FdI).
Quali le sfide vinte in politica estera dal governo?
Molteplici. La presidenza italiana del G7 ha rappresentato una preziosa cornice per una progettualità che certamente non è nata ieri, ma che ha caratterizzato la politica estera del governo italiano sin dal suo insediamento. Ridare all’Italia il ruolo che merita nel contesto internazionale è stata una priorità di Giorgia Meloni e le promesse non sono state disattese. Lo dimostrano, più delle mie parole, i fatti che sono sotto gli occhi di tutti e i rapporti anche personali che la presidente del Consiglio è riuscita a tessere con tutti i leader. Ciò dimostra che il pragmatismo cosiddetto “euroalantico” applicato dal governo italiano ai dossier più spinosi è la strada maestra non solo per risolvere le crisi aperte, ma anche per prevenirne di nuove. E, aggiungo, per puntare ancora più in alto.
Ovvero?
Penso a uno stimolo che in questi due anni la premier ha costantemente effettuato su Bruxelles, nel solco di una coerenza ideale e valoriale sull’immigrazione, sulla difesa, sulle politiche di bilancio, sull’approccio verso tematiche strategiche che nel recente passato sono state affrontate senza la necessaria determinazione, come l’Africa e l’Indopacifico. Ricordo che sino al 2022 era tabù analizzare il fenomeno dei flussi migratori provando a dettare l’agenda, anziché subire il business dei trafficanti di esseri umani. In 24 mesi è cambiato l’approccio e tutti i partner hanno compreso che il modello-Albania è il futuro, al netto dei tentativi di boicottarlo.
Inoltre la vacatio europea in Africa ha permesso la penetrazione di soggetti esterni che influenzano governi e flussi migratori. Una certa lentezza con cui l’Ue ha previsto dinamiche e reazioni è stata anticamera alle attuali criticità in settori che, invece, necessitano di una attenta programmazione. La mossa italiana del Piano Mattei è un jolly che nessuno ha mai giocato e può rappresentare anche un’occasione per l’Ue affinché ritorni parte attiva a quelle latitudini. Quella lentezza che ho citato poc’anzi è anche alla base del caos energetico figlio delle politiche di Timmersman, che ha inteso consegnare l’industria automobilistica continentale ai desiderata della Cina, monopolista delle batterie. È questo un tema anche geopolitico che in troppi hanno sottovalutato, compreso un ex presidente della Commissione.
E le conferme che aspettano Giorgia Meloni nel 2025?
Proprio il Piano Mattei è alfa e omega perché, da un lato, ha incarnato l’idea stessa di una nuova prospettiva per l’Africa e, dall’altro, è strumento che si sta sviluppando su più fronti come l’acqua, l’istruzione, l’agricoltura, l’energia. Chi lo critica mi ricorda “La volpe e l’uva” di Esopo. Altresì merita grande attenzione lo sforzo del governo nel consolidamento di una diplomazia culturale e commerciale che rafforzi i legami con quei i Paesi. Aggiungo il Mar Rosso, dove la pratica degli Houthi va risolta in tempi brevi per impedire danni commerciali ancora più ingenti. La recente visita del ministro della difesa Guido Crosetto ad Abu Dhabi va letta in questo senso, con anche la presenza parallela della Nave Vespucci. Un modo costruttivo per manifestare un approccio sistemico da parte dell’Italia, anche dal punto di vista dell’immagine e che aggiunge concretezza al concetto di Italia globale.
In due anni è mutato anche il tenore dei commenti di alcuni media internazionali, fino a prima molto scettici nei confronti della premier. In base a quali fattori?
Lavoro e coerenza. Il riconoscimento a Giorgia Meloni da parte di Politico mi ha sinceramente inorgoglito, ma se rapportato al seminato non mi ha sorpreso, perché è il naturale completamento di un percorso che, al netto di fisiologiche e fredde analisi iniziali da parte del panorama internazionale, non prevede retromarce. L’Europa oggi ha mutato volto: la debolezza strutturale dei governi di Parigi e Berlino è controbilanciata dalla stabilità di quello di Roma che, grazie all’autorevolezza della sua guida, si è imposto come una voce credibile e progettuale. Il ponte tra Ue e Usa è una ulteriore sfida che andrà affrontata dal governo nel corso del nuovo anno, senza dimenticare un altro elemento fondamentale: gli investitori stranieri credono nell’Italia di Giorgia Meloni sulla base di dati e prospettive. Un incoraggiante trampolino di lancio per iniziare il nuovo anno con il vento in poppa. In sostanza si è creata una sorta di positiva congiuntura geopolitica tra i frutti del lavoro di due anni di governo, le relazioni personali della presidente del Consiglio e i cambiamenti epocali che stanno caratterizzando il globo. Il risultato è nella possibilità di dare all’Italia un ruolo all’altezza del proprio prestigio per offrire soluzioni pragmatiche e di lungo respiro alle esigenze reali.