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C’è un’uscita dal tunnel del referendum dell’autonomia differenziata? L’analisi di Sisci

Forse si voterà per abrogare la legge sull’autonomia differenziata approvata dalla maggioranza di governo. Se il referendum ha successo l’autonomia non passa, ed è una bocciatura per il governo. Se il referendum non raggiunge il quorum, la legge rimane, il governo tiene ma il Paese si avvia speditamente verso la frantumazione politica… L’analisi di Francesco Sisci

Il vero tema politico politico europeo di questo periodo arriva quando il presidente americano Donald Trump chiede l’aumento delle spese militari al 3% del Pil ai Paesi Nato, quando la Polonia porta il bilancio alla difesa al 4,5% del Pil, o quando l’Ucraina si dice a favore della pace, purché sia stabile e non incoraggi la Russia a un attacco nuovo tra 5-10 anni.

La questione è come affrontare le minacce strategiche all’Europa che arrivano dalla Russia o dal Medioriente, e si rafforzano per l’ombra cinese.

Questo tema di fondo durerà per l’Europa per molti anni, 10-20 o forse più, un periodo probabilmente lungo quanto la prima guerra fredda.

In tale orizzonte che Italia si vuole fare? L’Italia vuole essere partecipe attiva di questo sforzo politico, oppure essere trascinata e sballottata a destra e manca dal primo che capita?

Queste le vere domande che incombono sulla vicenda dell’autonomia differenziata. L’Italia geografica non si può cancellare. È il centro del Mediterraneo ed ha una importanza cruciale di raccordo fra quattro continenti, Europa, Asia, Africa e America. Il problema è solo chi occuperà la politica di questo spazio geografico, se un soggetto espresso da una Italia politicamente unita oppure da un’Italia politicamente spaccata.

L’autonomia differenziata è tutta qua. Essa nasce certo in un ambito diverso pensando di massimizzare spinte nazionali e regionali intorno alla Lega di Matteo Salvini. Così, consciamente o inconsciamente, si faceva anche il gioco della Russia che voleva e vuole un’Europa più disunita.

Tale Europa disunita si ottiene proprio con un’Italia frammentata. Per una Nato più coordinata con l’America, come vuole Trump e molto probabilmente ogni presidente Usa dopo di lui, un’Europa unita o disunita, non è una priorità. Il Paese Nato che forse si è mosso più in accordo con gli Usa è stato la Turchia. Ha spodestato Assad dalla Siria, senza essere nell’Unione Europea (Ue).

Quindi se la Ue vuole rafforzarsi con un appoggio americano (pensare di farne a meno è irrealistico) lo può fare con una strategia di aumento della difesa coordinata con la Nato. Ciò significa un cambio di passo economico e politico di ogni Paese membro.

In tale ambito un’Italia unita serve, una frammentata rischia di essere pericolosa. A meno di non riproporre il tema antico della penisola – una spaccatura politica tra Firenze e Roma, a nord collegata con la Germania e a sud con Grecia o Spagna. Il nuovo governo tedesco che emergerà dalle elezioni di inizio anno dovrebbe essere a trazione Cristiano democratica e potrebbe aumentare la spesa pubblica per muovere la crescita interna laddove i mercati esteri non rispondono più.

Ciò dovrebbe cambiare tante dinamiche europee e riattivare spinte centrifughe in Italia. Il nord, infatti, è collegato alla catena produttiva tedesca, il sud no. Per Germania-Francia-Polonia (il terzetto di guida effettiva dell’Europa oggi, al di là delle “leadership” personali) può essere più comodo farsi carico di un pezzo di penisola che di tutta la baracca.

Ciò non significa un piano malvagio covato a Berlino, significa solo adattarsi alla realtà italiana. Se l’Italia e i suoi governi non spingono per il rafforzamento unitario, bisogna fare i conti con la realtà.

Qui arriva il referendum sull’autonomia differenziata, previsto all’inizio dell’anno prossimo. Si voterà per abrogare la legge sull’autonomia differenziata approvata dalla maggioranza di governo. Nei referendum abrogativi, se non si raggiunge il quorum del 50% dei votanti, la legge da abrogare viene mantenuta.

Quindi se il referendum ha successo l’autonomia non passa, è una bocciatura per il governo, l’amministrazione di Giorgia Meloni traballa e forse va a casa. Se il referendum non raggiunge il quorum, la legge rimane, il governo tiene ma il Paese si avvia speditamente verso la frantumazione politica. Il fatto che nelle ultime elezioni i votanti abbiano appena sfiorato il 50% rende l’esito dell’anno venturo molto incerto.

Bizzarro, che il governo si sia infilato in un tunnel senza una luce. Se vince, perde l’Italia politica; e viceversa. In ogni caso è un cruccio inutile e dannoso per l’Europa e il mondo, che dovrà fare i conti con l’inizio della presidenza Trump e il suo tentativo di trovare pace in Russia, Medio Oriente e intavolare una trattativa con la Cina.

C’era bisogno di questa follia? Se ne può ancora uscire? In queste domande ci sono le risposte alle questioni generali di pace e guerra del mondo e dell’Europa.


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