Per discutere delle sfide legate alla sicurezza delle infrastrutture critiche nell’era digitale, la società Spee ha riunito a L’Aquila istituzioni, ricerca e governo con i sindaci de L’Aquila e di Pescara, Pierluigi Biondi e Carlo Masci, insieme al generale Franco Federici, consigliere militare della presidenza del Consiglio. Tra resilienza, monitoraggio predittivo e tecnologie innovative come il progetto Eisac, l’evento ha gettato le basi per una strategia nazionale integrata che punti a prevenire disastri naturali e minacce antropiche in un Paese fragile come l’Italia
Eventi metereologici sempre più dannosi, rischi geologici sistematici e, soprattutto, minacce antropiche sempre più sofisticate, rendono la protezione e la tutela delle infrastrutture critiche un settore strategico. È quanto rilevato nel corso dell’evento “La sicurezza delle infrastrutture critiche delle città e dei territori nell’era digitale”, promosso da Spee, società specializzata in soluzioni tecnologiche e servizi innovativi per la sicurezza, in collaborazione con l’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv) e l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile (Enea), che ha riunito a L’Aquila gli stakeholder del settore e le istituzioni, a partire dalla Presidenza del consiglio. Una discussione che ha permesso di identificare le sfide più immediate e i mezzi tramite i quali sarà possibile garantire la sicurezza di un sistema-Paese sempre più interconnesso e che, nel prossimo futuro, sarà sempre più caratterizzato dalla definitiva affermazione del concetto di smart city.
La scelta del capoluogo abruzzese non è un caso. Un territorio che ha subito sulla sua pelle eventi catastrofici capaci di stravolgere la vita delle comunità, mettere in pericolo la sicurezza dei cittadini e il futuro di un territorio. L’Abruzzo con la sua storia di resistenza umana e culturale, con le criticità sismiche ed emergenziali sofferte, ha sviluppato resilienza nei confronti di eventi emergenziali e traumatici. Un territorio che oggi può giocare un ruolo proattivo, unico, trasformando le esperienze negative maturate nelle calamità del passato in opportunità ed essere un modello di prevenzione e gestione del rischio.
L’Italia, del resto, ha oltre il 70% del suo territorio a rischio sismico e idrogeologico (il dato più alto in Europa). “Siamo un Paese fragile e a rischio”, ha avvertito Luciano Ardingo, ceo di Spee, il network specialistico di ricercatori e progettisti che si occupa di monitoraggio e sicurezza emergenziale promotore dell’evento. L’iniziativa ha anche permesso alla società Spee di riconfermare il valore anche sociale della sua divisione specializzata Panopticon (dal greco antico, l’occhio che vede tutto), un insieme di centri di controllo “metacognitivi” , che grazie a reti di sensori terrestri e satellitari, integrate in piattaforme tecnologiche abilitanti, forniscono servizi certificati di controllo continuativo per gestire e mitigare le fragilità dei sistemi monitorati ed aumentarne la resilienza, anche in caso di rischi “non prevedibili”, rari, disastrosi e di enorme impatto, noti come “Cigni neri”. L’utilizzo di tecnologie avanzate basate sulla scienza dei dati (big data, data engineering, machine learning, intelligenza artificiale, e altro ancora), e un monitoraggio continuo, in tempo reale ventiquattr’ore su ventiquattro, sette giorni su sette, utile per individuare variazioni anomale e indicare potenziali vulnerabilità future, possono svolgere un ruolo cruciale nella mitigazione dei “Cigni Neri’’ e aumentare la resilienza del “complesso” monitorato. La nuova sicurezza “convergente, multirischio e transdisciplinare” adeguata all’era digitale, presentata da Ardingo si basa su due fattori: un approccio basato sui dati e un monitoraggio metacognitivo costante. Un concetto di sicurezza che Spee ha già sperimentato e realizzato in progetti per importanti operatori nazionali, identificati come critici dalla direttiva Cer, rafforzando la resilienza delle loro infrastrutture critiche, così come anche richiesto dal Dlgs 134 del 2024.
Come ha sottolineato il sindaco dell’Aquila, Pierluigi Biondi, la tecnologia non solo serve a migliorare il tenore di vita, ma è anche “la frontiera delle aree interne per camminare di pari passo con il progresso”. Per questo motivo il comune del capoluogo sta collaborando con Spee per potenziare i servizi di monitoraggio e aumentare la resilienza di tutte le infrastrutture critiche. Carlo Masci, sindaco di Pescara, oltre a ricordare che “di Cigni neri, l’Abruzzo ne ha avuti diversi”, ha evidenziato come gli strumenti della digitalizzazione si siano rivelati fondamentali nella gestione di situazioni emergenziali e “per tutelare i cittadini”. Il monitoraggio e la disponibilità di dati permettono infatti di mettere in campo preventivamente azioni motivate in ogni ambito.
Un esempio concreto ed esemplificativo dei servizi erogati da Panopticon è la sperimentazione, condotta dall’azienda nell’arco di quaranta mesi sul territorio della provincia dell’Aquila. I test sono stati realizzati dal team della società, coordinati da Marco Cardelli, direttore tecnico di Spee, che ha analizzato le varie fasi dell’attività. Dal gennaio del 2021 all’aprile del 2024, l’area territoriale oggetto della sperimentazione è stata sottoposta all’analisi storica delle misurazioni effettuate con l’osservazione satellitare. I dati interferometrici raccolti dal satellite hanno permesso di riconoscere pattern e trend legati al movimento del suolo nel territorio, individuando i punti del terreno caratterizzati da movimenti che, seppur non ancora visibili, hanno caratteristiche che potrebbero evolvere in situazioni critiche e rappresentano quindi movimenti da dover attenzionare con un monitoraggio continuo e proattivo con dati satellitari, integrabili all’occorrenza con misurazioni fatte con sensori a terra o droni di osservazione.
Questi punti sono poi stati messi in correlazione con le informazioni sulle strutture e infrastrutture presenti sul territorio (terreni franosi, edifici, strade, ponti, viadotti, reti di telecomunicazioni, elettriche, gasdotti, acquedotti, e così via) permettendo ai manager Panopticon di elaborare modelli predittivi di rischio e azioni da condurre in caso di eventi avversi, servizi di supporto al post-evento. Acquisire la consapevolezza di situazioni da attenzionare ed essere pronti ad attivarsi, senza ritardi e con una gestione predefinita e organizzata, quando i fenomeni diventano criticità è l’approccio con cui Spee ha caratterizzato il servizio di supporto H24 ai Comuni per la gestione dei rischi meteo – idrogeologico – idraulico, neve – ghiaccio del proprio territorio. Con questo servizio, l’organizzazione comunale di gestione delle criticità di Protezione civile è resa costantemente allenata, verificata, immediatamente consapevole e con indicazione delle azioni da attuare.
L’evento promosso ha anche permesso di presentare il progetto Eisac (European infrastructure simulation and analysis centre), una piattaforma nata dalla collaborazione tra Ingv ed Enea, che supporterà la pubblica amministrazione nell’implementazione di nuovi metodi di prevenzione e monitoraggio ambientali per prevenire i disastri naturali. In tale proiezione Enea e Spee erogano attualmente servizi attinenti alla direttiva Cer per un’importante società nel settore dell’energia elettrica.
Inserito dall’Onu nella lista delle 24 migliori strutture tecnologiche al mondo per la gestione delle emergenze da eventi naturali, Eisac dà vita a una serie di centri interconnessi per supportare pubbliche amministrazioni e gestori delle infrastrutture nella protezione delle reti critiche. Vittorio Rosato, membro del management board di Eisac, lo ha definito “la risposta della comunità scientifica” all’appello lanciato dall’Europa. Il valore del progetto è stato ribadito anche da Carlo Doglioni, presidente dell’Ingv, che ha evidenziato come, soprattutto nel caso di eventi avversi che interessino le abitazioni, le emergenze possano configurare una “perdita della libertà”. Intervenire e rafforzare la resilienza di queste infrastrutture è dunque un preciso adempimento che punta a restituire ai cittadini questa libertà. “Eisac va in questa direzione”, segnala Doglioni, “e vuole essere uno strumento utile a tutta la comunità”.
L’Italia, tra l’altro, ha di recente accolto, con il decreto legislativo n.134/2024, la direttiva dell’Unione europea sulla Resilienza delle entità critiche (Cer, Critical entities resilience), consolidando l’impegno dell’Italia nel rafforzare la resilienza e la protezione dei servizi essenziali, promuovendo un approccio integrato e coordinato tra le istituzioni nazionali ed europee. In questo ambito, inoltre, la Presidenza del Consiglio dei ministri ha messo in campo un ambizioso progetto di coordinamento che vedrà la creazione, a palazzo Chigi, di un Comitato interministeriale per la resilienza delle infrastrutture critiche.
La direttiva europea, infatti, ha introdotto un cambio di paradigma rispetto alla tutela di questi asset. Come spiegato dal generale Franco Federici, consigliere militare della Presidenza del Consiglio, quello delle infrastrutture critiche “è un problema di sicurezza nazionale”, e la nuova architettura Ue prevede il passaggio “dalla protezione alla resilienza”. Se la prima si limitava a prevenire il danno, la resilienza implica una tutela più ampia, che tiene in considerazione la garanzia di ripresa del servizio eventualmente interrotto. Si vuole garantire che i servizi critici siano ripristinati quanto prima e che dal danno a una sola infrastruttura non si generino effetti a cascata. Come ha sottolineato il generale Federici, l’interconnessione dei servizi è ormai talmente alta che, in caso di danno a una singola infrastruttura, i disagi si estendono a una moltitudine di settori e attività. Per intercettare questa sfida, l’Italia adotterà, entro il luglio 2025, una Strategia per un piano di rischio Paese, per poi procedere, entro il luglio 2026, all’identificazione di tutti quei servizi considerati critici. L’operazione permetterà di creare una rete di segnalazione e mitigazione degli incidenti.
Il recepimento della direttiva Cer, inoltre, imporrà l’implementazione di nuovi strumenti che mettano in relazione il rischio fisico con il rischio cibernetico. Come sottolineato da Roberto Setola, direttore del master in Homeland security del Campus biomedico di Roma, “un evento cyber può avere un impatto sulle infrastrutture fisiche, così come un evento fisico può avere un impatto sulle infrastrutture cibernetiche”. In un momento storico in cui, più che mai, “l’innovazione si conferma forza trainante del genere umano”, ha detto Gianluca Calabretta, direttore della Direzione transizione digitale, trattamento e protezione dati di Enea, “Eisac e la direttiva Cer assurgono ad esempio dell’interrelazione tra cyber-sicurezza e sicurezza delle infrastrutture fisiche”, iniziative che permetteranno all’Italia e all’Europa di mantenere elevati i loro standard di sicurezza e di fare modello per gli altri Paesi.