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In Russia i conti non tornano. L’allarme dei banchieri

​Anche il capo di Vtb, tra i principali istituti russi, comincia ad avere i primi dubbi sull’effettiva tenuta dell’economia dell’ex Urss, sempre più artificiale e poco reale. E ora Mosca è davanti a un bivio

Prima erano i numeri a parlare. Ora sono i banchieri, ma il filo rosso è sempre lo stesso: l’economia russa non è quello che sembra. Gli steroidi dell’industria bellica non bastano a dare l’impressione di un sistema forte, sano, immune alle sanzioni mosse dall’Occidente. Formiche.net ha più volte raccontato, smascherandolo, il grande bluff del Cremlino, che solo apparentemente sembra dotato di anticorpi alle misure che da due anni e mezzo hanno infilato l’ex Urss in una specie di caverna, con la sola, peraltro ambigua, alleanza della Cina.

Riavvolgendo il nastro, se l’economia dell’ex Urss finora non è crollata sotto il peso delle sanzioni, lo si deve solo al fatto che la produzione bellica ha garantito quella domanda necessaria a generare Pil. Ma proprio quella stessa domanda ha innescato una delle più insidiose e pericolose spirali inflattive che la Federazione ricordi, costringendo la Bank of Russia, guidata dalla tutt’altro che mansueta Elvira Nabiullina, a portare i tassi al 21%.

Questo ha generato vere e proprie scosse telluriche, mettendo le imprese nell’impossibilità di contrarre nuovi prestiti con le banche o, più semplicemente, di rimborsare quelli già ricevuti. Per paradosso, quindi, la guerra che ha tenuto in vita l’economia russa, ora la sta, lentamente, demolendo. Il primo settore a pagare lo scotto di una crescita con un unico baricentro, quello bellico, è stato, anche questo un paradosso, quello delle Difesa, anch’esso, suo malgrado a questo punto, legato a doppio filo al sistema bancario. Ma adesso il contagio si sta allargando, proprio al sistema del credito, che comincia a vedere le prime, nere, nubi.

Secondo il ceo di Vtb, la prima banca privata russa, Andrej Kostin, l’economia russa “militarizzata e colpita dalle sanzioni dovrebbe rallentare il prossimo anno e gli utili delle banche diminuire, mentre il tasso di interesse di riferimento potrebbe salire al 23% entro la fine dell’anno”. Kostin ha previsto quindi che la crescita del Pil rallenterà all’1,9% nel 2025. “La guerra è in corso da quasi tre anni e sono state imposte un numero enorme di sanzioni. Viviamo in una situazione assolutamente insolita. È impossibile che l’economia attraversi tali eventi senza conseguenze”.

Il messaggio del banchiere è fin troppo chiaro. A questo livello di inflazione, l’8,5%, dato di novembre, unitamente ai tassi al 21%, forse al 23% entro fine anno, l’economia reale rischia la disintegrazione. Il Cremlino, dunque, è a un bivio: Da un lato la stagflazione, con l’economia che rallenta mentre i rincari continuano, dall’altro quella di un’iperinflazione in cui la corsa dei prezzi finisce fuori controllo. Servirebbe un arbitraggio fra l’industria delle armi e la stessa governatrice Nabiullina. In mezzo un Paese in cui il burro costa il 30% o il 40% più che all’inizio della guerra e gli scassinatori sfondano i vetri delle latterie a notte fonda per saccheggiarlo.



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